Roma
Nel Pd romano dei Luoghi Ideali vince ancora chi urla più forte
Dallo scandalo di Mafia Capitale, al caso Ostia. Dalla guerra delle correnti, fino al commissariamento di Matteo Orfini. Sono bastati pochi mesi, dopo l’esplosione dell’inchiesta giudiziaria “Mondo di Mezzo” e il Pd romano già sembra un altro partito. Un intero pezzo di classe dirigente, quello che lo ha reso “cattivo e dannoso”, si appresta a fare le valigie, pronto a far posto a una nuova generazione di militanti. La ricostruzione voluta soprattutto dal premier Matteo Renzi, almeno nelle intenzioni, è già in atto. Ed il commissario del Pd romano, Matteo Orfini, ha deciso di affidarla a Fabrizio Barca ed al suo team dei Luoghi Idea(li), pronti a dare vita, attraverso l’operazione #MappailPd, ad una rigorosa ricognizione sul territorio, “partendo presupposto che, per trovare la strada giusta, per apprendere e ripartire dalle esperienze migliori nascoste nel partito – come scrive lo stesso Barca sul suo blog – è necessaria una mappatura dei punti di forza e di debolezza, del buono e del cattivo, dei singoli circoli della città”.
Se c’è un punto privilegiato da cui osservare da vicino questa mutazione obbligata dopo lo scandalo di Mafia Capitale, che ha messo in crisi il cosiddetto “Modello Roma”, quello è circolo di Tor Bella Monaca, dove nel 2013 esplose su scala nazionale il caso delle primarie “tarocche” in vista delle consultazioni amministrative che videro la vittoria di Ignazio Marino. Qui, come altrove, le guerre intestine fra le correnti hanno di fatto paralizzato l’attività dei circoli, generando una frattura insanabile fra i militanti, che per ora nemmeno il commissario speciale inviato da Matteo Orfini, Gennaro Migliore (ribattezzato “‘ndo sta”), è riuscito a risolvere.
Il tema è sentito, insomma. Per questo mercoledì sera ad animare la piccola sala di via dell’Archeologia per partecipare alla prima riunione dei Luoghi Ideali insieme al team di Fabrizio Barca era soprattutto la voglia di ricostruzione di un partito allo stato attuale inesistente. Attesa e speranza, miste a rabbia e rancore anche perché la comunicazione dell’incontro era arrivata solo poche ore prima agli iscritti e alle ore 20 30 la sala era ancora semi vuota. Al mio arrivo vengo salutato da molti dei presenti senza che nessuno ponga problemi al mio ruolo di giornalista. D’altronde l’operazione nei circoli sognata da Barca prevede proprio questo: “Di rilevare la loro capacità di rappresentare i bisogni e le idee dei cittadini, specie della parte più vulnerabile della città; di attrarre giovani e competenze”. Anche attraverso “l’impegno dei non iscritti”, che alla riunione del circolo di Tor Bella Monaca rappresentano la maggioranza, dato che in tanti, contestando formalmente e politicamente le modalità del congresso, hanno preferito non prendere la tessera.
E’ chiaro che in un clima così la discussione sia piuttosto animata fra il nuovo gruppo dirigente e la “vecchia” guardia. Non manca lo scambio di accuse, soprattutto sul passato, dal boom molesto dei tesserati, fino alla chiusura dei circoli dopo la vittoria dei congressi. Storie già sentite, milioni di volte, qui come nel resto della città. Ad essere interessante, tuttavia, è soprattutto l’approccio scientifico del team di Fabrizio Barca, che più volte richiama all’ordine i presenti, chiedendo loro di rispettare il protocollo previsto dai “luoghi ideali”, che comprende perlopiù quesiti formali sull’attività del circolo: numeri, orari, iniziative. E fra mugugni e versioni contrastanti, tutto sommato l’operazione sembra funzionare.
La maggior parte degli interventi critici prende di mira l’operato del presidente del municipio Marco Scipioni. Il presidente in più di una occasione, per difendersi, muove obiezioni alla modalità d’intervento degli analisti di Barca, fino a quando decide che il problema sono io, “il giornalista”, che in tutta la sera non ho proferito alcuna parola. D’un tratto inizia a gridare “Fascista, provocatore”, per un articolo scritto qualche settimana fa in cui raccontavo della presenza nella sua maggioranza di personaggi legati ad Alemanno. Dopo le sue urla, il fatto che sia un non iscritto, come molti dei presenti, non costituisce più un titolo valido per rimanere e a gran voce lo stesso Scipioni chiede che io venga cacciato. Anche coloro che avevano salutato il mio arrivo, invitandomi a partecipare, adesso vogliono che me ne vada. L’assessore municipale che fino a pochi minuti prima si intratteneva con me, spiegandomi che anche senza i voti contestati la sua corrente avrebbe vinto le primarie municipali, intanto ha girato la testa e la terrà china per tutto il tempo della sceneggiata presidenziale.
Il protocollo dei “Luoghi ideali” vacilla. Non contempla soluzioni immediate per questo genere di situazioni. Uno degli analisti di Barca si scusa e con l’aria terrorizzata, mi chiede gentilmente di allontanarmi, senza alcuna motivazione. Come nel dibattito in Parlamento dove Renzi ha imposto la sostituzione di tutti membri della commissione Affari Costituzionali contrari alla riforma dell’Italicum, anche a Roma, in una piccola sezione di quartiere, la normalizzazione del conflitto passa prima di tutto per la prevenzione. Ogni elemento di potenziale disturbo per il capo, deve essere messo alla porta prima che possa disturbare. E anche chi dissente si adegua subito al verbo. Di fronte a questo scenario, raccontare il tentativo virtuoso di un partito, che cerca di estirpare i mali alla radice aprendosi all’esterno, diventa praticamente impossibile. Nel Pd della redenzione post Mafia Capitale, non c’è ancora spazio per le contaminazioni: sono le stesse acque sporche a dover dare vita alla rigenerazione. Non ho detto una sola parola in tutta la serata e mi ritrovo a due ore dall’inizio dell’assemblea preso di petto dal presidente del circolo. Urla, blocca l’ingresso, occupando la soglia della porta col suo corpo. Minaccia:“Chiamo la polizia”, solo perché sono un giornalista. Più che in un luogo ideale, sembra di essere nel Bronx dei film anni 80. Invece è il Pd, quello di sempre.
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