Partiti e politici

Nel Pd dei circoli nocivi mancano ancora nomi e cognomi

20 Giugno 2015

Ripartire dai circoli virtuosi, capaci di “progettare il futuro”, e soprattutto da Marino,  colui che ha respinto il sistema di potere di Mafia Capitale. Senza dimenticare gli esempi virtuosi del passato. La mappatura dei circoli del Pd di Roma, effettuata dall’ex ministro Fabrizio Barca e dal suo team dei Luoghi Ideali, presentata ieri sera nella cornice del Parco delle Valli, senza entrare nel merito, restituisce uno spaccato delle lotte di potere intestine che da anni intasano il partito romano, condizionando pesantemente il destino della città. Non ci sono i nomi e i cognomi dei capibastone e delle correnti, promessi e mai annunciati. Ma chi doveva capire, capirà. “Abitudini e comportamenti che hanno distrutto il Pd di Roma – come ha scritto il commissario Matteo Orfini questa mattina sul suo profilo Facebook-  devono sparire per sempre. E così sarà.”

Nell’introdurre lo studio, condotto da un team di oltre 30 ricercatori universitari, Barca prova a ricostruire brevemente anche la storia della città. Oltre all’attuale sindaco, parole di elogio spettano al primo governo Rutelli (1993), capace di portare al potere una classe dirigente innovativa che tentò di cambiare il volto della città. Se c’è un punto di non ritorno, invece,  è la seconda parte del mandato Veltroni (dal 2005), quella in cui parte dell’opposizione capitolina di centrodestra in breve tempo si trasferì nelle fila del centrosinistra. Tra loro, non è un caso, c’era anche Mirko Coratti, ex presidente dell’assembela capitolina oggi agli arresti nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale.

Più delle singole persone, identificabili solo da chi conosce profondamente il potere cittadino, ad essere messi in discussione nell’analisi introduttiva, sono alcuni dei capisaldi del Modello Roma, che Barca pone alla base della della degenerazione del partito e quindi della città. Fra questi Barca individua l’esternalizzazione dei servizi, che ha generato anche il sistema delle cooperative sociali (decisive nello sviluppo della Mafia Capitale) e soprattutto il sistema dei consorzi di recupero urbano, nati con l’obiettivo di garantire opere pubbliche nelle periferie e divenuti dei veri e propri centri di potere e interessi, in cui poche persone, estranee all’amministrazione, si ritrovano a gestire fondi pubblici, oltre che a condizionare pesantemente l’operato del partito e del governo cittadino in ambito urbanistico.

La dimensione ludica della classificazione dei circoli, schematizzata in sei categorie principali (Progettare il cambiamento, Ponte fra società e Stato, identità, Inerzia catturabile, Presidio chiuso, Potere per il potere) , attenua le polemiche, ma di certo non le annulla. I più infuriati, quando sul finire vengono resi noti  i nomi dei circoli “dannosi”, sono i rappresentanti di quei  27  (su un totale di 110) definiti come “potere per il potere, ossia luoghi in cui ” gli interessi particolari sovrastano o annullano gli interessi generali”. Calato il sipario, in molti di loro accerchiano il commissario Matteo Orfini chiedendo spiegazioni. Tra loro c’è chi garantisce un immediato cambio di rotta  e chi invece ritiene di avere subito una grave ingiustizia:“Hanno detto che 4 dei nostri  circoli sono potere per il potere – scalpita un assessore del VI Municipio – mentre su quello in cui era iscritto Buzzi non hanno avuto nulla da dire”. Nonostante un quarto dei circoli sia stato ritenuto nocivo, il clima è più sereno del previsto. Anche il capogruppo Pd in Campidoglio Fabrizio Panecaldo, che ha osservato nervosamente  la relazione di Barca, a fine serata appare più rilassato. A chi gli chiede un giudizio, risponde ironicamente: “Tanto manco me ce vonno a me ai circoli”. Per la resa dei conti finale, insomma, c’è tutto il tempo. Pignatone permettendo.

 

Il rapporto completo di #MappailPd

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