Partiti e politici

Tutti per Roma, eppure tutti così soli

29 Ottobre 2018

Sabato mattina una gran massa di cittadini si è riversata in piazza del Campidoglio per protestare contro il governo della Capitale del Movimento 5 Stelle.

L’appello nasce dal un gruppo  Facebook “Tutti per Roma. Roma per tutti”. Una protesta senza bandiere di partito, definita apartitica e da taluni, in maniera alquanto sprovveduta, apolitica. Molti sono coloro che hanno ammirato l’efficacia dell’iniziativa, più che altro sul piano mediatico. I media, da più parti, hanno apprezzato il fatto che questa protesta sia nata sul web ad opera di un gruppo di donne che rappresentano la società civile. Ricalcando il mito, che oramai si è rivelato fasullo, che i rappresentanti politici nelle varie istituzioni nazionali e locali non siano il riflesso della qualità della società civile, ma degli impostori che, non si sa come, hanno preso il potere.

Lo sappiamo tutti, quei politici sono stati eletti, per mezzo di regolari e democratiche elezioni. E a votare sono i cittadini, società civile compresa. E il mito della superiorità della società civile, con le liste civiche che talvolta nascono come diretta emanazione, è falso. Va in voga da almeno il 1992, quando all’indomani di Mani pulite, i cittadini hanno smesso di guardarsi allo specchio, perché non gli piaceva quello che vedevano. E hanno favoleggiato l’esistenza di una mitica società civile più giusta e onesta di quanto fosse, è e sarà mai la classe politica che li governa.

Nella identica modalità si narra l’ascesa del Movimento 5 Stelle. Alla stessa maniera nascono e si affermano i populismi che, da ogni parte, circondano e vincono la politica. Nella stessa maniera si racconta che qualsiasi iniziativa per essere percepita come sana e legittima deve essere apartitica e, cosa ancora più oscena e ingannevole, “apolitica”. Come se l’uomo, animale sociale – e di conseguenza politico – fosse spogliato della sua legittimità e natura. Perché, mentre l’animale sociale si limita a soffrire il disagio e a unirsi agli altri nella protesta, l’animale politico conquista la consapevolezza del disagio, si confronta e cerca una soluzione, un’alternativa perseguibile. E milita per realizzarla attraverso gli strumenti democratici.

Oggi a Roma, mille, duemila, diecimila cittadini in piazza sono stati costretti a guardare il futuro stagliarsi sull’orizzonte di un tombino otturato o di un albero rovinosamente franato.
Piccolo mondo, piccola Capitale asfissiata da un populismo, magari più nuovo, più entusiasmante, ma parimenti deprimente.

Una protesta che, se parte e si rafforza da questo piccolo orizzonte, si priva di pensare a cose più grandi. Roma come dovrà essere? Come potrà includere? Come creare ricchezza? Come produrre sviluppo? Che tessuto sociale, economico e imprenditoriale vogliamo? Quale sviluppo urbano? Quale progetto culturale? Insomma, che cittadini vogliamo essere? E che città vogliamo abitare?

Davvero ci basta che le caditoie siano pulite, i tombini sgombri dalle foglie, i topi sterminati, i cinghiali ricacciati dalla città, i gabbiani lontani dalla nostra vista, l’immondizia raccolta e smaltita, i mezzi pubblici funzionanti e in orario, le buche riparate? E laddove tutti questi problemi fossero risolti, non resterebbe un vuoto ancora più grande da colmare? Si. E sarebbe il vuoto che solo la politica, progettando un modello strategico della nostra Città, può colmare.

Che si torni alla politica, alla militanza, alle bandiere, al confronto, serrato ma pur sempre civile, tra opposte visioni su ciò che vogliamo essere e diventare, ben sapendo ciò che siamo e stiamo diventando.

Una Repubblica sana è piena di bandiere, di simboli, di politica organizzata in partiti e movimenti politici. Una Repubblica in salute pullula di proposte e visioni alternative della cosa pubblica. Non si realizza nella sola protesta. Perché la sola protesta apartitica e apolitica è puro populismo. È pura ipocrisia sterile e testarda. Ci lascia soli, ognuno a spazzare, se va bene, la strada sotto casa e a sturare il proprio tombino.

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