Partiti e politici
Tra archiviazioni e assoluzioni un’unica sentenza: la Raggi è sindaco per errore
Ciò che oggi scrive il commissario del Pd Roma, Matteo Orfini, è condivisibile solo in parte. È vero che Ignazio Marino fu mandato a casa non tanto per le inchieste a suo carico, ma per un rapporto ormai logoro con il suo partito e con la città, ma è altrettanto vero – per onestà intellettuale va ricordato – che quelle inchieste furono usate come un manganello contro l’ex sindaco e risultarono tra gli argomenti più utilizzati contro di lui sia prima che dopo la fine della sua esperienza in Campidoglio.
Sarebbe però un falso dipingere oggi Ignazio Marino come il grande sindaco amato dai suoi concittadini e cacciato da una cricca bramosa di potere. L’ex primo cittadino era infatti inviso a alla maggioranza dei romani, il suo livello di popolarità era ormai bassissimo e lui stesso ne era consapevole. E se dalla sua aveva un gruppo di amministratori che al netto delle nomine fatte col “Manuale Cencelli” delle correnti del Partito Democratico stava riuscendo – pur con molta fatica e non sempre con risultati soddisfacenti – a venire a capo di problemi che si erano incancreniti in una città debilitata da cinque anni di gestione Alemanno, è un fatto che quegli amministratori si trovassero spesso isolati e costretti a lavorare in condizioni proibitive. Fu un errore mandare a casa Marino in quel modo? Probabilmente sì. Ma il vero errore fu candidarlo.
Il problema non erano infatti gli scontrini o le multe della Panda rossa dell’ex sindaco, ma che il Partito Democratico, già nel 2013, pensò di poter arginare l’avanzata del populismo assecondando le parole d’ordine dell’antipolitica. Un errore che si palesò con le candidature (sostenute dalla stragrande maggioranza del partito) dei non-politici Marino e Sassoli alle primarie romane e che oggi si ripete pericolosamente con la propaganda per il Sì al referendum costituzionale.
Nel frattempo, mentre l’inchiesta su “Mafia Capitale” conta 116 richieste di archiviazione e il chirurgo viene assolto, lo stesso fenomeno di regressione della società che ha portato all’utilizzo dello slogan “non è politica, è Roma”, ha oggi portato il partito dell’uomo qualunque al governo della Capitale. Virginia Raggi – che già ha mostrato la sua totale incapacità nel ricoprire il ruolo – è sindaco per errore. L’errore di chi ha pensato (e pensa) che le vulgate populiste vadano assecondate e se possibile cavalcate. In realtà vanno combattute, opponendo a rabbia e invidia sociale un pensiero forte.
Devi fare login per commentare
Accedi