Religione

Non si può rimanere sempre sani in un mondo malato

29 Marzo 2020

E’ già storia ciò che abbiamo visto venerdì sul sagrato di San Pietro, storia nel senso che è già qualcosa che abbiamo radicato bene in noi, di cui tutti abbiamo parlato, e in cui tutti abbiamo sperato. Perché i gesti importanti hanno questa capacità, quella di fissarsi chimicamente nelle nostre vene, nei nostri occhi, nei nostri cuori. E il ricordo di ciò che abbiamo visto è ancora più vivo per il fatto che mentre il Papa presiedeva il momento di preghiera c’era una pioggia che bagnava e lavava tutto, anche la sottile patina di grigio che si è posata su tutti noi, sulle case e sulla vite di tutti noi, in questi giorni. E’ epocale quello che stiamo vivendo, è epocale ciò a cui abbiamo assistito ieri, è già storia.

Il Pontefice ha attraversato una piazza San Pietro vuota per arrivare alla scalinata che lo separava dal loggiato allestito apposta per ospitare questo momento di preghiera, sotto la pioggia. E’ questa l’immagine che ha colpito tutti, quella solitudine di chi, come fece Cristo, seppe caricarsi sulla spalle la sorte del mondo, mandando con quel gesto un messaggio al Padre. Io insieme a mia moglie, come tutti, abbiamo assistito alla scena dal divano, qualcuno ha commentato che sembrava una scena di Sorrentino. Il cinema ha una potenza evocativa che la realtà finora non aveva mai avuto, da ieri siamo in pareggio.

Sono state la parole del Pontefice a scolpire però ancora più a fondo le immagini a cui abbiamo assistito. Parole che hanno tracciato una riflessione a tutto tondo sui tempi che stiamo vivendo, e in cui la questione del Coronavirus sembra solo un-di-cui piuttosto che la causa principale. Perché risaliremo alle cause di questa pandemia, per ora circolano ipotesi, si studiano la casistiche, si formulano congetture, ma c’è un fenomeno che non sfugge a nessuno, quello di esserci trovati tutti sulla stessa barca, dalla Cina al Principato di Monaco, dagli Stati Uniti d’America a Lodi, e allo stesso tempo abbiamo scoperto di essere tutti importanti e tutti necessari, tutti chiamati a remare insieme.

Evoca la tempesta il Santo Padre, quella che nel Vangelo di Matteo aveva sorpreso i discepoli e Gesù mentre si trovavano in mare su una barca. E le sue parole qui si fanno confessione collettiva e preghiera. “Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: Svegliati Signore!”.

Papa Francesco ci fornisce poi una traccia da seguire, tutti, credenti e non. Pone l’accento non tanto sul credere nel Signore, quanto nel provare a accostarsi a Lui, provando a fidarsi di Lui. E ci invita a fare la nostra scelta, scegliere cosa conta a cosa passa nella vita di ciascuno di noi, e a separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. “E’ il tempo di reimpostare la rotta della vita verso si Te, Signore, e verso gli altri”. E’ un dialogo a tu per tu quello a cui abbiamo assistito, una delle cose più intime che io ricordi. Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento aveva avuto la stessa forza contro la mafia, ieri però siamo stati testimoni di qualcosa di diverso, di una preghiera del segreto fatta in mondovisione.

E’ il comandante di una barca che procede nonostante tutto quello che abbiamo visto pregare in silenzio davanti al crocifisso di San Marcello al Corso. L’inizio della fede è sapersi bisognosi di salvezza, ha detto Papa Bergoglio, “non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai”. Almeno proviamoci, mi viene da aggiungere mentre assito alla parte finale del discorso del Papa.

“In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi”. Apre alla speranza pasquale il Santo Padre, sottolineando questa Quaresima così strana che siamo stati costretti a vivere in tv e tramite i messaggi di Whatsapp, lontani dalle parrocchie e dalle chiese che frequentiamo abitualmente. “Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi”.

Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta.

Foto: Vaticannews.va

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