Partiti e politici
Parisi 1, Parisi 2 e Parisi 3. L’involuzione di un’immagine
C’è un Parisi 1, un Parisi 2 e un Parisi 3.
Io corro per Milano, il Parisi 1. E’ quello della discesa in campo. Candidato a Sindaco di Milano, con un profilo di quelli utili: non è un politico di professione, non è un “cittadino” fuori corso che vanta nel curriculum di aver fatto lo steward in qualche stadio d’Italia. Parisi è un manager rinomato, con un passato socialista (cancellato dalle memorie) e tanti incarichi prestigiosi nel pubblico come nel privato. Nella fase in cui siamo, con parecchi elettori incerti e disillusi, tra politici “ladri” e dilettanti allo sbaraglio, era una buona scelta per i partiti tradizionali, specie nel contesto milanese. Come lo era Sala, d’altronde. Un candidato con un valore aggiunto per la coalizione a supporto.
Energie Per l’Italia, il Parisi 2. E’ quello che, sulla scia del buon risultato di Milano (sconfitta onorevole), si mette in proprio e lancia Energie Per l’Italia (EPI). E’ la classica fase della sopravvalutazione di se stessi e soprattutto degli elettori. Quella in cui prevale il seguente ragionamento: “i partiti sono morti, i politici di professione pure. Io sono in gamba, competente, ho buone relazioni, sono in grado di fare una squadra eccellente, per cui scalerò l’Italia”. In questa fase viene fuori il Parisi non politico, come poco prima venne fuori il Passera non politico, e come ancor prima emerse il Monti non politico. Gli elettori sono ignoranti (politicamente soprattutto), tifosi e disattenti: anche il miglior Parisi non avrebbe potuto scalare un bel niente. Anzi, il miglior Parisi, col miglior programma e la squadra più competente del mondo sarebbe finito nel dimenticatoio… perché per catturare l’attenzione scarsa degli elettori disattenti serve altro. Servono bombe emotive, proposte (spesso) irrealizzabili, “sogni e incubi” che mobilitino i media e di conseguenza l’opinione pubblica. Pardon, l’emozione pubblica. E infatti… il Parisi 2 pian piano sparisce dai radar, fino alla settimana scorsa in cui ha cercato, nella sua “bolla di semi-invisibilità”, di minacciare (implorare) il centrodestra che stava tenendo fuori EPI dalla coalizione per le politiche. Niente da fare, Berlusconi, Salvini e Meloni sono rimasti insensibili alle minacce, chissà perché… Fatto sta che, “orgogliosamente”, Parisi 5 giorni fa postava su Facebook l’intenzione di EPI di andare da sola alle elezioni.
Energie Per il Lazio, il Parisi 3. E’ quello di oggi, che, resosi conto della mancata scalata e delle prospettive azzerate di EPI, sfrutta il solito delirio delle candidature del centrodestra (cfr. comunali di Roma) e rispunta come candidato ri-perdente alla Regione Lazio, in cambio di qualche seggio in Parlamento e di una visibilità finora “introvabile”. E’ il Parisi più politico, che fa i conti con la realtà e scende a compromessi con chi fino a ieri l’ha considerato, letteralmente, inutile. Mette da parte i “sogni di gloria” di una nuova rivoluzione liberale e meritocratica e si prende 2-3 seggi utili e quella porzione di palcoscenico che riuscirà ad avere in campagna elettorale. Dal canto loro, i big del centrodestra hanno finalmente trovato un candidato (fuori tempo massimo, in una ricerca che stava assumendo tratti caricaturali) e simultaneamente hanno cancellato EPI dalla cartina elettorale dell’Italia.
Ora, qualcuno potrebbe dire: si ma in fondo è sempre il Parisi 1, un tecnico esperto e competente, potrebbe funzionare. Potrebbe certo. Ma ciò che conta non è il Parisi reale, bensì quello percepito. Non il candidato, ma l’immagine del candidato. Tutto sta a capire quanto gli elettori sono stati disattenti finora, quanto saranno abili gli avversari a calcare la mano sull’evoluzione-involuzione dalla fase 1 alla fase 3 e quanto infine i tifosi del centrodestra del Lazio, dopo promesse di primarie, sondaggi, decine di candidature scartate, sceglieranno come presidente l’ennesima invenzione calata dall’alto all’ultimo minuto. Scartata, peraltro, proprio dai suoi inventori fino a 48 ore fa. Nel pieno della fase “troviamo un candidato”, non è stato degno neanche di un sondaggio, tanto era considerato “out”…
Fosse stato scelto due mesi fa, prima di bruciare manciate di candidati e di sondarne altrettanti, sarebbe stato diverso. Il Parisi 3 non sarebbe mai arrivato e il Parisi 2 sarebbe stato ancora qualcosa di simile al Parisi 1. Un buon candidato, con un profilo che può funzionare (anche se con la sconfitta, peraltro a Milano, nel CV). Ma due mesi fa Berlusconi & Co. erano convinti che il “vento di destra” avrebbe portato il Lazio in dote anche se avessero candidato Dudù e dunque giravano nomi improbabili o “scaduti” poi fatti fuori a suon di sondaggi. Oggi, dopo questo campionario di capriole, colpi di scena, kamikaze, “poltrone e divani”, verosimilmente non servirebbe a niente neanche il Parisi 1, anche perché intanto, purtroppo, è diventato 3.
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