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ROMA 2024: VINCERANNO I NOSTRI FANTASMI O LA VOGLIA DI FUTURO?
Come le stagioni, torna ciclicamente a volte in maniera gridata a volte sussurrata la voglia di riportare le olimpiadi in Italia.
Questo volta si parla di Roma 2024. Roma. La città di Mafia Capitale. E della Grande Bellezza. Due delle molteplici facce di uno spazio urbano dall’inimitabile passato e da un presente autolesionista. Un tratto questo, che accomuna molte città italiane.
Qui su Gli Stati Generali si é aperto un dibattito interessante, da un lato Carlo Maria Miele ritiene che no, non ce le possiamo permettere e vi é una casistica negli ultimi vent’anni che scoraggia qualsiasi impegno di questa portata. Arricchirebbe solo pochi speculatori finendo col penalizzare l’intera comunità.
Dall’altro lato Jacopo Tondelli conscio dei limiti organizzativi e culturali – corruzione endemica – della nostra classe dirigente, giustamente a mio avviso, riflette con una certa amarezza come fa chiunque quotidianamente si sforzi di immaginare un futuro diverso:
“Quel che non capisco è come si possa semplicemente accettare che lo scenario presente sia ineluttabile e immodificabile, e mentre si dice questo non si ammetta, conseguentemente, che l’unica cosa che si può fare di qui è andarsene.”
Anche io, a differenza di Matteo Renzi sono poco ottimista e anzi, contrario alle Olimpiadi in Italia. Ma comprendo il punto di Jacopo.
Ho vissuto le Olimpiadi di Londra da residente nella capitale inglese e non ho potuto non notare che impatto hanno avuto sulla città, ma ancora di più sulla coesione e sul senso di appartenenza di una nazione. Nazione che ha abbracciato vincitori locali di etnie diverse ma tutti orgogliosamente britannici. Ha avuto anche un impatto sociale ed economico sulla riqualificazione di un’area depressa dell’East London come Stratford. Un paio di lustri fa, il governo inglese ha deciso di investirci creando infrastrutture, ricchezza e coesione sociale. Per non parlare della mobilità: molti londinesi temevano invivibili trasferimenti sulla Tube ma non ci sono stati reali disagi. L’organizzazione non ha presentato sbavature. Impeccabile.
Noi, non siamo gli inglesi. Non incomincio a citare tutti gli scandali di corruzione. ribadisco, endemica che appestano opere pubbliche e classi dirigenti nostrane. Non avrebbe senso. Anzi l’avrebbe. Mafia Capitale si sta dimostrando un bubbone che molti di noi hanno fatto finta di ignorare, e la politica continua a non fare la politica. Mose, Mondiali di Nuoto, e tutti gli altri scandali si ripetono senza che la politica si ponga in discussione. Se qualcosa non funziona, bisogna fermarsi, analizzare, capire e fare delle scelte strategiche e cambiare direzione e risultati. Ma ciò non sta accadendo. L’iceberg della corruzione periodicamente affiora e tra sdegni e distinguo, ricomincia tutto come se nulla fosse accaduto. E i membri PD di quell’indegno consiglio regionale laziale sono ora in parlamento. Grazie Piggi!
Ora che cosa fa il nostro Matteo Renzi, lancia una nuova arma di distrazione di massa, senza prima aver aspettato che i contorni di questo ciarpame capitale siano visibili e possano esser analizzati, capiti. Cosa stai facendo Matteo per dimostrare che non succederà di nuovo? Ti lamenti con i magistrati per la lentezza dei processi e delle norme giuridiche che loro sono per legge obbligati ad applicare. Cosa stai facendo per combattere la corruzione? Come sta intervenendo il tuo governo nel rendere più efficace e snella la normativa anti-corruzione? Cosa hai imparato dagli scandali passati? Quando inizierai a selezionare la classe dirigente sulla base di criteri anche questi trasparenti e meritocratici?
Quindi, sulla base di queste domande al momento senza risposta, mi chiedo quale possa esser la considerazione attuale che la politica ha dei propri elettori. Si, siamo nel paese nel quale l’analfabetismo di ritorno la fa da padrone. Ma vedo anche una percentuale di astensione che cresce a livelli vertiginosi e un partito di governo che prende il 40% tra chi non si é astenuto diminuendo di fatto il numero effettivo di voti per il proprio partito ma celebrando come se non ci fosse domani. Sta passando l’erroneo messaggio che oggi basti vincere e non convincere. Lo trovo fortemente limitante.
Tornando alle Olimpiadi, ci mancano i requisiti primari per poter pensare di saperle organizzare. Non siamo capaci di scegliere i migliori a gestire progetti più o meno complessi. Il Governo Renzi, specialmente una bella fetta di ministri PD, oltreché i candidati alle regioni espressioni del(la continuità) “Renzi-Bersanismo”, ne sono una plastica e quotidiana testimonianza.
Dopo aver scelto i migliori, dovremmo esser in grado di metter su una squadra – scusate la voluta ridondanza – che promani senso di squadra e non sia composta da solisti scoordinati tra loro. Ma in questo, siamo tendenzialmente incapaci e all’estero lo sanno benissimo e bocciano spesso le nostre velleitarie candidature.
Molti di queste, si sono basate sulla costruzione di una narrativa trasognante ma oggettivamente irrealizzabile. Bastava dare un’occhiata alle surreali, parcellizzate governance tirate fuori dal cilindro, che avevano la funzione di dare visibilità a molti ma anche la certezza, a chi le giudicava, che sarebbe stato impossibile prendere decisioni in quella selva di illustri intellettuali.
A corollario di quanto appena esposto, e latitante in maniera vistosa – sì, ti si nota di più se non ci sei – é la capacità di visione che una leadership trasformativa sa proporre coinvolgendo la propria comunità. Coinvolgendo, non gettando fumo negli occhi.
A giudicare da questi punti dovrei esser d’accordo con Carlo Maria, ma in realtà, resto un eterno ottimista e penso che ci sia la possibilità per ingenerare nuovamente entusiasmo e un nuovo inebriante afflato verso ciò che non é ancora successo e non conosciamo: il futuro.
Ma per fare questo bisogna invertire la cultura dominante, soprattutto della parte, anzi delle parti migliori del nostro paese – sia di chi lo popola quotidianamente che di chi come me lo vive a distanza, dando il contributo di chi vede le cose da un’altra prospettiva. Invece di coltivare piccoli orticelli auto-referenziali, queste parti devono prendersi la briga di sentirsi e di agire come “la parte migliore del paese.” Per il momento vincono i mediocri e perdiamo tutti.
Bisogna costruire ponti. Ne siamo capaci? Ma soprattuto, lo vogliamo? Vogliamo crescere e aumentare esponenzialmente l’impatto della discontinuità culturale che sventoliamo come bandiera?
Questo giovedì facciamo un primo tentativo a Palermo. Ve lo racconto nel prossimo post.
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