Governo
Roma, le primarie senza candidati che spaventano Renzi
Continua a chiedere “primarie vere” Roberto Giacchetti come condizione alla sua candidatura. Ma per ora l’unico candidato in campo rimane lui, l’uomo chiamato da Matteo Renzi a risolvere la matassa Roma, la capitale d’Italia alle prese con una crisi di sistema che coinvolge anche la classe politica, falcidiata dalle inchieste giudiziarie che hanno colpito il cuore del Campidoglio. Governare Roma significa mettere a rischio la propria carriera politica. Per questo, nonostante il sostegno apparentemente trasversale, Giachetti è solo. Ignazio Marino ha già detto che non ci sarà. Secondo l’ex sindaco “il Pd a Roma non dovrebbe nemmeno partecipare con il proprio simbolo alle elezioni”, e non è detto che la sua linea possa far breccia. D’altronde, la pensa così anche il senatore Pd Walter Tocci, che in molti a Roma avrebbero voluto sindaco.
Ad oggi lo scenario è tragico e vede un solo candidato, quello imposto dal premier Renzi, senza una coalizione e con un partito di maggioranza commissariato, dove i circoli continuano ad agire in maniera autonoma, rispondendo escluvamente a istanze personali. Il caso di Donna Olimpia, il circolo vicino al deputato pd Marco Miccoli, dove Matteo Orfini ha trovato la serranda abbassata senza poter svolgere l’iniziativa programmata dai suoi “Giovani turchi”, è solo l’ultimo in ordine cronologico di una serie di episodi che lasciano intendere come, nonostante la benedizione presidenziale, la strada per Giachetti sia tutt’altro che in discesa.
I renziani sono minoritari in città e l’ex capo gabinetto di Francesco Rutelli teme l’effetto Emma Bonino, lasciata sola alle regionali del 2010 che videro la vittoria di Renata Polverini. Per questo mette le mani avanti, “chi vuole continuare con questi giochetti è meglio che vada a casa”, come ha detto ieri sera a La7, aspettando di scoprire chi saranno i suoi rivali alle primarie di marzo. La partecipazione di Stefano Fassina, infatti, è ancora in bilico: il suo decalogo, che prevede la cancellazione dello stadio della Roma a Tor di Valle e l’annullamento delle Olimpiadi, è stato subito rispedito al mittente da Giachetti, che al contrario pretende che lo scontro sia sul programma. Ma il vero problema rimane la sua stessa candidatura, vissuta con distacco dalla parte romana di Sinistra e Libertà, che teoricamente dovrebbe essere il partito di punta della coalizione in suo sostegno. “Non si può pensare che dinamiche nazionali dettate dal rancore di ex Pd dettino la linea – spiegano dall’interno – E’ chiaro che a Roma, dove il partito negli ultimi anni si è sempre retto sull’asse Smeriglio/Zingaretti esistono altre logiche”.
Non è un caso che una parte di Sinistra Italiana abbia visto di buon occhio il nome di Massimo Bray, direttore della Treccani e ministro della cultura durante il governo Letta, uscito quasi per caso nei giorni scorsi. Per qualche ora, l’hashtag #Braysindaco ha imperversato su twitter facendo circolare la sua candidatura da outsider. I #brayanidellaprimaora non saranno di certo un esercito, ma un popolo diffuso legato soprattutto al mondo della cultura, che di sicuro potrebbe attrarre simpatie trasversali anche a sinistra del Pd. Ufficialmente lui non smentisce, ma c’è già chi interpreta in maniera sibillina i versi del poeta Iosif Brodskij, postati proprio da Bray sul suo profilo Facebook, “Io sono stato a Roma. Inondato di luce”.
Secondo alcuni, a calare il suo nome sarebbe stato proprio l’ex sindaco Marino, che con Bray ha condiviso l’appartenenza alla Fondazione Italiani Europei di Massimo D’Alema. Nonostante le dimissioni in massa dei consiglieri comunali lo abbiano allontanato dal Campidoglio, l’ex sindaco, infatti, continua ad essere il più popolare fra i nomi in ballo e il suo bacino elettorale rischia di fare la differenza. Marino, che proprio questa mattina con una lettera a Repubblica ha annunciato che non parteciperà alle primarie del Pd, potrebbe presentare una propria lista o dirottare il suo consenso su un candidato di testimonianza. E mentre osserva in disparte il delinearsi degli schieramenti, di fatto ha già iniziato a contare i suoi, lanciando una petizione sulle unioni civili che in pochi giorni ha raccolto oltre 40 mila adesioni. Numeri che fanno ben sperare il suo popolo già organizzato dai giorni della sua caduta. Anche perchè ad oggi il maggiore avversario di Giachetti continua a rimanere nell’ombra.
Roberto Morassut, infatti, continua a prendere tempo. Ieri una finta agenzia stampa che circolava fra gruppi whatsapp di ex consiglieri comunali lo dava in campo. Ma lui, aspettando la direzione nazionale del partito di oggi, ancora non scioglie le riserve. “La mia riflessione sulle primarie non è conclusa”. L’ex assessore alll’urbanistica degli anni di Veltroni non ha mai nascosto la sua ambizione di diventare sindaco e anche in questi anni burrascosi, segnati dagli arresti di Mafia Capitale, ha continuato a frequentare i circoli presentando i suoi libri, proponendo la sua riforma della città e criticando quelle degenerazioni del partito portate poi alla luce dall’operazione @mappailpd dell’ex ministro Fabrizio Barca.“Roberto è pronto per governare la città – spiega chi lo conosce bene – la sua unica preoccupazione è che possa essere utilizzato da chi vuole condurre una battaglia anti Renzi da Roma. Lui è stato uno dei più fedeli al premier sin dall’inizio e sarebbe paradossale che venisse usato in questo senso”.
Morassut, che conta sulla “benedizione” di Walter Veltroni e Goffredo Bettini, sa di avere il sostegno di una buona parte della base romana, lo zoccolo duro del centrosinistra del “modello Roma”. E anche quello di Zingaretti. “Pubblicamente Nicola ha dichiarato di sostenere Giachetti, ma nella realtà è proprio dalla regione che arrivano le maggiori pressioni per la candidatura di Morassut”. Quella di Zingaretti, affermano i ben informati, sarebbe stata solo una strategia per prendere tempo e smarcarsi da ogni possibile polemica nei confronti di Renzi, che, giocando d’anticipo, ha calato il nome di Giachetti prima che la base romana potesse organizzarsi con l’evento del 23 gennaio al teatro Brancaccio. Ma se attorno al nome di Morassut si riuscisse a costruire una candidatura di portata cittadina, a quel punto sarà rotto ogni indugio.
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