Roma
Roma, l’odissea degli sfrattati: “La bomba sta per scoppiare”
«Vieni qua, avvicinati, metti la mano sul mio petto». Siamo in una casa di 29 metri quadri a Roma, nel quartiere Prati, e a parlare è il signor Vito Paolo Quinto, 58 anni. Oltre il portone c’è l’ufficiale giudiziario arrivato per eseguire lo sfratto e allontanare il signor Quinto dall’abitazione in cui ha trascorso 34 anni di vita. Appoggio il mio palmo sul suo cuore e lo sento battere forte e veloce . «Ogni volta mi sento male». Non è il primo tentativo di sfratto, la causa va avanti da anni: da un lato i condomini che vogliono riprendersi l’appartamento, dall’altra un uomo malato di tumore e senza reddito: «Non so dove andare». Tra l’ufficiale giudiziario e l’ingresso c’è un cordone di persone che impedisce il passaggio: la maggior parte sono anziani, uomini e donne, uniti dallo stesso dramma. Sulla testa di tutti pende uno sfratto imminente.
La situazione è precipitata dopo il 31 dicembre 2014, quando non è stato prorogato il blocco degli sfratti. E continuerà a peggiorare. Il 12 febbraio scorso il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi ha dichiarato che non ci sarà «Nessuna proroga o miniproroga degli sfratti», ma che è allo studio «una norma che tuteli questi nuclei familiari garantendo loro il passaggio da casa a casa». Alla fine nel decreto Milleproroghe è stata infilata una miniproroga del blocco di 4 mesi. Una soluzione improvvisata per mettere d’accordo il ministro Lupi e il Pd, secondo Fabrizio Nizi dell’Agenzia diritti del VII municipio. «La politica se ne lava le mani e demanda ai giudici la responsabilità di differire lo sfratto al massimo per 120 giorni in attesa che il Comune trovi una soluzione». Tocca quindi alla persona sfrattata scrivere al magistrato e aspettare i tempi tutt’altro che brevi della risposta. «Nel frattempo li sgomberano – fa notare Nizi – non si trovano soluzioni da 7 anni e ora in 120 giorni trovano una sistemazione per tutti i casi di fine locazione?»
E mentre ai piani alti prendono tempo, famiglie, disabili e disoccupati passano le giornate tra un picchetto e l’altro. E fa davvero impressione vedere un piccolo esercito di madri, padri, anziani (alcuni persino con problemi di deambulazione) svegliarsi all’alba, incontrarsi nella sede dell’Unione Inquilini, di Action o di altre organizzazioni e muoversi da una parte all’altra della città per cercare di impedire che uno di loro venga mandato via di casa. Lo scorso 9 febbraio è toccato a Salvatore, anziano cardiopatico, rimanere senza tetto dopo l’allontanamento dal suo appartamento di piazza Bernardino da Feltre a Trastevere.
«Fino a qualche anno fa – racconta a Gli Stati Generali Marco Birrozzi, dell’Agenzia Diritti del municipio VIII – ci capitavano due sfratti al mese, oggi sono due al giorno. Abbiamo un elenco infinito. Prima del blocco – continua – hanno concesso gli ultimi rinvii che scadevano a febbraio e ora sono tutti concentrati. Questo secondo noi – aggiunge – può creare un allarme sociale molto serio». Lo pensano anche Francesca Danese, Daniela Benelli e Alessandro Fucito, assessori alle politiche abitative di Roma, Milano e Napoli che a gennaio hanno scritto un appello al governo per prorogare la sospensione. Dalla prefettura dicono di non poter fare nulla, ma secondo Giovanni Barbera, esponente di Rifondazione Comunista, «il prefetto si è trincerato dietro l’aspetto formale, sappiamo, però, che durante le feste di Natale chiede ai commissariati di bloccare gli sfratti, sarebbe potuto intervenire allo stesso modo, in attesa delle nuove misure di assistenza».
Anche Sel, con una fiaccolata organizzata il 18 febbraio, ha chiesto a Pecoraro di intervenire. «Il Governo ha messo in campo una proposta assolutamente insufficiente, con fondi non adeguati – dice Gianluca Peciola, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà in Campidoglio – A Roma la situazione è esplosiva». Due le proposte lanciate durante la manifestazione: la messa a disposizione delle strutture pubbliche abbandonate per l’assistenza alloggiativa e per l’edilizia residenziale pubblica e la casa dello sfrattato, una struttura tampone di passaggio di casa in casa per le persone oggetto di un provvedimento di sfratto.
