San Francisco

Air Italy ricollega l’Italia a San Francisco

8 Aprile 2019

Sognare California e andarci dall’Italia. Mercoledì 3 aprile è partito il primo volo di Air Italy per Los Angeles, un collegamento che da Milano mancava dal periodo di crisi che seguì gli attentati di Osama Bin Laden alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Mercoledì 10 partirà anche il volo per San Francisco, anch’esso assente da quasi vent’anni.

Sembra assurdo, ma oggi non si può volare senza scalo fra l’Italia e la capitale USA della rivoluzione tecnologica. Il boom delle dot-com di fine millennio non aveva fatto riaprire la rotta e a tutt’oggi non ci sono voli fra l’Italia e la capitale di Apple, di Google, di Facebook, di Instagram, di Tesla, una città i cui legami storici con l’Italia sono così forti che Bank of America venne fondata lì da un immigrato italiano, Amedeo Pietro Giannini, con il nome originale di Bank of Italy.

La nuova gestione di Air Italy è iniziata con i suoi voli per il Nordamerica nello scorso giugno, verso New York JFK e Miami e ora punta alla California, il Golden State che è sempre più importante sia per gli affari che per il turismo in entrambe le direzioni. Solo da pochi anni Alitalia ha ripreso a volare a Los Angeles, da Roma e da pochissimo lo fa anche d’inverno. San Francisco resta nel suo libro dei sogni, i rapporti di forza con i partner della joint venture transatlantica impongono che i passeggeri vengano  incanalati preferibilmente attraverso gli hub di Air France e KLM, cioè Parigi e Amsterdam. Va da sé che la mancanza di un volo diretto scoraggi soprattutto il turismo incoming, cioè i Californiani che vorrebbero visitare l’Italia.

Già in questa prima fase Air Italy ha implementato un sistema di hub&spoke nell’aeroporto di Milano Malpensa, quindi i passeggeri provenienti dagli USA potranno non soltanto fermarsi a Milano e magari da lì raggiungere le città vicine, ma anche proseguire sempre con Air Italy verso Roma, Napoli, Lamezia, Palermo, Catania, Cagliari e Olbia.

È importante capire l’importanza di questi voli sia per l’aviazione italiana, sia per il nord Italia. Milano è certamente la capitale economica del Paese e sta sperimentando un boom turistico senza precedenti, che si riflette nel numero di passeggeri dei suoi aeroporti. Tuttavia è forse l’unico centro finanziario rilevante del mondo a non essere base della linea aerea nazionale, se per tale consideriamo l’incumbent Alitalia, che nei voli intercontinentali da Milano non va oltre New York e Tokyo.

Inutile rispolverare la questione se per Alitalia fosse meglio basarsi a Roma Fiumicino oppure a Milano Malpensa, come ha fatto dal 1998 al 2008. Pur con caratteristiche diverse, sono entrambi mercati di cui era essenziale mantenere il controllo, per non avviarsi nella spirale discendente che Alitalia ha imboccato senza mai trovare una via d’uscita.

Il disgraziato accordo con Air France post 11 settembre fu il chiodo nella bara di Alitalia, che abbandonò a favore dell’alleato transalpino metà delle destinazioni intercontinentali, tra cui appunto San Francisco e Los Angeles, per concentrarsi nei voli nazionali, dove sia le low cost che l’Alta Velocità ferroviaria l’hanno messa alle corde. La maggioranza della popolazione è concentrata a nord di Roma e da allora vola verso il Nordamerica non con Alitalia via Roma, ma con altre linee aeree e facendo scalo negli hub transalpini. Il risultato è stato l’impoverimento di Alitalia, la perdita di collegamenti diretti dal nord Italia e di posti di lavoro per gli Italiani che lavorano nelle linee aeree nazionali e negli aeroporti.

Al ventiquattresimo mese di Amministrazione Straordinaria Alitalia non ci fa presagire futuri radiosi. A parte il gigante americano Delta, che tuttavia non vorrebbe spendere più di 100-150 milioni, una cifra che non basta per comprare un piccolo aereo, nessuno vuole investire un euro in Alitalia, né altre linee aeree, né banche, né società finanziarie, né fondi d’investimento. Il Governo con grande miopia punta solo a mantenere posti di lavoro in Alitalia a qualunque costo, per tornaconto elettorale, senza curarsi delle conseguenze.

Un bando confezionato ad arte aveva permesso di sottrarre a Air Italy anche le rotte storiche da Olbia a Roma e Milano. Alitalia se le è potute accaparrare con i soldi ricevuti dallo Stato come prestito ponte, che sappiamo non verrà mai restituito. Per non dover licenziare i suoi lavoratori basati a Olbia, Air Italy è stata di fatto costretta a riprendersele in perdita, un capolavoro di cattiva politica economica governativa.

Sarebbe il caso che il Governo capisse che le linee aeree italiane sono due, l’anziano elefante Alitalia e la piccola Air Italy, che è giovane e molto flessibile e a differenza di Alitalia ha alle spalle finanziatori disposti a investire cifre notevoli. Non avendo ancora festeggiato il primo compleanno, è di fatto una startup. Air Italy muove i suoi primi passi e ha un enorme cammino da fare per arrivare allo stadio di sostenibilità, ma già oggi impiega forza lavoro italiana, sta sanando deficit di connettività come quelli del nord Italia e con la California, promuove il turismo incoming in Italia, aumenta l’uso di aeroporti italiani anziché stranieri senza oneri per le casse pubbliche. Quindi porta benefici economici al Paese e il suo sforzo va incoraggiato e non penalizzato.

In Europa l’altro grande malato fra le linee aeree era la Olympic Airlines greca, che poi è stata assorbita dalla compagnia privata Aegean e ora non pesa più sulle spalle dei contribuenti. Non osiamo sperare che da noi accada lo stesso, ma almeno che non si mettano i bastoni tra le ruote di chi in Italia vuole fare aviazione senza chiedere soldi allo Stato.

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