Costume

Vegani, pescivendoli, giudizi e pregiudizi

10 Novembre 2015

Su Facebook gira da qualche giorno il video che ritrae le due versioni di una (presunta?) aggressione da parte di una pescivendola ai danni della titolare di un negozio di alimenti vegani. Location: il mercato di Testaccio a Roma. Avete capito bene: pescivendola contro vegana al mercato, sembra la perfetta semplificazione di una barzelletta banale o una sceneggiatura di quelle un po’ misere, ma che portano tanti spettatori in sala. Però è vero, e come spesso accade la verità è ignorata in favore del pregiudizio.

Quel che colpisce non è tanto il video in sé, in cui semplicemente le due protagoniste – apparentemente coetanee, ma a distanza siderale quanto ad atteggiamento – fanno ciascuna il proprio resoconto di uno stesso accadimento. A sbalordire è il trionfo di luoghi comuni nei commenti, sul social come nel sito ufficiale. Tutti sentono il bisogno di dire la loro in merito alle scelte alimentari, che non hanno nulla a che vedere con la notizia, legata all’eventualità che si sia verificata o meno un’aggressione. Non solo: tanti attaccano “la vegana” praticamente in quanto tale, accusandola di un fanatismo e un’aggressività che è davvero impossibile riscontrare nel video in questione. Il filmato, infatti, è un montaggio alternato in cui è inequivocabile la pacatezza della “vegana” a confronto con l’aggressività della “pesciaiola”. E questo non certo per le scelte alimentari, ma più banalmente per le parole e le immagini del video, che parlano chiaro. E sarò chiara anch’io: potrebbe esistere tranquillamente un altro video e un’altra situazione in cui aggressivo è chi non si nutre di derivati animali e gentilissimo chi divora carne. Non ci sono pregiudizi e non è questo il punto.

Il punto è che chi commenta, evidentemente, il video non lo ha guardato. Oppure, se lo ha fatto, era già così distorto, biased come si dice in gergo cognitivo, dai propri già radicatissimi luoghi comuni, che non aveva la minima intenzione di prenderne le distanze in virtù di uno sguardo fresco e oggettivo, ma anzi cercava in tutti i modi di stiracchiare la realtà pur di confermare il proprio pregiudizio. E così giù a parlare di “rabbia dei vegani” (ancora vi invito a cercarvi il video per trovare tracce di rabbia in quella donna), di “contro i vegani nessuna resa”, addirittura di “I vegani sono peggio dell’Isis”, per non parlare degli insulti sessisti e volgari, ovviamente tutti solo contro “la vegana”.
Il punto è che il video non parlava di scelte alimentari. E non chiedeva a nessuno di esprimere la propria idea in merito. Raccontava una storia, un fatto di cronaca, un evento semplice in cui non si sa chi avesse ragione e chi torto, ma di sicuro non richiedeva uno schierarsi pro-vegan o anti-vegan. E invece è diventato ennesima occasione di deridere e attaccare uno stile alimentare e una scelta di vita che, per qualche ragione, scatena, stavolta davvero, rabbia e aggressività in chi non vi aderisce.  Addirittura chi difende la ragazza del negozio vegan si sente in dovere di premettere «Io non mangio vegan/io non sopporto i vegani, però…».

Bizzarro, singolare e anche un po’ inquietante vedere come il bisogno ancestrale di appartenere a uno schieramento infici di continuo il giudizio, e in particolare come il discorso “carne sì – carne no” (l’isteria carnivora, l’orgoglio-prosciutto e i fiocchetti di bacon del recente “Affaire OMS” lo hanno ancora una volta messo in evidenza) sembri sempre toccare fortissime corde identitarie. E scateni aggressività. Soprattutto, spiace dirlo, in chi mangia carne, e non sopporta chi non fa altrettanto. Con buona pace della “rabbia dei vegani”.

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