Dall’inizio della crisi, cinque anni fa, Roma ha registrato oltre diecimila sentenze per fine locazione e sono 7000 gli sfratti previsti per il 2015, secondo il prefetto Giuseppe Pecoraro. «E’ una previsione – aggiunge Birrozzi dell’Agenzia Diritti dell’ VIII – che non considera chi è già stato sfrattato. C’è ad esempio una famiglia che è stata allontanata da casa da un anno e ancora oggi vive sparpagliata tra parenti e amici». Action parla di «oltre 16.000 sfratti tra richiesti e quelli già convalidati, di cui il 90% causati dal mancato pagamento dei canoni di locazione per la riduzione del reddito familiare a causa della crisi economica».
I numeri a volte non dicono molto a chi legge, perché nascondono le singole storie. Ad esempio non mostrano gli occhi pieni di lacrime di Stefania, operaia, sposata, con due figli. Lei ha lo sfratto esecutivo e ogni giorno potrebbe essere quello in cui si ritroverà per strada. «Il contratto è scaduto, pagavo 700 euro al mese, ora il proprietario ne vuole 1600, è sceso a 1400 per cortesia». Con due stipendi da operai è una cifra che non possono permettersi. «Vivo lì da 36 anni, prima l’appartamento era dell’ex Assitalia: hanno venduto ma a noi la banca non ha concesso il mutuo per comprarla». Stefania mi chiede di non scrivere il suo cognome, «mi vergogno», si giustifica. Non è l’unica. «Un signore di Garbatella – raccontano ancora dall’Agenzia Diritti – ha avuto un ictus, ha perso il lavoro e la casa, dormiva in macchina, ma da noi è venuto il cognato a dircelo». I servizi sociali sono l’ultima spiaggia e alcuni nemmeno li prendono in considerazione perché «è da poveracci». Altri non hanno proprio consapevolezza di essere in una situazione di indigenza e prossimi a ritrovarsi per strada. «Una signora vive in una casa da quando aveva 12 anni – raccontano ancora gli operatori dell’Agenzia – ora ne ha 67 ed è incredula, non crede che lo stato italiano possa metterla alla porta. E invece succede, noi interveniamo e riusciamo a ottenere delle proroghe, ma a un certo punto devono andare via». C’è anche chi proprio non si rassegna, come un’anziana sfrattata e sistemata in un residence che ogni mattina prende l’autobus e da Capanelle va a San Paolo davanti alla sua ex casa «perché ha sempre vissuto lì, è stata presa e messa in un altro quartiere, a quell’età mica è facile ricominciare da capo», fanno notare gli operatori dell’Agenzia Diritti.
Massimo Piu, 80 anni, con 600 euro di pensione deve pagare un affitto di 800 euro in via della Stazione di San Pietro: «Mi sto vendendo l’oro di mia moglie per una casa senza riscaldamento», racconta. Aniello Pasquccio abita in via Alberto Pollio 40, e sta lì dal 1970, nel 2002 gli è scaduto il contratto: la proprietà (la Cassa nazionale Ragionieri) ha chiesto il triplo (ora paga 400 euro al mese compreso condominio) e da allora continua a versare l‘indennità di occupazione. Come lui si trova tutto lo stabile, circa 70 famiglie – e proprio in questi giorni sta passando l’ufficiale giudiziario. «Ho scritto a Mattarella – dice agli Stati Generali – chiedendo un intervento sulla proroga degli sfratti». Nello stesso complesso vive anche Maddalena Nacca, 82 anni, con un figlio disabile. «Stiamo lì da 40 anni, se ci mandano via dove andiamo?».
In alcuni casi potrebbe sembrare una guerra tra poveri. A volte dall’altra parte della barricata ci sono piccoli proprietari che magari hanno comprato un appartamento facendo sacrifici. «Accade di rado – spiegano sempre dall’Agenzia Diritti – perché la procedura di sfratto ha dei costi che molti non si possono permettere». Quando succede si cerca una mediazione. Ma in genere «a mandare via di casa le persone sono grandi proprietari, costruttori e banche, che poi lasciano sfitti gli appartamenti».
In trincea, accanto agli sfrattati, sono rimasti loro, operatori sociali e sindacalisti, che cercano di mediare con le proprietà, gli avvocati, gli ufficiali giudiziari, la polizia. «Siamo in grande difficoltà – denuncia Simona Panzino altra referente dell’Agenzia diritti dell’VIII – con Mafia Capitale c’è stato un inasprimento delle regole per cui i dirigenti hanno paura, non si assumono responsabilità. Di solito (in caso di sfratti ndr) chiamiamo le politiche abitative per chiedere di predisporre un’accoglienza, oggi ci dicono che non possono fare niente, ci sentiamo abbandonati, come servizio». Prosegue Panzino: «Non sono ancora uscite le graduatorie per le case popolari (ma dall’assessorato fanno sapere che è questione di giorni ndr), né la graduatoria per la morosità incolpevole e non si capisce in che termini potranno dare i soldi alle persone sotto sfratto per trovare un’altra casa». Insomma gli strumenti messi a disposizione dal governo, almeno per ora, non aiutano. Lupi parla di «100 milioni destinati quest’anno al fondo per gli affitti, di cui 25 saranno destinati in maniera prioritaria a sostenere economicamente le famiglie sotto sfratto per finita locazione. E, laddove il contributo affitto tarda ad arrivare, lo Stato si impegnerà, in collaborazione coi Comuni, a far sì che le famiglie in difficoltà si trasferiscano direttamente da un alloggio a un altro, magari pubblico». Si tratta però di un emendamento che non è ancora stato scritto, precisano dal ministero.
