Roma
Retake Roma: la città eterna vale più di una cupola
Scriveva Tito Livio che è tipico dei Romani saper soffrire, e poi agire in grande.
Certo, i cittadini romani di oggi non sono più gli stessi che conquistarono quasi ogni parte del mondo allora conosciuto, dalle gelide lande della Britannia ai deserti infuocati della Persia. E, a differenza che ai tempi di Livio, le loro grandi battaglie non si combattono contro i cartaginesi o i barbari al confine, ma sono quelle che infuriano ogni mattina all’orario di punta sui mezzi dell’Atac, o durante i frequenti temporali che mandano puntualmente in tilt il traffico cittadino.
I problemi odierni della città capitolina sono simili a quelli che affliggono buona parte delle moderne metropoli occidentali, solo che nel caso di Roma vanno moltiplicati al quadrato. Ma perché?
Dire la città eterna è stata amministrata male equivale praticamente a scoprire l’acqua calda. Negli ultimi tre decenni la capitale si è ritrovata quasi sempre guidata da incompetenti (quando è andata bene) o da incompetenti in odore di criminalità organizzata (quando è andata peggio). Venticinque anni almeno di pessima gestione ad ogni livello ne hanno prosciugato le risorse, l’hanno quasi del tutto privata di fiducia, slancio, crescita. La città ha accumulato un debito enorme, bruciando una montagna di soldi e di risorse, e allo stesso tempo è rimasta indietro in quasi ognuno dei settori chiave per lo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda i servizi a turisti e cittadini. E oggi Roma e i romani pagano tutto questo.
La città si presenta insicura, sporca, con vaste zone periferiche abbandonate a loro stesse. E come sempre accade quando la legalità lascia dei vuoti, sono altre le forze che sono andate ad insediarsi in quegli spazi: criminalità, infiltrazioni mafiose, razzismo, degrado.
Di sicuro, sono molti i colpevoli per questa situazione. Dal Campidoglio alle Municipalizzate, dagli amministratori ai semplici cittadini disonesti. Alcuni nomi stanno finalmente venendo allo scoperto, ora che la magistratura sembra aver deciso di scoperchiare la cosiddetta “Cupola”, il sostrato mafioso che ha messo sotto scacco la città negli ultimi anni, attraverso la maxi inchiesta “Mafia Capitale” (che ha già portato a trentasette arresti; tra gli indagati, come si sa, c’è anche l’ex primo cittadino Gianni Alemanno). E forse, a qualcuno che fino a ieri si era sentito intoccabile, hanno cominciato a tremare i polsi.
Ovviamente, sete di giustizia a parte, per i romani c’è poco da gioire. L’immagine della città ne è uscita distrutta, umiliata, persino sbeffeggiata. E tuttavia, anche così, pure nel pieno dello scandalo che ne sta infangando il nome in tutta Italia e nel mondo, giova ricordare a tutti che Roma non è soltanto quella mafiosa ed affarista “der Sistema”, e nemmeno quella grottesca e priva di valori di Sorrentino ne “La Grande Bellezza”.
No, Roma rimane, con tutte le sue contraddizioni, una città fatta da persone di ogni tipo, non diversamente da ognuna delle altre metropoli d’Italia. Anzi, Roma è esattamente lo specchio di questo nostro paese.
Tra i suoi palazzi, tra i suoi monumenti unici al mondo, vive e si agita una parte di cittadinanza marcia, malata, inguaribilmente ostile alle regole, alla legalità, prepotente nei confronti della maggioranza silenziosa, troppo spesso abituata a chinare la testa, ad accettare che le cose vadano male e che non si possa fare nulla per cambiarle.
Ma allo stesso tempo c’è una parte della cittadinanza sana, attiva, propositiva, che non è disposta a farsi tacciare di mafiosità, di lassismo, di incuria. E che ha deciso di dimostrarlo con i fatti, e di alzare la voce.
Un esempio concreto? Il movimento antidegrado del “Retake Roma”.
Si tratta di un movimento spontaneo di cittadini volontari, da pochi giorni formalizzato in una Onlus, che mira a ripulire la città eterna dal vandalismo in ogni sua forma: scritte sui muri, adesivi e manifesti abusivi, sporcizia ed incuria. Piaghe che attanagliano molti quartieri della capitale, soprattutto quelli esterni al perimetro del centro storico, e che prese nel loro insieme incidono di molto sulla qualità della vita dei cittadini di una metropoli.
Retake Roma organizza eventi di “clean up” nei diversi quartieri della città, durante i quali sono gli stessi cittadini a darsi appuntamento per contribuire attivamente al decoro degli spazi dove vivono, magari raschiando via un manifesto abusivo, riverniciando una panchina o il cassonetto sotto casa, piantando fiori negli spazi verdi abbandonati. Con risultati finali, talvolta, davvero sorprendenti.
Il movimento Retake Roma conta ad oggi più di 19mila cittadini iscritti, ed è in crescita esponenziale. I suoi interventi di decoro partecipato stanno diventando sempre più vasti e numerosi e recentemente anche il comune di Roma Capitale è sceso in campo con i suoi mezzi per aiutare i “retakers” nei loro interventi, andando a stabilire in tal modo una collaborazione attiva e fruttuosa tra istituzioni e cittadini (solo qualche settimana fa c’è stato il primo incontro ufficiale con il sindaco Ignazio Marino, durante il quale i volontari hanno consegnato al primo cittadino una parte degli adesivi abusivi staccati nei loro interventi).
Parallelamente, anche l’attenzione mediatica sul fenomeno, all’inizio piuttosto timida, sta finalmente aumentando, favorendo la diffusione del movimento in tutta la città.
In questo contesto, è interessante notare come, proprio su chiara imitazione di quanto sta avvenendo nelle strade della capitale, stiano nascendo analoghi movimenti “Retake” in altre città italiane, da nord a sud. Sono già attivi ed operativi ad esempio gruppi di “retakers” a Milano e Bari, a Firenze e Varese, a Bracciano e a Tivoli, ed altri ancora se ne stanno formando.
Ed allora ecco che Roma, quando si parla della sua parte virtuosa, ci ricorda di poter essere ancora all’avanguardia, di saper ancora presentarsi come un esempio di civiltà. E ci dimostra che una larga parte della cittadinanza ha voglia di lasciarsi finalmente alle spalle i tempi della “cupola” (la minuscola non è casuale), e di lavorare insieme per riprendere in mano il destino della città eterna.
E chissà che forse, anche grazie anche al loro impegno quotidiano, non possano tornare ad essere un po” meno lontani i tempi in cui Stenhdal scriveva: «Ci si annoia talvolta a Roma il secondo mese di soggiorno, ma giammai il sesto. E, se si resta sino al dodicesimo, si è inesorabilmente afferrati dall’idea di stabilirvisi».
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