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Roma ha perso la lotteria di Expo, ed è giusto così

29 Novembre 2023

Roma ha perso, molto male, la corsa per organizzare Expo 2030, assegnato a Riad. Ha perso molto male, perché la figuraccia di una capitale mondiale che arriva terza con 17 misere preferenze è una beffa aggiuntiva che ci saremmo volentieri risparmiati (è innanzitutto una debacle diplomatica e sarebbe giusto che si individuassero i responsabili, che temo non abbiano prestato servizio volontario per farsi fregare così miseramente).

Per molti versi sta nelle cose: ormai i grandi eventi non sono più sostenibili dalle democrazie occidentali. Costano troppo e la concorrenza di regimi non democratici e ricchissimi, che non hanno vincoli di investimento e di accountability per ripulirsi l’immagine o per combattere guerre soft, non è sostenibile. Fa un po’ ridere il neo francescanesimo del comitato organizzatore di Roma, che ha parlato del denaro praticamente come “sterco del demonio”, ma certamente la battaglia è impari. I sauditi hanno risorse illimitate, nessuno scrupolo per i diritti umani, un senso anche un po’ cafone del pensare in grande. Mentre ci affanniamo per una pista di bob per le Olimpiadi di Cortina, apparentemente in ritardo sin dall’aggiudicazione, lì scavano, progettano, pagano.

Il futuro dei grandi eventi, Mondiali di Calcio, Olimpiadi, Expo, macchine da soldi che però ne succhiano in quantità industriale, è assai probabilmente lontano dalla vecchia e povera Europa, certamente dalla decrepita e poverissima Italia: non è grave e soprattutto è ineluttabile, i tempi di Expo 2015 sono finiti. Cianciare di sostenibilità per questi carrozzoni è ridicolo, lo facessero gli altri, a noi, che per fortuna votiamo e manifestiamo contro il Patriarcato, tocca inventare qualcos’altro e forse non è necessariamente un male.

Altra e ben più rilevante questione riguarda la sconfitta prima di questa competizione, Roma, che aveva riposto nell’Expo 2030 grandi speranze di rilancio. Ora, appunto perché da Milano 2015 tutto è cambiato, è onesto dire che queste speranze, questo all-in, erano mal riposte dall’inizio. Un conto è utilizzare un grande evento come acceleratore, come ha fatto Milano avendo però già fatto i compiti a partire dalla Giunta Albertini, un conto è comprarsi il gratta e vinci sperando “da svortà” come nei film di Caligaris.

Roma è una città che ha smesso di produrre alcunché, per limitarsi ad ospitare là burocrazie e a vendere i suoi monumenti a frotte di turisti. Non ha da decenni sindaci, e mi permetto di dire classi dirigenti, all’altezza e Goni nuovo è più inconsistente del predecessore. Non è solo l’unica Capitale occidentale a non essere traino economico e culturale del resto paese, ma su dimensioni cruciali del vivere civile come la mobilità e i rifiuti è pervicacemente lontana dalla decenza. Veramente si pensava che quattro fregnacce di un affascinante cazzaro come il professor Ratti bastassero per vincere, buttando sull’orario mondiale la palla della riqualificazione di una zona in cui spicca come una pustola l’errore di un altro grande evento, anzi addirittura la palingenesi della città stessa. Siamo seri.

Roma non è competitiva a livello occidentale in nessuna dimensione urbana rilevante e non aveva i fondamentali per portare a casa l’Expo. Spiace per le imprese che ci avrebbero lavorato e ci contavano, spiace molto meno per la classe dirigente scalcinata che la governa, che sperava di buttare in avanti la palla mettendo ancora in mostra i gioielli di nonna.

Adesso per favore classi dirigenti romane tornate a lavorare, risolvete lo sconcio della monnezza, rendete spostarsi con i mezzi pubblici un atto non eroico, manutenete quello che avete ereditato e preservatelo dai piccioni e dai turisti prima che se lo mangino. Avete già tantissimo da fare così, curando quell’ordinanza amministrazione che è stata dimenticata per inseguire sempre una nuova bazza. Ora le bazze sono finite, i grandi eventi a disposizione pure (c’è il Giubileo, poveri noi), vediamo cosa sapete fare.

1 Commento
  1. Tristemente vero! Sono romano e sono scappato da Roma, vivo in Sabina, terra civilissima. Il discorso, però, lo allargherei all’intero paese. C’è qualcosa che si è rotto, da decenni, ma nessuno pensa a riparare il guasto.

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