Il problema è che mentre il dicastero “studia”, nel qui e ora le persone non hanno alternative alla strada o all’appoggiarsi ad amici e parenti. E l’edilizia residenziale pubblica? A Roma sono 80mila gli alloggi popolari e prossimamente dovrebbero esserne assegnati altri 2500, ancora da costruire, grazie a un finanziamento regionale. «L’ultimo bando è del 2013 – spiega Massimo Pasquini dell’Unione inquilini – a novembre dello stesso anno sarebbe dovuta uscire la graduatoria dei primi sei mesi, siamo a febbraio 2015 e non è ancora stata resa nota». Le richieste sono cresciute in modo esponenziale: «Erano 30mila domande a fine 2012, un elenco di 5 anni, sono circa 10mila solo da gennaio a giugno 2013», aggiunge Pasquini. Il 10% delle case sono occupate abusivamente e, secondo fonti del comune, sono 1500 l’anno quelle che entrano nel mercato della compravendita al nero, mentre il Campidoglio ne assegna 250. «Se solo stroncassimo il mercato nero – riflette l’Unione Inquilini- potremmo recuperare in 5 anni, 6-7mila case popolari». Altri cinquemila appartamenti Erp potrebbero tornare disponibili se altrettante famiglie transitassero nell’housing sociale. «Sono nuclei – spiega Pasquini – che hanno un reddito per cui dovrebbero uscire dal circuito delle case popolari, ma all’Ater non conviene perché così può applicare loro canoni più alti». L’ente ne ha bisogno, poiché è obbligato a raggiungere il pareggio di bilancio. «E’ allucinante che un intervento sociale sia sottoposto a questa misura, se lo facessimo per l’Atac il biglietto per i mezzi pubblici costerebbe 15 euro», commenta Pasquini.
La patata bollente ora è passata nelle mani della neo assessora alle Politiche abitative (e al Sociale) Francesca Danese che sta provando a sbrogliare la matassa. Dall’assessorato fanno sapere: «E’ iniziato lo stillicidio degli sfratti, noi cercheremo di aiutare le famiglie caso per caso. Il dipartimento nei limiti del possibile sta cercando di prendersi carico delle situazioni più difficili». Uno degli strumenti che la Danese metterà in campo è un protocollo d’intesa con i proprietari immobiliari e i sindacati degli inquilini per bypassare l’emergenza. Servirà a trovare degli appartamenti sul mercato in cui collocare i nuclei bisognosi: il Comune farà da garante e pagherà il buono casa direttamente ai proprietari. Altra soluzione è un tavolo, già avviato, con Regione e Ater per implementare una delibera sul riuso e il recupero di immobili. Un’altra mano la potrebbe invece dare uno degli articoli dello Sblocca Italia che prevede di riutilizzare parte dei beni demaniali per progetti di housing sociale. Ma la vera novità, secondo l’assessorato, sta nel nuovo bando che invece dei Caat (Centri per l’assistenza alloggiativa temporanea) prevede i Saat (Servizi per l’assistenza alloggiativa temporanea). Questo perché da un lato si sta programmando la fuoriuscita dai residence (per i quali il comune spende 37 milioni l’anno, 1700 euro a famiglia) e dall’altro si attivano servizi per aiutare queste persone a uscire dalla condizione che li ha portati all’emergenza abitativa: corsi di formazione professionale e avvio al lavoro, ad esempio. «Il Comune non si limita quindi a erogare soldi – sottolineano – ma offre servizi per rendere questi individui indipendenti, in modo tale che riescano ad uscire dal circuito dell’assistenza».
Progetti che però daranno i primi frutti tra almeno un anno. Nell’immediato ci sono Vito Paolo, Stefania, Aniello, Massimo, Maddalena che hanno bisogno di risposte, perché all’ufficiale giudiziario che busserà alla loro porta domani o dopodomani non basterà dire: «Il Governo sta studiando le soluzioni, aspettate». Il loro tempo è scaduto e senza un vero blocco degli sfratti, in attesa di soluzioni concrete, come prospettiva hanno solo la strada, o la macchina, se sono fortunati.
(Foto di copertina Unione Inquilini)
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