Roma

Teatro, finalmente ci si ricorda che il Lazio non finisce a Roma

18 Novembre 2014

Eppur si muove! Pare un miracolo, ma anche il Lazio – inteso come regione – comincia davvero a dare segnali di grande vitalità. Dopo un primo periodo non senza tensioni, dedicato più all’ascolto e alla comprensione di problemi enormi (che da tempo affliggono la Regione), l’assessore alla Cultura, la scrittrice Lidia Ravera, esce allo scoperto con un’azione davvero sorprendente.

Il Lazio, si sa, ha al centro un enorme “buco nero” chiamato Roma, che tutto assorbe, in termini di energie e fondi di ciò che ci ostiniamo a chiamare “cultura”, per quanto questo termine abbia perso identità. Una dialettica anche calcistica, come è noto: visto che il Lazio (o la Lazio) è l’unica regione che dà il nome a una squadra, in eterno derby con i giallorossi capitolini di Totti. Per quel che riguarda il teatro, poi, la megalopoli, per quanto sempre più affaticata, è naturalmente al centro di ogni attenzione: ma con una sterzata non male, il presidente della Regione Nicola Zingaretti ha deciso di fare davvero una politica territoriale, andando a rivalutare percorsi, luoghi, teatri attraverso la cultura.

Un tempo, molti lo ricorderanno, si chiamava “Decentramento”: era un’azione mirata a “colonizzare”, partendo comunque dal centro, quelle realtà periferiche all’epoca prive di tutto. Di fatto, però, la regione Lazio vanta città importanti, che non necessitano più di “decentramenti”.

Anche grazie alla quasi trentennale attività dell’ATCL, l’Associazione teatrale comuni del Lazio, nata nei primi anni Ottanta, il teatro è andato alla “periferia dell’Impero” ed è anche cresciuto: come avvenuto in Toscana o in Puglia, in epoche più recenti, grazie a una politica mirata di Residenze teatrali e investimenti strutturati sulle giovani compagnie, in Lazio si sta disegnando una nuova geografia culturale, finalmente capace di superare il “romacentrismo” consolidato. Diversi progetti, in piccoli e grandi comuni, e una prospettiva europea all’orizzonte: se n’è parlato, l’altro giorno in un incontro tra l’assessora Ravera e i rappresentanti dell’ATCL, il presidente Luca Fornari e il direttore Alessandro Berdini.

Dunque, diamo un po’ di dati: per la prossima stagione si parla di un coinvolgimento di 50 comuni con 16 stagioni in abbonamento, 140 compagnie nella rete dei teatri, con oltre 400 recite, con una previsione di oltre 100.000 spettatori e un investimento di un milione e mezzo di euro per i cachet artistici e un incasso previsto di un milione di euro. Manco male, direbbero i più cinici.

Ma al di là dei numeri, quel che sembra interessante è una prospettiva di lavoro ideata e realizzata assieme ai diretti destinatari, provvedendo a una offerta, in termini di spettacoli, capace di attraversare gusti, stili, aspettative e puntando soprattutto a quell’obiettivo – da tanti annunciato, ma raramente realizzato – che è la “formazione del pubblico”. Si tratta, insomma, di pensare a spettatori più edotti, critici, attivi e reattivi.

La cosa curiosa, a ripercorrere la lunga storia dell’ATCL, è che sin dagli anni Ottanta, il circuito si è adoperato per “sdoganare” forme di teatro certo non consolatorie: a leggere i programmi di quelle prime, coraggiose, stagioni, si trovano nomi di tutto rispetto della ricerca internazionale: Bread&Puppet di Peter Schumann, Gaia Scienza di Giorgio Barberio Corsetti, Guidarello Pontani, TamTeatromusica, la prima Raffaello Sanzio, Santagata&Morganti, Rossella Or e molti altri ancora… Tanti, o forse tutti, i protagonisti del nuovo teatro (accanto ai “classici” di allora) chiamati a fare spettacolo a Latina o a Tarquinia, a Rieti o a Magliano Sabina. Oggi in quei cartelloni, troviamo Peter Stein, Arturo Cirillo, Vinicio Marchioni, Valerio Binasco, Giancarlo Sepe, De Filippo, Gianfelice Imparato, Glauco Mauri, Andrea Rivera, Giuliana De Sio, Alessandro Gassmann, Alessio Pizzech, Teatrodilina, Armando Pugliese e mille altri nomi.

Accanto a questi cartelloni, cominciano ad essere numerosi i gruppi e le compagnie che lavorano sul territorio, che hanno scelto di radicarsi nel proprio contesto sociale e culturale: di fatto, l’attività nel “microcosmo”, nella città o addirittura nel quartiere, è la frontiera di una modalità di fare teatro, certo non nuova ma sempre più attenta alla presenza, al contatto umano e diretto, alla immediatezza di riscontro (nelle scuole, nell’associazionismo). Anche da attività del genere può scaturire un modo diverso e altro di essere cittadini.

Durante l’incontro, l’assessora Lidia Ravera ha dichiarato: “Vorrei raccontare come il lavoro di ATCL incontra il mio sogno: portare un teatro in ogni piazza perché il teatro è l’ultimo luogo sacro, che ci salva dall’isolamento ed è luogo di condivisione di bellezza e di cultura… Noi stiamo andando sul territorio in modo paziente e capillare, casa per casa, portando occasioni di crescita culturale e sollecitando un consumo attivo della cultura”.

Luca Fornari, presidente dell’ATCL, ha aggiunto:
“La Regione Lazio in piena controtendenza con quanto avvenuto nel passato ha deciso di investire sulla cultura, facendone lo strumento che informa tutta l’attività della giunta Zingaretti. Come ATCL siamo motore e strumento di questo progetto: comuni coinvolti, stagioni, compagnie, investimenti rappresentano concretamente una via possibile di sviluppo sociale ed economico per la nostra Regione”

E Alessandro Berdini, regista di lungo corso oltre che organizzatore, ha chiosato: “il teatro si mostra ancora come un potente strumento di aggregazione. Siamo pertanto sempre più convinti che questo sia il servizio che dobbiamo rendere alle comunità dei territori in cui operiamo”. Teatro come servizio, teatro come valore, teatro come rito: tante aspettative e altrettanti progetti. Ma stavolta, nonostante l’eterna crisi, la sfiducia generale, la rassegnazione incombente, non sembrano parole vuote: vien proprio da dire “eppur si muove”. Curioso no?

(per ulteriori informazioni sui cartelloni e sui progetti: www.atcllazio.it)

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