Partiti e politici

Sindaco Marino, l’onestà non basta: altrimenti meglio votare i 5 Stelle

10 Giugno 2015

Ignazio Marino non ha intenzione di dare le dimissioni. E con questa decisione è per la prima volta davvero in sintonia con il Partito democratico, che teme le elezioni come uno tsunami dopo una scossa sismica. Il sindaco di Roma va avanti, nonostante l’umiliante intercettazione in cui Salvatore Buzzi, il braccio operativo di Mafia Capitale, dice al suo interlocutore: “Se resta sindaco altri tre anni e mezzo, con il mio amico capogruppo, ci mangiamo Roma”. Una frase da perfetto sequel di Romanzo Criminale, con l’aggravante che non è fiction né storia degli anni Settanta ma una triste cronaca di quanto è accaduto in un passato recentissimo. Al di là del lessico questa affermazione indica come venga manipolato l’ex senatore, piombato al Campidoglio come un marziano.

Insomma, Ignazio Marino, lodato per la sua onestà, non sembra altrettanto lodevole per la capacità di gestire un’amministrazione complessa come Roma. Da ‘marziano’, appunto, ha grosse difficoltà a comprendere in quale direzione andare per sradicare vizi e malaffare iniziati quando lui era solo un noto chirurgo. Eppure, come ha ribadito a Di Martedì su La7, non ha intenzione di mollare, almeno per ora. Questo il senso del suo ragionamento:

C’è un prefetto, un ministro e un presidente del Consiglio che devono dare dei giudizi. Mi sembrerebbe davvero il mondo all’incontrario. Con Alemanno venivano acquistati filobus mai arrivati mentre a Roma arrivavano tangenti, in Atac assunte le cubiste. Noi invece acquistiamo 700 autobus e assumiamo 200 autisti. Quando c’era quel tipo di gestione andava bene mentre ora dovremmo interromperla?

Il progetto del sindaco è quello di valorizzare l’onestà del suo operato personale, quasi tralasciando i numerosi problemi della Capitale. Certo, l’onestà è (nonostante questi scandali) un principio sacrosanto per chi assume un incarico politico (e non solo). Tuttavia si tratta di “una condizione fondamentale ma non sufficiente”, perché senza la competenza, compresa quella necessaria a vigilare sui possibili disonesti e affaristi che affollano le stanze del potere, l’essere onesti conta poco. Nella migliore delle ipotesi può suscitare simpatia nell’opinione pubblica. Ma di sicuro non basta. Ecco quindi che oggi il ruolo di Marino è paragonabile a quello di un gladiatore gettato in un’arena popolata da un branco di leoni affamati, e abili a sbranare prede sprovvedute. Con il primo cittadino di Roma che non ha mostrato la tempra del gladiatore capace di tenere testa a tante, troppe belve. Così alla fine suscita un sorriso di tenerezza, con un’amara certezza: nessuno crede che possa farcela a salvare se stesso e Roma.

E poi, in fondo, se davvero l’onestà – anche senza competenza – è il discrimine per scegliere un amministratore, allora tanto vale affidarsi al Movimento 5 Stelle che ha fatto una bandiera dell’onestà (ripetendo che grazie a loro tornerà di moda). Almeno oltre al sindaco onesto, i pentastellati possono proporre pure una giunta di persone immacolate dal punto di vista dei precedenti giudiziari e soprattutto per quanto riguarda gli interessi personali. Ma, temo, che davvero non basti l’incorruttibilità: di fronte al malaffare pianificato e stratificato, occorre una profonda conoscenza della macchina pubblica. Che può esserci solo grazie a una – integerrima – esperienza politica pregressa.

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