Partiti e politici

Tutti parlano delle fogne, ma il vero attacco di Marino è al Pd di Renzi

22 Giugno 2015

Una riunione in diretta streaming con la maggioranza per prendere il tempo alle gole profonde del Campidoglio e riprendere in mano la città.  E’ solo Roma, ma in ballo ci sono le sorti del governo nazionale. Nel giorno segnato dalla notizia delle dimissioni imminenti dell’assessore alla mobilità Guido Improta, ma soprattutto dalla richiesta di protezione, avanzata dal ministero degli interni,  per il commissario del pd romano Matteo Orfini, la cui incolumità da sabato scorso sarebbe a rischio (ossia dal giorno dopo in cui Barca ha reso nota la sua relazione sui circoli del Pd), il sindaco Marino sceglie la via più spregiudicata per rilanciare l’attività di governo, ai limiti del “grillismo”,  forse l’unica strada percorribile per stringere attorno a se parte di quel popolo che lo ha votato e che è ancora disposto a sostenerlo, nel tentativo disperato di salvare la sua amministrazione.

Più dell’opposizione, a chiedere un passo indietro al primo cittadino da giorni è soprattutto il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Le parole pronunciate ieri sera contro la destra che chiede le sue dimissioni, “tornate nelle fogne”, hanno diviso il popolo dei democratici conquistando le prime pagine di tutti i giornali, ma a ben vedere i passaggi più duri del suo intervento alla Festa dell’Unità di Roma sono stati quelli riservati verso il premier, di fatto messo sullo stesso piano di quel partito corporativo, che ancora dopo la sua elezione continuava a stringere accordi con Alemanno. Dietro l’aneddoto della telefonata dell’ex sindaco che chiamava il chirurgo genovese con l’obiettivo di indicare due nomi utili per un cda “Non ti ha parlato il Pd?”,  Marino non demarca solo una presa di distanza netta da quei “capibastone”, che dal giorno del suo insediamento lavorano per farlo cadere, ma prepara il campo a quello che sarà il suo affondo più duro, quello contro il premier in persona. Preso di petto senza mai essere nominato.

Solo poche ore prima il ministro Maria Elena Boschi, intervenendo in diretta televisiva su Sky Tg24,  aveva infatti ripetuto il mantra renziano “non basta essere onesti bisogna essere capaci”. Per questo Marino nel rivendicare tutti i risultati raggiunti della sua amministrazione in soli due anni, nonostante gli scandali generati dai sindaci che lo hanno preceduto (Alemanno ma non solo),  rimarca con rabbia quella sua qualità che tutti gli riconoscono, l’onestà, che la narrazione renziana del potere ha trasformato quasi in un dettaglio di secondo piano, in una città dominata storicamente dalla corruzione come Roma. “L’onestà  – ha detto il sindaco  – non può essere ridotta a una categoria di quart’ordine”.

Difficile dire fino a che punto potrà tenere la linea Marino. Molto dipenderà innanzitutto dalla relazione del prefetto Gabrielli, e dai prossimi sviluppi dell’inchiesta “Mafia Capitale”. Nel partito, intanto, dopo la relazione di Barca, che ha sancito la “pericolosità” di un quarto dei circoli romani, è in atto una vera e propria resa dei conti, che dall’ultimo dei militanti di quartiere arriva fino in Parlamento. Gli alleati di Sel, invece,  impauriti da uno strappo che metterebbe a rischio anche l’asse con Zingaretti alla Regione Lazio, faticano a prendere una posizione netta. Il rischio della paralisi totale è più che concreto. Per questo tanto vale andare all’attacco.

 

 

 

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