Partiti e politici

Rifondazione Montiana

5 Febbraio 2015

Sabato 31 gennaio, mentre il Parlamento in seduta comune eleggeva il serafico Mattarella al Quirinale, l’Hilton di Roma fungeva da sontuosa cornice all’auto-proclamazione di un nuovo aspirante leader per il centro-destra: l’ex Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera. Niente loden montiani in circolazione né profumo di canfora. Chi non ricorda l’algido Professore che, sempre molto sobriamente e quasi imbarazzato, disvelava a pochi mesi dalle elezioni politiche il simbolo del suo partito? Quella stessa Scelta Civica che, lasciatasi alle spalle il fugace exploit dei Tre Moschettieri del Terzo Polo (Monti, Fini e Casini), si è progressivamente inabissata nell’irrilevanza. L’ex commissario europeo alfiere dell’austerity all’italiana, mancata malamente l’elezione alla Presidenza del Senato e bruciate tutte le carte per essere assiso sul Colle più alto della Repubblica, è stato ingenerosamente dimenticato dalle cronache. La sua creatura, già messa a dura prova dall’attrazione del magnete Renzi (vedere alla voce Romano) si lacerava nel frattempo in mille correnti. L’ex presidente post-missino della Camera ha subito l’onta del naufragio della sua pallida Fli ed è parimenti uscito dai radar (nonostante qualche disperato tentativo di riconquistare la ribalta mediatica). Il più scafato dei tre, l’intramontabile Casini, si è fiduciosamente ritirato nell’ombra mentre il suo nome veniva valutato, insieme a quello di Amato, come il più “quirinabile” dal ticket del Nazareno Renzi-Berlusconi. Speranza mal riposta e vanificata dalla mossa a sorpresa del Ragazzaccio di Firenze: un democristiano è salito comunque al Colle, ma non si è trattato del brizzolato pupillo di Forlani.

Il finale a sorpresa del “romanzo Quirinale” si è peraltro lasciato alle spalle altre vittime illustri. Primo fra tutti, lo spaesatissimo leader di Ncd Angelino Alfano. Puledro democristiano conterraneo di Mattarella, costretto inizialmente alla scheda bianca per non spaccare il suo partitino e rientrato prontamente nei ranghi perdendo pezzi importanti (vedi alla voce Sacconi e Saltamartini). L’accoppiata Fratelli d’Italia-Lega salviniana si è accontentata di sventolare la bandiera di Vittorio Feltri. Il primo a irridere tale azzardata candidatura. Forza Italia, umiliata dal voltafaccia del premier, si è balcanizzata in mille scontri al calor bianco (vedere alla voce Fitto). Il trionfo di Renzi nella partita più delicata della sua giovane Presidenza ha segnato, come denunciato con densi riferimenti intellettuali da Gennaro Sangiuliano su Il Sole 24 Ore, il tramonto spengleriano del centro-destra italiano?

A raccogliere i cocci di quel bacino moderato di cui Silvio Berlusconi ha incarnato per due decenni l’incontrastato leader carismatico si candida, con una buona dose di azzardo, l’ex banchiere sessantenne Corrado Passera. Dopo un’incursione nelle librerie con il pamphlet dall’enigmatico titolo “Io siamo” e un tour per il Paese, il ministro più in vista del governo tecnico montiano ha lanciato il suo nuovo partito: Italia Unica. Da “io siamo” a “ci siamo”, dichiara enfaticamente il sito web di IU. L’atmosfera dell’Hilton di Roma è quella delle grandi occasioni: si vedono drappelli di giovani attivisti con le bandiere del partito (lo stemma è uno strano coacervo di forme geometriche tricolori), folle di delegati in giacca e cravatta discutono davanti ad un caffè mentre una successione di accattivanti canzoni pop si distingue appena per via del concitato brusio. “Era dai tempi di Forza Italia che non si vedeva una convention di partito degna di questo nome!” sospira qualcuno. “Ora che Silvio è fuori uso…occorre un nuovo leader!” sussurra un altro, sbirciando il profilo stilizzato di Passera sul cartellino che gli pende dal collo. Poco dopo le tre ecco l’atletico ex ministro in camicia azzurra fare il suo ingresso nel salone. Un video celebrativo dell’Italia (dalla borraccia di Coppi e Bartali al viso rassicurante della Cristoforetti) ha scaldato la platea, quasi ad inserire l’evento nella più ampia cornice della storia repubblicana. Il volto impenetrabile di Mattarella appare improvvisamente sullo schermo, seguito dalle note dell’inno di Mameli. Passera, affiancato dalla splendida moglie Giovanna Salza, si appoggia la mano sul cuore.

