Partiti e politici
Solo e commissariato, Marino ora non disturba più i poteri forti
A farlo fuori non ci sono riusciti Buzzi e Carminati, né il Pd di Mafia Capitale. Eppure ancora una volta Ignazio Marino è solo. Messo sotto accusa dall’opposizione e dai media per le sue spese di rappresentanza. Costretto a minacciare querele per chi osa dubitare della sua versione dei fatti. Come un anno fa quando alcune multe non pagate rischiavano di costargli la poltrona, Marino si ritrova a difendere il suo operato, senza poter contare sull’appoggio di nessuno. A volere la sua testa però non sono più, almeno apertamente, quelle correnti del Pd e quel sistema di interessi, scardinato dall’inchiesta di Mafia Capitale. Il sindaco è solo, dopo un anno intero in cui progressivamente ha visto sciogliersi tutta la sua agibilità politica. La sua e quella dell’intero comune di Roma, paralizzato dalle inchieste in corso e da una crisi di sistema esplosa, per colpa o per merito, del chirurgo genovese, che invece di inseguire il consenso dopo le due ondate di arresti, ha preferito intraprendere una strada solitaria, che lo ha portato in un vicolo senza uscita.
“L’amministrazione è bloccata” ripete come un mantra chiunque si affacci dalle parti del Campidoglio. E Marino di fatto è stato estromesso dagli avvenimenti più importanti come il Giubileo o la candidatura olimpica. Ma questo non basta per chiederne le dimissioni. “Perchè nella sua inaffidabilità rappresenta comunque una certezza, rispetto a un futuro ignoto”, spiegano da dentro il Pd, che vive con l’incubo dei 5 Stelle la possibilità delle elezioni anticipate. Che nessuno auspica. Non le vorrebbe più Matteo Renzi, che al commissario Pd Matteo Orfini ha affidato la tutela politica del sindaco affinché cercasse il più possibile di limitare i danni, dopo l’inchiesta della magistratura che ha falcidiato il partito romano. Non la vorrebbe il prefetto Gabrielli, che in ogni modo si è speso per evitare che il comune fosse commissariato, finendo per girare la città come un vero politico, pur di colmare il vuoto istituzionale. Lo stesso papa Francesco, pur non avendo digerito la presenza del sindaco delle unioni civili a Philadelpia, è consapevole che una città senza primo cittadino nell’anno del Giubileo non sia un bel biglietto da visita. Per questo l’imperativo categorico è andare avanti con Marino, il sindaco onesto, che sta mettendo i conti in ordine, ma che deve dimostrare costantemente di essere “capace”. sempre e comunque e soprattutto senza risorse, come nel caso del Giubileo.
Difficile dire se sia cambiato Marino o la città intorno a lui in questo anno. Di sicuro, la bicicletta con cui si recava in Campidoglio è solo un ricordo, sostituita nell’immaginario da quella scorta sempre più numerosa che lo segue nelle poche sortite fra la gente. Una misura di sicurezza che di certo non contribuisce alla sua immagine, alimentando le divisioni dei cittadini. Fra chi vorrebbe restasse in America per sempre e chi invece è pronto ad agitare lo spettro dei poteri forti di fronte ad ogni scivolone. Di sicuro il “potere romano”, quell’intreccio di palazzinari e salotti buoni, capaci di fare il bello e il cattivo tempo in città, ha vissuto momenti migliori, ma sa comunque come ritagliarsi i propri spazi. Marino o non Marino.
A partire dal costruttore Caltagirone, messo all’angolo all’inizio del mandato, anche grazie all’aiuto dell’ex assessore Guido Improta, che aveva gestito la delicata questione della Metro C, riuscendo a far aprire una parte consistente del percorso, dopo anni di ritardi e costi aggiuntivi. Il costruttore più influente della città non è certo un amico del sindaco. Ma sa comunque come farsi rispettare. Come in Acea, il primo terreno di scontro fra i due. Dopo che Marino nel 2014 era riuscito a far diminuire il numero dei componenti del Cda, da 9 a 7, lo scorso aprile il costruttore ha ripristinato lo status quo, inserendo, accanto a suo figlio, uno dei suoi fedelissimi, Massimiliano Capece Minutolo. Certo, quella dello stadio della Roma, concessa ai rivali Parnasi, è una ferita ancora aperta, anche se il progetto, al di là degli annunci, non è ancora decollato. La conferenza dei servizi, che proprio Marino dava per avviata, in realtà non è mai partita, ma Caltagirone è già sicuro che non resterà a bocca asciutta. Anche perché le garanzie arrivano da molto in alto, da quel comitato olimpico composto da Giovanni Malagò e Luca Cordero di Montezemolo, che già ha fatto sapere di voler valorizzare l’area di Tor Vergata, dove sorge l’incompiuta di Calatrava, uno dei gioielli della holding del costruttore, i cui lavori vennero avviati (e mai conclusi) per i mondiali di nuoto del 2009.
Più del costruttore, tuttavia, per capire come si sta muovendo la nuova geografia dei poteri cittadini occorre osservare la parabola di Claudia Bugno, dirigente del ministero dello sviluppo economico, nominata coordinatore proprio del Comitato Olimpico. La Bugno, che proviene dalla Banca Etruria, dove sedeva nel consiglio di amministrazione insieme al padre del ministro Boschi, fino allo scorso 1 aprile faceva parte anche del cda della società Prelios Integra, che lo scorso 4 maggio, dopo una verifica durata mesi, si è aggiudicata il bando, in Ati con società “Gestione Integrata”, il patrimonio del comune di Roma, ponendo fine all’impero della Romeo Gestioni, che durava da decenni e col quale anche Marino si scontrò quando decise di porre fine alle proroghe che si seguivano di anno in anno. Da agosto per lei è arrivata un’altra poltrona prestigiosa, nella Roma che conta: quella della società Eur Spa, la società partecipata al 90 % dal ministero delle finanze e dal comune di Roma, che possiede un patrimonio immobiliare per oltre un miliardo di euro. Insieme a lei c’è anche una vecchia conoscenza della Roma di Alemanno. Quel Roberto Diacetti, ex amministratore delegato di Atac.
Secondo alcuni, la sua ascesa cittadina, che sembra avere il beneplacito di Palazzo Chigi, “è il segnale che la partita più grande, quella che riguarda i servizi pubblici è solo alle porte”, come racconta una persona ben informata. Dai rifiuti, ai trasporti, l’opera del sindaco in Ama e Atac, nonostante il cambio di rotta dopo decenni di malagestione e corporativismo, non è bastata a garantire un futuro immediato solido alle municipalizzate, e i comitati d’affari sono già pronti, fiutando lo spettro della privatizzazione. Parola vietata da pronunciare in Campidoglio, ma sulla bocca di tutti da settimane. Soprattutto ora che c’è un sindaco apparentemente depotenziato, ma che tutto sommato potrebbe fare comodo. Magari ai soliti noti.
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