Roma
Tartine e terrazze: come la cultura non si è accorta di Roma
Viene da chiedersi dove fossero gli intellettuali mentre a Roma si praticava il saccheggio selvaggio, giocando sulla pelle degli immigrati e spostando i rifiuti.
Quegli intellettuali che, sempre più, sono quelli descritti ne La Grande Bellezza, concentrati nel raccontarsi le loro cose, sterili e lontane anni luce dalla realtà. Impegnati nel dichiararsi, a parole, antiberlusconiani, ma poi, nei fatti, presi molto più dal problema dei sampietrini su via Nazionale piuttosto che di quanto accade nelle periferie e nei campi Rom. Il mondo di sopra che non vede il mondo di sotto: la metafora serve, meglio di tante parole, a descrivere questa separazione.
Perché è importante ricordarlo: sono state ben poche le voci che hanno contestato un degrado della città, osservando il declino della politica, sempre più rappresentata da personaggi screditati, senza arte né parte, legati in modo inequivocabile a interessi economici di pochi.
Il dibattito culturale sulla città si è ritirato in stanze e terrazze, con rinfreschi allestiti da fondazioni efficienti, in grado di selezionare temi e invitati affinché la discussione non fosse pesante e fonte di contrasti: una fondazione per ogni problema, quello sicuramente non manca a Roma.
Una sui problemi dell’integrazione, una su quelli ambientali, una per le politiche umanitarie, … un elenco lunghissimo, capace di catalizzare interesse, cogliendo la grande bellezza di luoghi esclusivi e permettendo di ascoltare relatori qualificati e illuminanti.
Peccato che poi di tutte queste illuminazioni non ci sia traccia: giornali e media raccontano di quel dibattito o di quel incontro, con dovizia di foto e di menu, ma con scarso effetto sulla polemica politica tranne in un caso: quando si tratta di concordare sulla necessità di grandi progetti per cambiare Roma, come la candidatura alle Olimpiadi o altri grandi eventi che hanno, di per sé, la capacità di essere di impatto.
A un certo punto a Roma piombò anche Jeremy Rifkin, accolto dal Sindaco Alemanno con gli onori di chi porta con sé la luce e il verbo: anche allora si trattò, in realtà, del tentativo goffo di far credere che Roma avesse chissà quali grandi progetti avveniristici e che le Olimpiadi sarebbero state l’occasione per realizzare un grande evento verde.
Sempre alla ricerca di altro, perché l’importante è parlare d’altro affinché non si parli di Roma e dei suoi problemi irrisolti. “Stamo a parlà de tutto e de gnente” diceva, in modo efficace, padre Pizarro, il cardinale smagato interpretato da Corrado Guzzanti.
Perché Roma è così, confonde tutto, tralascia i problemi e crea una grande commistione, dove l’intellettuale si trova a discutere con il faccendiere o con il consigliere disonesto: la tartina mette tutti d’accordo il contrasto, se deve esserci, si crea sulle bollicine.
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