Partiti e politici

Dalle coop sociali a Renzi: la rete di Marroni, il re di Roma silenzioso

26 Giugno 2015

Ufficialmente fotografo, nonostante un ruolo attivo nel consiglio di amministrazione dell’Università La Sapienza, non si è mai laureato in storia, la facoltà in cui era iscritto. “Una persona mite – come la descrive chi la conosce nella sfera privata – disponibile con tutti, mai aggressivo”. E’ dal padre che Umberto Marroni, parlamentare Pd, eredita la passione politica, da quell’Angiolo Marroni, ex consigliere regionale e attuale garante dei detenuti nella regione Lazio, che “lo seguirà come un’ombra per tutta la carriera politica”. Una carriera costruita quasi interamente nel segno della città di Roma e che ora un’indiscrezione dell’Espresso, rischia di mettere in pericolo. Come scrive Lirio Abbate, Marroni sarebbe stato a conoscenza di un atto illecito al vaglio degli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale:

“In particolare, è un sms del deputato a bloccare la richiesta rivolta a Buzzi da un ex dirigente Dem di Roma, Andrea Carlini, definito nelle intercettazioni «uomo di Marroni». Si trattava dell’acquisto di due case, presentato come condizione per ottenere appalti pubblici. Buzzi si lamenta con Carminati della richiesta e gli spiega di essere in attesa di «disposizioni da parte di Umberto Marroni»: «Mo’ aspetto Umberto. Se Umberto me dice de comprà, la compro».E rivela a Carminati che Carlini assieme al consigliere comunale Pedetti, arrestato nelle scorse settimane, «raccoglievano i soldi per Marroni per la campagna elettorale», ricordandogli che avevano preteso «l’uno per cento» quando la cooperativa si era aggiudicata un appalto all’Atac. Le intercettazioni rivelano che a febbraio dello scorso anno Umberto Marroni risponde a Buzzi con un sms: «Aspetta per vicenda Carlini e Pedetti». E Buzzi replica: «Ok fammi sapere tu». A questo punto Carlini e Pedetti si agitano, creano confusione. Ma il patron delle coop chiede e ottiene ancora una volta l’intervento di Marroni per calmare tutto”.

Il deputato ha già respinto al mittente ogni accusa, denunciando quella che considera “una vera e propria campagna persecutoria caratterizzata da una cattiveria incomprensibile” in atto nei suoi confronti. Una “cattiveria” che si abbatte, aggiungiamo noi, su uno degli uomini politicamente più influenti di tutta la città, un tessitore di relazioni che da quasi venti anni siede nei palazzi del potere capitolino.

Dagli anni d’oro del Modello Roma, fino alle larghe intese di Matteo Renzi. Prima di divenire deputato nel febbraio 2013, Umberto Marroni si forma politicamente nell’assemblea capitolina, in cui viene eletto per la prima volta nel 1997 fra le fila dei Ds nella corrente dei cosiddetti “Dalemiani”. E’ solo nel 2008, tuttavia, che tocca il vertice più alto, quando, da primo degli eletti, guida come capogruppo Pd l’opposizione in Campidoglio durante gli anni della giunta Alemanno. Anni nefasti per la città di Roma e per tutto il centro sinistra, che dopo aver governato per 18 anni la città, prima con Rutelli e poi con Veltroni, si ritrova a fronteggiare la sgangherata compagine guidata da Gianni Alemanno, che giunge al potere quasi a sorpresa, senza poter poggiare su una classe dirigente all’altezza del compito. E’ soprattutto in questa assenza di peso nelle dinamiche cittadine (soprattutto nel mondo del terzo settore) che nasce quella che l’inchiesta di Mafia Capitale ha rivelato come la stagione del consociativismo fra destra e sinistra. Una stagione raffigurata alla perfezione nella ormai mitica foto (che va detto, non c’entra nulla con l’inchiesta in corso) che ritrae fra gli altri Buzzi, Alemanno, Marroni, Ozzimo e il ministro Poletti a cena. “Pur non governando – spiega un amministratore dell’epoca – la città era in mano a noi, avendola di fatto ricostruita dopo gli anni di Tangentopoli. Molte delle realtà che effettuavano servizi per conto dell’amministrazione erano legate inevitabilmente al centrosinistra”.

Durante gli stessi anni, Marroni cerca di raccogliere i “cocci” lasciati all’interno del partito da Goffredo Bettini e Veltroni, divenendo l’uomo più forte all’interno delle correnti, soprattutto dopo la nascita del Pd. Sono gli anni delle primarie e delle parlamentarie contestate dalla minoranza interna e dello sviluppo di quelle dinamiche che hanno reso il partito “pericoloso”, come ha denunciato l’ex ministro Fabrizio Barca, nella sua relazione sullo stato dei circoli. Allo stesso modo, però, sono anche gli anni in cui cresce quella nuova classe dirigente, che, come spesso afferma Marroni, “ha cacciato via Alemanno permettendo la vittoria in tutti i 15 municipi”. Lo rivendica con orgoglio, anche perché, dai Municipi, fino al Parlamento, sono tanti gli uomini che devono a lui la propria ascesa politica. Da Pierpaolo Pedetti, agli arresti nell’ambito dell’inchiesta mafia Capitale, fino a Micaela Campana, (non coinvolta) attuale deputata Pd e membro nazionale della segreteria, la stessa che in un sms riportato in alcune intercettazioni salutava affettuosamente Buzzi con l’espressione “grande capo”.

Quello di Marroni è stato ed è tuttora un potere politico fortemente ramificato in tutta la città, reso possibile e favorito anche dalle tante realtà sociali ed economiche della città, che in lui hanno sempre trovato un punto di ascolto e riferimento, a tal punto da arrivare a sondare, prima delle primarie che incoronarono vincitore Ignazio Marino nel 2013, una sua possibile candidatura a sindaco. Attorno a Marroni ruota un mondo variegato che comprende le coop sociali come la 29 giugno di Salvatore Buzzi, alla cui creazione contribuì anche il padre Angiolo, così come i buoni rapporti con i costruttori di “peso” come Caltagirone o Scarpellini o le relazioni nelle grandi aziende partecipate del comune, dove lo stesso Marroni riuscì a far nominare durante l’era Alemanno uomini a lui vicini: in Acea (il dalemiano Andrea Peruzy), come in Atac (Andrea Carlini).

Dall’esplosione dell’inchiesta di Pignatone, nonostante le carte abbiano rivelato un coinvolgimento diretto nell’inchiesta di Mafia Capitale di uomini di sua fiducia come Daniele Ozzimo, ex assessore alla casa, o Pierpaolo Pedetti, ex consigliere comunale, Marroni ha sempre schivato ogni accusa, respingendo al mittente ogni ipotesi di consociativismo con Alemanno e di collaborazione con l’asse Buzzi-Carminati, del cui sodalizio criminale si è sempre dichiarato “non a conoscenza”. Più delle intercettazioni e delle ricostruzioni giornalistiche, secondo Marroni, a contare nel giudizio del suo operato deve essere soprattuto l’attività politica svolta, come la battaglia condotta dal Pd in quegli anni contro la vendita di Acea, la municipalizzata dell’acqua o quella su Parentopoli contro Panzironi. Anche oggi, di fronte a questa ennesima rivelazione dell’Espresso, il deputato annuncia querele, senza tuttavia rinnegare il passato. “La cooperativa 29 giugno – sostiene Marroni – era considerata da tutti un modello di recupero sociale, anche dai mass media. Purtroppo qualcuno ha abusato della buona fede di molti”. Per fortuna, almeno la Procura se ne è accorta.

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