Roma

Marchini obiettore, Raggi maestrina. È caccia ai voti della destra e dei vescovi

11 Maggio 2016

Continua la svolta a destra di Alfio Marchini, in corsa per la poltrona di Sindaco di Roma. Dopo l’abbraccio (mortale?) di Silvio Berlusconi e di tutti gli apparati a lui affiliati, l’ex candidato civico punta chiaramente a caratterizzare la sua campagna elettorale cercando l’appoggio degli ambienti più vicini e compatibili con quella che ormai è a tutti gli effetti la sua area politica di riferimento. Da questo deriva il suo posizionamento sul tema delle unioni civili, esplicitato ieri con una frase assai poco equivocabile: «Non ho nulla contro il riconoscimento dei diritti civili, ma non è compito del sindaco fare queste cose, per cui non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni». Una sorta di “obiezione di coscienza” che serve unicamente ad occupare uno spazio politico, dato che assai raramente il sindaco di Roma celebra direttamente matrimoni laici e nella quasi totalità dei casi delega.

La verità è che l’imprenditore, già consigliere comunale part time, punta a rosicchiare più voti possibili a Giorgia Meloni, la vera avversaria da battere il 5 giugno. Perché al di là dell’obiettivo dichiarato di centrare il ballottaggio, la vera posta in palio nel centrodestra è la leadership contesa tra Berlusconi e Salvini. E la partita romana sarà dirimente. C’è poi la corsa ai voti delle gerarchie cattoliche, da non confondersi con i voti dei cattolici che in maggioranza non percepiscono assolutamente l’estensione dei diritti come una minaccia. I vescovi non hanno nascosto il loro fastidio per la legge sulle unioni civili e considerano tutti i residuali difensori della presunta “famiglia tradizionale” come potenziali alleati.

Ma se Marchini è spudorato, c’è chi giocando con le parole non chiude la porta in faccia a nessuno. Si tratta di Virginia Raggi, sfuggente candidata del Movimento 5 Stelle che pur attaccando lo sfidante berlusconiano, non rinuncia al suo consueto (e insopportabile) piglio da maestrina, puntualizzando così: «Farei un distinguo: il comune di Roma non celebra matrimoni gay. Abbiamo la possibilità a Roma come sindaci di celebrare unioni civili. Sulle unioni gay, si vedrà». Si vedrà cosa? Questo non è dato saperlo. Ma che ci sia un dialogo neanche troppo sotto traccia tra esponenti del Movimento 5 Stelle e i piani alti del Vaticano non è un mistero.

Certo, la Virginia su certi argomenti non può che andare con i piedi di piombo, perché deve gestire anche lo zoccolo duro di un elettorato assai particolare. E ciò non le consente di sbilanciarsi più di tanto su posizioni filo-clericali. In fondo, se un grillino si mette ad osservare le nuvole a Međugorje, non vede madonne ma al massimo scie chimiche.

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