Roma
Quando a Roma trionfava la pornocrazia
Ci fu un momento, nella storia della Chiesa, che la cattedra di Pietro fu nelle mani di una nobildonna tanto bella che spregiudicata, capace di servirsi delle proprie arti femminili per piegare alla sua volontà nobili, papi e principi: quel tempo venne indicato come l’era della pornocrazia vaticana.
La nobildonna, di cui parliamo, si chiamava Maria, ma era meglio nota come Marozia, figlia di Teofilatto dei conti di Tuscolo, forse il membro più potente del Senato romano e di Teodora, illustrissima senatrice.
Marozia, fu descritta dal cronista Liutprando da Cremona – con disprezzo e una buona dose di cattiveria – come, una «sfacciata puttana … che esercitò il suo potere nella città di Roma peggio di un uomo… che chiavava prelati e cardinali per governare e ottenere favori». Se effettivamente le cose andarono come le descrive il cronista (ma non solo lui), Marozia grazie al suo potere di seduzione riuscì a conquistare il cuore di papa Sergio III, pontefice di poco chiare origini da qualcuno indicato come figlio di papa Benedetto III, papa molto amato dai romani.
Fra Marozia e papa Sergio c’era una notevole differenza d’età, la prima era nata nell’ 892 mentre il secondo approssimativamente nell’870, la loro relazione era iniziata quando bella aristocratica aveva appena quindici anni.
Pare che dalla relazione scandalosa sia nato attorno al 910 un figlio, Giovanni il quale, per coprire lo scandalo fu attribuito al duca di Spoleto Alberico I, anche lui, prima amante e poi marito di Marozia dal quale la donna aveva avuto ben quattro figli.
Morto il marito Alberico, Marozia, dopo essere passata da letto in letto, sposò il margravio Guido di Toscana.
Intanto, grazie alle sue arti seduttive, era riuscita a imporre sul trono di Pietro proprio quel figlio di papa Sergio che giovanissimo, nel 931 divenne papa col nome di Giovanni XI.
Con il figlio papa, Marozia divenne ancor più potente, continuò la sua vita scandalosa, pare che prediligesse i prelati, mentre tutte le decisioni relative alla vita della Chiesa erano assunte da lei mentre Giovanni viveva nella sua ombra.
Ma non finì qui. Dopo la morte del secondo marito Guido di Toscana , Marozia decise di sposare l’aspirante candidato al trono imperiale Ugo di Provenza, decisione assunta per dare sfogo alla sua mai soddisfatta sete di potere.
Il matrimonio con Ugo fu celebrato in Castel Sant’Angelo dal figlio papa.
Per l’occasione , il mausoleo di Adriano fu trasformato in residenza della coppia, l’alcova era collocata proprio nel luogo in cui c’era stata la tomba dell’imperatore.
Ma quel matrimonio, momento più alto dello splendore di Marozia, ne sancì il declino.
A porre fine al suo potere provvide il di lei figlio Alberico II, duca di Spoleto e fratellastro del giovane papa e figlio di Alberico I.
Alberico, dopo avere sollevato il popolo contro Ugo e la madre, fece chiudere in un convento Marozia dove morì.
In quanto al fratello papa, Alberico lo fece chiudere nel palazzo del Laterano, sotto la sua vigile sorveglianza, esautorandolo da ogni funzione. Nel 936, Giovanni XI, inaspettatamente venne meno, qualcuno sospettò che fosse stato avvelenato.
Alla morte del fratello, Alberico riuscì ad imporre come papa Leone VII, un monaco benedettino che di fare il papa non ne voleva sapere, creando le premesse perché Ottaviano, il di lui figlio, ascendesse al trono pontificio.
Ottaviano, infatti, a 18 divenne papa con il nome di Giovanni XII. Storie tristi di una chiesa, prigioniera di uomini ambiziosi e donne scandalose , che aveva perso molta parte della sua sacralità.
La storia di Marozia, rielaborata, pare sia stata all’origine del mito della papessa Giovanna.
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