Musica

Richie Furay, il prete più famoso del rock

6 Ottobre 2021

Visto dall’Europa, quello di Richie Furay non è che uno di centinaia di nomi, oramai dimenticati, che facevano parte di quell’onda musicale della West Coast che, partendo dal folk e dal country, aveva generato una nuova moda del rock, che resta ancora oggi insuperata: gli Eagles, i Grateful Dead, Crosby Stills Nash Young, i Byrds e tanti altri hanno reso questa musica immortale. Ma chi ha vissuto in California sa bene che tutto è nato con questo ragazzo timido col nasone, che è colui che ha insegnato a tutti gli altri a suonare con un impeto che country e folk non avevano.

La prima band che abbia mai suonato questo che è riconosciuto come West Coast Sound era un gruppo di ragazzini che, a New York, aveva ottenuto un contratto con il famoso Café Au Go Go che, a partire dal 1963, era diventato l’anima pulsante del Greenwich Village. Richie cercava tra i giovani universitari e li metteva insieme, ognuno con le sue canzoni, provate cinque minuti prima di andare sul palco, con un gruppo basato su alcuni percussionisti, un tastierista (che veniva di rado, perché voleva finire in fretta l’università), ed una decina di chitarristi, alcuni dei quali suonavano accordi alti (non assoli, ma gli accordi “invertiti” insegnati da George Martin ai Beatles), ed altri invece facevano la parte del basso. Su tutti, Richie era quello con le canzoni migliori, insieme a Stephen Stills, un texano arrivato a New York con una borsa di studio finita nel nulla, e che sta per diventare uno dei musicisti più importanti del secolo.

Buffalo Springfiedl nel 1966 – da sinistra Dewey Martin, Bruce Palmer, Neil Young, Richie Furay, Stephen Stills

Nel 1965 il gruppetto del Cafe Au Go Go si scioglie, perché tutti i suoi componenti hanno finito gli studi o li hanno abbandonati per la musica. Richie decide di andare in California e di cercare di entrare nei complessi che suonano intorno all’università di Berkeley e di Sacramento, mentre Stills, insieme ad un paio dei Go Go, mette insieme una cover band che ottiene un contratto di un anno per il Canada, dove incontra Neil Young. I due diventano amici, ma musicalmente sono diversissimi: Young scrive lente ballate malinconiche, Stills (che ha vissuto anche a Panama ed in Costa Rica) ama il Tex-Mex, il ritmo, la chitarra suonata per strada con una linea di basso ritmata che sorregge svolazzi suonati con le corde più alte.

Alla fine del 1965 Stills si trasferisce a Los Angeles e, avendo bisogno di lavorare, cerca Richie, che suona per la strada a Los Angeles ma anche in molti bar di San Francisco e San Diego. Dal Canada telefona Niel Young, che suona in una band il cui leader viene arrestato per diserzione. Non sa che fare. Stephen e Richie gli dicono: prendi il tuo catafalco (la famosa Pontiac del 1953 cantata in “Long May you run, e che ho descritto in un’altra storia su Gli Stati Generali) e vieni in California. Neil viene accompagnato dal suo bassista Bruce Palmer, anche lui rimasto a piedi.

L’incontro fra i quattro travolge Neil Young. Il sistema è lo stesso del Greenwich Village: suoniamo una canzone per uno e vediamo se agli altri viene in mente qualcosa. In questo modo la lentissima balla “On the way home” di Young diventa una cosa nuova e mai ascoltata prima. Il primo brano della nuova musica West Coast. Nel giro di una settimana Richie mette insieme i musicisti della zona con cui va più d’accordo, e tutti insieme diventano i Buffalo Springfield. Chris Hillmann dei Byrds procura loro un concerto al Whisky a Go Go Bar di West Hollywood, e loro ci restano, sempre registrando il sold out, dal 2 maggio al 18 giugno del 1966. A quel punto hanno un contratto discografico in tasca e vanno in sala di incisione. Già a novembre il secondo singolo, la famosissima “For what it’s worth” dedicata da Stephen Stills alle manifestazioni studentesche, supera il milione di copie vendute.

La band dà fastidio, ad ogni concerto ci sono poliziotti in sala, ed i singoli componenti della band vengono più volte fermati per il possesso di marijuana, finché, durante il tour del 1968, vengono tutti arrestati e Neil Young, che non ha il permesso di soggiorno, viene rimandato in Canada. La band si scioglie. Da lì nasceranno Crosby Stills Nash & Young e molte altre band, la più importante delle quali è quella di Richie Furay: i Poco.

Poco nel 1971 – da sinistra: Rusty Young, George Grantham, Richie Furay, Timothy Schmit, Paul Cotton

Il sistema è sempre lo stesso: mettiamo insieme i migliori e vediamo cosa esce fuori. In poche settimane anche i Poco hanno un contratto e diventano dei miti della nuova musica californiana, ma nel momento in cui gli Eagles esplodono sul mercato mondiale, Timothy Schmit e Randy Meisner passano a questa nuova band, e Richie si trova nuovamente da solo. Continua con il suo solito sistema e suona con diverse band finché, tantissimi anni dopo, nel 1989, i vecchi fondatori dei Poco si incontrano ad una festa e passano tre notti a suonare insieme. Nasce l’album “Legacy”, che sarà il più famoso di tutti, ma anche l’ultimo: Richie, che ha avuto (come quasi tutti) problemi di alcoolismo e di droga, ha incontrato Dio ed è andato in seminario per diventare Pastore protestante. Nel video registrato per MTV quasi non lo si vede, è in piedi dietro a tutti – e nel tour mondiale seguito al grande successo non ci sarà, perché deve accudire ai suoi doveri pastorali.

Da allora in poi ha fatto questo, suonando di tanto in tanto con i vecchi amici. Nel 2015 l’industria discografica ha inserito i Poco nella sua “Hall of Fame”. La cerimonia è commovente. Gli eroi della giovane Los Angeles degli anni Sessanta sono ora posati anziani signori. Solo Timothy Schmit ha ancora i capelli lunghi. Ma al primo brano, dopo un iniziale assolo di Paul Cotton, Richie attacca con la sua chitarra ritmica, ed il pubblico esplode. Eccolo, è quel sound che ci ha reso fratelli per mezzo secolo, al di qua e al di là dell’oceano, quel suono che parla di grinta, di rabbia, di voglia di partecipare, di una meravigliosa mescolanza tra California e Messico – tra folk, country e rock. Il suono creato sessanta anni fa da Padre Richie Furay, e che ancora emoziona tanti di noi.

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