Partiti e politici
Marra e gli incontri con Luigi di Maio per proteggere Virginia Raggi
Il 18 dicembre Luigi di Maio aveva assicurato sul blog di Beppe Grillo di aver incontrato Raffaele Marra, su richiesta di Virginia Raggi, una sola volta, per chiedergli “di allontanarsi dal gabinetto del sindaco”. Tuttavia, le cose non sarebbero andate esattamente così. Perché nella memoria digitale custodita nello smartphone dell’ex capo del personale del Campidoglio, arrestato lo scorso 16 dicembre con l’accusa di corruzione, oltre a quell’incontro avvenuto a luglio, “svolto nel mio ufficio a Montecitorio con tanto di registrazione all’ingresso”, diceva di Maio, ce ne sarebbe almeno un altro, il mese successivo, nei giorni caldi in cui si consumava lo scontro in Campidoglio con l’ex capogabinetto Carla Romana Raineri e l’ex assessore Marcello Minenna.
La giunta si è appena insediata e Virginia Raggi è stata costretta ad accettare i primi diktat dall’alto, rinunciando alla nomina di Daniele Frongia a capo gabinetto. Insieme ai componenti della chat Telegram “4 amici al bar” la sindaca si lamenta di Minenna e Raineri “imposti” dal Movimento 5 Stelle. I due non godono della sua fiducia e con Raffaele Marra organizza la “strategia” che in breve tempo porterà alle loro dimissioni. Ad essere informati delle scelte più importanti, come quella di sottoporre le delibere delle nomine all’Anac, però, non sarebbero solo i membri della chat (Marra, Salvatore Romeo, Daniele Frongia e la sindaca), ma anche Luigi Di Maio, con cui Marra, secondo il Corriere della Sera, si sarebbe confrontato anche sugli incarichi da assegnare, tra cui il suo.
Il fatto, se verificato, sarebbe privo di rilevanza penale, ma significativo sul piano politico e spiega perchè dai vertici del Movimento 5 Stelle ci sia chi spera, in maniera del tutto autolesionista, che la sindaca possa patteggiare un’eventuale pena, evitando così che vengano depositate le carte dell’inchiesta, il cui contenuto rischierebbe di frenare la “scalata” nazionale del Movimento 5 Stelle, danneggiando soprattutto l’uomo più in vista, Luigi di Maio, che ancora oggi, di fronte all’indiscrezione pubblicata dal Corriere della Sera, ribadisce la sua versione dei fatti, bollando ogni ipotesi come “chiacchiere da ubriachi”. “L’unica volta che ho incontrato Marra l’ho fatto nel mio ufficio alla Camera in totale trasparenza e non avendo nulla da nascondere sono stato io stesso a darne notizia oltre un mese fa, raccontandone anche i contenuti. A parte questo incontro non ci ho mai parlato, non ho autorizzato nulla, tantomeno atti da spedire ad Anac. Chiunque dovesse dire il contrario verrà querelato”.
Insomma, a distanza di mesi il vicepresidente della Camera ribadisce di non aver mai fatto da garante per Marra, che una parte del Movimento 5 Stelle voleva allontanare dalle sfere decisionali del Campidoglio per via del suo passato a fianco dell’ex sindaco Gianni Alemanno. E teoricamente, secondo le sue stesse parole, questo avrebbe detto di Maio in quell’unico incontro da lui citato: “Marra se ne doveva andare e, con cortesia, glielo dissi in faccia”.
Nella realtà, però, quella richiesta dal tono così perentorio, non sortì alcun effetto. Anzi, Marra, da luglio, acquisì sempre più potere, continuò ad occupare la sua poltrona fino al 7 settembre e solo dopo le dimissioni di Minenna e Raineri venne spostato di qualche metro e posizionato a capo della direzione personale. Neanche le prime ombre che si materializzarono su di lui dopo l’inchiesta dell’Espresso, che in qualche modo preannunciava la bufera giudiziaria, furono, però, sufficienti a mettere in discussione la posizione del dirigente capitolino, che fino al giorno del suo arresto ha goduto della fiducia completa della sindaca Virginia Raggi. E non solo.
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