Costume
Quando domenica era sempre domenica
Il 1° settembre del 1960, dopo 13 giorni di agonia, muore Mario Riva. Stava organizzando uno dei più grandi spettacoli musicali della giovanissima televisione italiana, dall’Arena di Verona, quando ha sbagliato il percorso verso il palco ed è caduto in un buco coperto solo da un telone di plastica. Cinque metri, poi infiniti scalini, e schegge di legno, fratture, ferite, una delle quali, al polmone, gli costerà la vita.
Lo so, non sapete chi fosse Mario Riva, ed è per questo che scrivo queste righe. Non potete immaginare cosa fosse la televisione, che è quell’apparecchio in grigio chiaro e grigio scuro, pieno di disturbi, che l’Italia intera va a vedere al bar o in locali appositi, trasformando alcune trasmissioni in esperienze collettive di socializzazione. Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello li tolgono dal video perché fanno una scenetta con una delicata presa in giro del presidente della Repubblica. Vittorio Gassman perché, nel suo Il Mattatore, prende in giro la TV stessa. Una cosa proibitissima.
Mario Riva no. Mario Riva è come un padre sorridente, sornione, gentile fino all’esasperazione, ma lavora in una squadra vincente: Garinei e Giovannini per l’organizzazione, Antonello Falqui alla regia, Gorni Kramer a dirigere l’orchestra. I migliori che avessimo. La trasmissione si chiama “Il Musichiere” e si basava su un meccanismo semplice e divertente. I due concorrenti seggono su due sedie a dondolo, e davanti a loro, all’altra estremità dello studio, ci sono due campane. Il cantante intona una melodia, chi la indovina deve alzarsi e correre alla campana per primo.
Quanto agli ospiti, il meglio che ci sia al mondo: Louis Armstrong, Gary Cooper (fantastica l’intervista con Cooper che parla inglese e Riva italiano, e nessuno dei due capisce l’altro), Jack Palance, Perry Como (che si mette a parlare ed a cantare in abruzzese, perché la sua famiglia viene da Antrodoco… e poi tutti gli italiani famosi. Mina e Celentano vengono lanciati insieme, in duetto, facendoli uscire da un juke-box esploso. Nel coro della trasmissione, oltre a Carla Gravina e Marilù Tolo, anche Nino Manfredi, Delia Scala, Paolo Panelli, Bice Valori, Gina Lollobrigida, Dario Salvatori, Enza Sampò, Aroldo Tieri, il primo annunciatore del TG1 Riccardo Paladini – e tanti altri, che sono poi diventati gli angeli del neorealismo italiano. Guardate il video che ho allegato, sono tutti insieme a cantare per Mario.
Ma su tutti c’è Mario Riva, che porta la gente a ridere senza offendere mai, che sprizza gioia di vivere ed incarna un’Italia improvvisamente uscita dalla miseria ma sempre contadina, piena di timidezze e complessi di inferiorità. Poveri ma belli, è il concetto che mi viene subito in mente. Un mito costruito con grande lavoro dall’intera industria culturale democristiana, sia al cinema che alla TV. Mario Riva presenta, finge di bisticciare, fa da spalla a Walter Chiari ed a tutti gli altri, cita Petrolini, ed alla fine canta un brano scritto da lui insieme a Kramer per uno spettacolo teatrale, “Domenica è sempre domenica”.
Una canzone allegra e malinconica, che racconta di una Roma ancora legata alla Chiesa e già lanciata col motoscooter verso Fregene, Ostia e Torvajanica, di quelle mattine indimenticabili di aria tersa e sole radioso in cui Roma splende come nessun’altra città al mondo. Mario Riva portava il colore nella TV in bianco e nero, passando non per gli occhi, ma per l’udito e il cuore. Quella sera a Verona, invece, ha voluto fare d più. L’intera Arena è al buio, lui avrebbe dovuto accendere una sigaretta e quello sarebbe stato il segnale per tutto il pubblico per far partire il proprio accendino. Una cosa che, allora, non ha fatto mai nessuno.
Quando, dopo 13 giorni agonia, Mario Riva si è spento, con lui si è spenta l’Italia bella e avventurosa, ambiziosa e gentile, scatenata e timida, che in quella estate ha trovato un altro eroe, un ragazzo con gli occhiali di nome Livio Berruti, che ha vinto i 200 metri alle Olimpiadi. Ma non c’è niente da fare, Mario Riva non lo si può replicare, anche se, negli anni successivi, la censura allenta la presa e la televisione vive gli anni migliori, quelli con tutte le eroine e gli eroi cui abbiamo donato il cuore per sempre e che nessuno potrebbe mai sostituire.
Ma se volete andare in fondo, all’origine della bellezza, in quella contraddizione tra la burocrazia post-fascista, le tensioni tra DC e PCI, il boom economico e l’esplosione delle lotte sindacali, e cercate la parte più dolce e malinconica della nostra Terra, allora dovete ascoltare Mario Riva, e piangerne ancora quell’uscita di scena assurda, a soli 47 anni, quando il sogno italiano era ancora intatto. Come i nostri cuori e le nostre coscienze.
https://www.youtube.com/watch?v=w51G02sWuZo
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