Il resto del pomeriggio scorre in un susseguirsi ben dipanato di interviste, video e concioni dal palco. Rosaria Renna, nota conduttrice radiofonica, dà all’evento di partito un tocco di glamour. In platea siedono pensosi l’ex ministro montiano Mario Mauro e il già finiano Mario Baldassarri. L’economista ultraliberista Nicola Rossi, già presidente della montezemoliana Italia Futura, lancia strali e battute al vetriolo all’indirizzo del premier Renzi. Si alternano sul palco sindaci berlusconiani stregati dal verbo passeriano e i delegati delle Porte, le sezioni già presenti e attive sul territorio. Il comizio del leader, acclamato Presidente, vola alto senza sfociare nella retorica a buon mercato. Trafigge quelli che considera i quattro populismi avversari (Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi), squaderna le proposte pro-crescita sparando ad alzo zero contro il governo, non rinnega l’esperienza nell’esecutivo montiano pur marcando nettamente le distanze dalle avverse fortune politiche del Professore. Lo stile è pacato, da convention aziendale. Non vi è traccia dell’istrionismo berlusconiano né della torrenziale veemenza grillina. Anche la fluviale ed immaginifica retorica renziana sembra scolorare di fronte all’incedere piatto, appena rivitalizzato da estemporanei incitamenti e constatazioni commosse, dell’ex ministro. IU si candida a diventare il primo partito del Paese, butta là Passera. È forse il primo a rendersi conto che la strada è accidentata e che la “traversata nel deserto” richiederà ben più di un fondale cool dispiegato nei sotterranei di un lussuoso albergo romano. Addita ad un certo punto, con malcelato disgusto, il pericolo concreto che prenda forma un nuovo “mammut politico”: il Partito della Nazione, lo Scudo Crociato 2.0. Sarà proprio nelle praterie moderate lasciate sguarnite dalla ritirata del Cav. che Passera punta a pescare consensi: la chiama, con un termine vecchio stile, la “maggioranza silenziosa”. Ammicca a fasce strategiche di elettorato proclamando: “Immigrazione? Va bene integrare, ma non c’è più posto!”. Rivendica con passione i propri successi professionali, rievoca i tempi d’oro del risanamento di Poste Italiane, prende le distanze da qualsiasi leaderismo. Il nome nel simbolo non c’è, è vero, ma è proprio per l’assenza di leader efficaci che un centro-destra solitamente maggioritario annaspa nei sondaggi, sbriciolato in mille parrocchie neo-missine, post-leghiste e democristianeggianti. “La rivoluzione è possibile” è la scritta che campeggia sulle pareti azzurrine della sala.

Riuscirà Passera laddove Alfano, seppur saldamente sulla poltrona del Viminale, sembra per ora aver fallito? Le percentuali da prefisso telefonico dell’ Udc allargata alfaniana a trazione meridional-ciellina non fanno ben sperare. Sembra non aver perso valore la legge di Fini: il riscontro elettorale dei movimenti personalistici (spesso più presenti nei pastoni dei TG che nelle urne) è inversamente proporzionale al prestigio della carica occupata dal leader. Più alto lo scranno, più bassi i suffragi. Se lo “spettro di Banquo” rappresentato da Fini sembra tormentare le notti dell’ex delfino di Berlusconi (inchiodato alla sua cronica mancanza del “quid”) quale destino riserverà l’Italicum al neonato partito passeriano? Basterà un mix ben dosato di “rivoluzione liberale” e richiami conservatori per farsi spazio tra il turbo-populismo di Salvini e l’egemonico centro-sinistra neoulivista del Rottamatore? Per rubare le parole messe in bocca al Cancelliere Ferrer dal Manzoni ci viene da sussurrare: “adelante, Corrado, con juicio!”.

 

 

 

 

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