Partiti e politici
Verità, autenticità, pubblicità
Siamo nell’era dello storytelling. La politica viaggia a colpi di racconti, di narrazioni più o meno vincenti, con l’obiettivo di catturare prima l’attenzione e poi eventualmente le preferenze del consumatore/elettore. La politica, ma prima ancora l’economia e la società, sia chiaro. Cos’è un selfie su Facebook se non un modo per raccontare la nostra vita “meravigliosa” e promuovere il performing self che è in ognuno di noi, “vendendo” così noi stessi?
Per vendersi al meglio, stando ai manuali, occorre arrivare alla “trance narrativa da ascolto”, alla sospensione dell’incredulità: il consumatore/elettore deve autoilludersi, abbandonarsi nel bisogno di credere in una storia “meravigliosa”. Ma come si costruisce una narrazione vincente? Ci sono varie tecniche o modalità e varie corde da “toccare”, ma oggi qualunque esperto in materia suggerirebbe al politico di turno prima di tutto di essere “autentico”. O meglio di apparire autentico, di essere percepito come tale. Perché in realtà, esserlo davvero, spesso non paga affatto.
Per averne una riprova, basta chiedere al senatore Stefano Esposito, neo assessore ai trasporti di Roma Capitale, che ieri ha preferito l’autenticità “vera” a quella “artefatta”, confessando serenamente che, quando aveva 16 anni, era un ultrà della Juve (per la cronaca, Esposito è di Torino) e che ai tempi gli capitava spesso di cantare “Roma merda, Roma Roma merda”. Per rivivere quei momenti, ha anche intonato il coretto calcistico in diretta telefonica a’ La Zanzara.
Le conseguenze di questa autenticità non artefatta sono sotto gli occhi di tutti: un putiferio politico-mediatico impressionante che ha portato alcune forze politiche – Sel nello specifico – a chiedere addirittura le dimissioni da assessore perché “Esposito odia Roma” (!), facendo così un salto logico-interpretativo da medaglia d’oro: se canta “Roma merda” (cioè “A.S. Roma merda”), odia la città. Deduco, conseguentemente, che tutti i romanisti odiano Torino perché non c’è romanista d.o.c. che non abbia cantato “Juve merda” almeno una volta a settimana, non nella vita…
Sel a parte, il dibattito sui social media ovviamente è “rovente”. E il povero Esposito ne esce a brandelli. “Ha fatto una gaffe” titolano da ieri i giornali: la gaffe è quella di essere stato sincero. Se avesse mentito spudoratamente…nessuna gaffe, nessuna polemica, tutt’apposto!
D’altronte, come scriveva Neil Postman, quasi 30 anni fa: “Se la politica è come un’industria dello spettacolo, allora l’idea non è di perseguire la perfezione, la chiarezza o l’onestà, ma di apparire come se lo facesse, il che è tutt’altra cosa. Quale cosa? Può essere espressa in una parola: pubblicità. […] La metafora fondamentale per il discorso politico è la pubblicità televisiva”. E la pubblicità non dice né verità, né falsità: non è confutabile. Ci deve solo piacere, catturare, deve “sembrarci vera” ma per ragioni emotive, non razionali.
Ieri Esposito ha scelto la verità al posto della pubblicità, commettendo così un grave errore. Non una gaffe, proprio un errore tattico di comunicazione. Ha pensato che i cittadini volessero la sua verità, anziché la “loro” verità. Senofane 2500 anni fa diceva che “gli uomini fanno gli dei a propria immagine e somiglianza”. Ecco l’errore dell’assessore: ha provato a vendere il prodotto (se stesso) accentuando una sua caratteristica, anziché plasmarlo sui gusti e le preferenze dei consumatori/elettori.
Chiudiamo ancora con Postman: “Come la pubblicità televisiva elimina le informazioni autentiche sui prodotti, per essere in grado di svolgere la propria azione psicologica, così per gli stessi motivi la politica fondata sull’immagine elimina la sostanza autentica della politica”.
E infatti l’assessore è a rischio dimissioni non per irresponsabilità o incompetenza politica, ma per un “danno” di immagine: per non essere a immagine e somiglianza dei romani(sti).
Ah, sia chiaro: se avesse detto “forza Roma” e poi avessimo scoperto la sua menzogna, qualcuno avrebbe chiesto le dimissioni comunque. La credibilità è la prima cosa per il politico dell’immagine. L’importante è che le sue menzogne a nostro uso e consumo non si scoprano mai…
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