Governo
Muraro, la donna dei poteri forti che puo’ trascinare la Raggi nel disastro
Probabilmente stavolta sarà difficile agitare lo spettro dei poteri forti, dato che sarebbero entrati dalla porta principale. Così come risulterà improbabile insistere sulla teoria del complotto. Per questo, almeno per ora, ci si rifugia sotto le “pezze” di uno sterile garantismo. “Aspettiamo di vedere le carte”. La possibile indagine a carico dell’assessora all’ambiente di Roma, Paola Muraro, che per circa 12 anni, dal 2004, ha lavorato come referente negli impianti Ama di via Rocca Cencia e di via Salaria dell’Ama, fa tremare il Movimento 5 Stelle e la sindaca Virginia Raggi, che, a pochi giorni dalle dimissioni di Marcello Minenna e del magistrato Carla Romana Raineri, si ritrova già a fare i conti con le prime grane giudiziarie per la sua giunta, senza aver fatto nulla.
Ad essere sotto accusa, infatti, è il passato dell’assessora, che oggi pomeriggio sarà ascoltata dalla commissione Ecomafie. Nonostante i mal di pancia e le indiscrezioni di stampa, che la vedrebbero indagata in un procedimento giudiziario sul sistema rifiuti, in assenza “di pezzi di carta, l’intenzione è quella di lasciarla al suo posto. Il costo, però, se la situazione si dovesse prolungare, rischia di essere salatissimo perché sancirebbe un distacco netto del Movimento 5 Stelle con quei pezzi dello dello stato, primi fra tutti la prefettura e la procura di Roma, che avevano visto di buon occhio l’ascesa del partito Beppe Grillo a Roma, anche per continuare quell’opera di pulizia all’interno dell’amministrazione capitolina, di fatto osteggiata dai partiti tradizionali e resa impossibile, in parte, da una legislazione contraddittoria e farraginosa, specialmente sui dirigenti.
Sono molte, troppe, le figure, che pur non essendo state coinvolte in alcun provvedimento, continuano a mantenere legami scomodi con i protagonisti del passato. E la paura, che serpeggia fra i 5 Stelle, è che la stessa assessora non abbia finito di mettere in imbarazzo la giunta. D’altronde, le inchieste giudiziarie e la commissione d’accesso prefettizia, secondo cui Roma non andava sciolta per mafia, hanno permesso di fare luce solo in minima parte sullo stato dell’amministrazione capitolina (tre dipartimenti su 15, una partecipata su 17 e un municipio su 15, quello di Ostia). E non a caso, l’ex prefetto Franco Gabrielli, testimoniando in aula al processo Mafia Capitale, senza esitazione, parlò “di resistenze e una non grande collaborazione in alcuni gangli dell’amministrazione capitolina”. Con parole diverse lo stesso concetto venne ripetuto dal suo successore, il commissario Francesco Paolo Tronca, che individuò proprio nell’apparato amministrativo l’origine del malaffare e affidò, a pochi giorni dal voto, l’incarico di esaminare le disastrate finanze del Campidoglio alla sua segreteria tecnica.
Anche se la vicenda passò in sordina, l’occasione risultò essere un formidabile assist al Movimento 5 Stelle e ad occuparsi della due diligence sul debito, da sempre osteggiata dal Pd, che addirittura negli ultimi mesi della sua esperienza affiancò al sindaco Marino l’ex assessore Marco Causi, considerato uno dei principali responsabili della questione derivati, sarebbero stati il magistrato Carla Romana Raineri e il dirigente della Consob Marcello Minenna. Gli stessi, che, con uno spirito da “servitori dello stato” e non certo da militanti, accettarono, a precise condizioni, di entrare a far parte della squadra di Virginia Raggi, che nel frattempo aveva trionfato alle elezioni di giugno 2016.
Per questo, fallito il loro apporto, dopo le dimissioni in blocco della scorsa settimana, si apre una nuova fase di incertezze, che solo in minima parte è stata compensata dalla nomina del neo assessore al bilancio Raffaele de Dominicis, il quale, a differenza del suo predecessore, non avrà la delega sulle società partecipate. Il dettaglio non è di poco conto. Perchè proprio su una delle municipalizzate, l’Ama, si sono consumati sin da subito i contrasti maggiori tra l’assessore all’ambiente Paola Muraro e l’ex assessore Minenna, che maldigerì il famoso blitz all’interno della sede dell’azienda da cui scaturirono le dimissioni dell’amministratore Daniele Fortini.
Paola Muraro non è un’esponente del movimento 5 Stelle, ma una lobbista dei rifiuti. E la stessa Virginia Raggi la presentò dal palco di Ostia, pochi giorni prima del voto, come “una che sa dove mettere le mani in Ama”. Il suo curriculum professionale, che l’ha vista collaborare in veste di consulente con tutte le amministrazioni che si sono succedute dal 2004 ad oggi (Veltroni, Alemanno e Marino) è tanto di più distante dall’immaginario costruito dal movimento. Anzi forse l’esatto opposto. Eppure, Virginia Raggi invece di ascoltare i segnali provenienti dalla procura, che già ad agosto aveva lanciato messaggi chiari, facendo trapelare le sue intercettazioni con Buzzi, ha preferito sostenerla con forza nella battaglia contro l’ex ad di Ama Daniele Fortini.
L’errore non è trascurabile per una forza come il M5S, che nel pieno sostegno alla magistratura, ha costruito gran parte della sua credibilità. Fortini non avrà brillato nella gestione dei rifiuti, e d’altronde sarebbe stato impossibile per chiunque dopo la chiusura di Malagrotta, ma rimane uno dei pochi in seno all’amministrazione capitolina ad aver collaborato in maniera costante con la procura. Oltretutto è uno dei testimoni chiave del processo Mafia Capitale, dove interi vertici del passato di Ama, come l’ex presidente Franco Panzironi, con cui il tanto discusso dirigiente alemanniano Raffaele Marra collaborava ai tempi dell’Unire, o Giovanni Fiscon, ritenuto vicino alla Muraro, siedono dalla parte degli imputati. Averlo trasformato, per difendere la Muraro, nel nemico numero uno, rischia di trasformarsi in un boomerang di cui pochi all’interno del Movimento hanno capito la portata.
Di questi tempi, governare Roma senza tenere un orecchio attento a quello che accade in procura può trasformarsi in un suicidio, soprattutto sul delicato tema dei rifiuti, dove, ai fatti di Mafia Capitale, si intrecciano anche le vicende giudiziarie che ruotano intorno all’ex monopolista della “monnezza”, Manlio Cerroni. Che non bastasse più solo la politica, Ignazio Marino lo comprese subito, anche se il futuro della sua amministrazione era già segnato dal giorno dei primi arresti, e nonostante questo non riuscì mai a digerire il supporto della prefettura che pure cercò di tenerlo in sella il più a lungo possibile. Virginia Raggi che, al contrario, aveva deciso di avvalersi degli uomini lasciati da Tronca, se ne è sbarazzata dopo soli due mesi, preferendo salvaguardare la sua indipendenza e quella dei suoi collaboratori. Da Raffaele Marra alla stessa Paola Muraro, validi professionisti capaci di galleggiare con tutte le amministrazioni del passato. Ma proprio per questo sempre sotto il mirino. Non solo degli attivisti.
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