Partiti e politici

Lo strano caso di Paolo Berdini: fine indecorosa dei sinistrati all’italiana

16 Febbraio 2017

“Il 22 dicembre 2014, con la delibera 132 dell’Assemblea capitolina presieduta da Valeria Baglio, condizionammo l’assenso all’operazione immobiliare proposta dal privato in attuazione (è utile ricordarlo) dei tre commi di legge contenuti nella finanziaria del 2013, imponendogli opere di interesse generale. Le opere sono (pagine 17 e seguenti della delibera):
1. Il potenziamento dell’offerta di trasporto pubblico su ferro a servizio dell’area di Tor di Valle e della città con frequenza di 16 treni l’ora nelle fasce di punta e un nuovo ponte pedonale verso la stazione FL1 di Magliana (58 milioni di euro). 2. L’adeguamento di via Ostiense/via del Mare, di cui si parla da decenni, fino allo svincolo con il Grande raccordo anulare (38,6 milioni di euro). 3. Il collegamento con l’autostrada Roma-Fiumicino attraverso un nuovo ponte sul Tevere (93,7 milioni di euro). 4. Interventi di mitigazione del rischio idraulico e di messa in sicurezza (10 milioni di euro). In totale, le opere di interesse generale ammontano a 200 milioni di euro, che si aggiungono a quelle interne all’area dello stadio, il verde pubblico, i parcheggi pubblici e le strade interne, sempre a carico del privato, per altri 120 milioni i euro.”

Con questa recente e scrupolosa ricostruzione l’ex-assessore Giovanni Caudo ricorda cosa significhi la pubblica utilità riconosciuta al progetto dello Stadio della Roma dalla Giunta Marino. Soltanto il notevole – per ampiezza e risorse investite – programma di opere infrastrutturali infatti ha permesso di accettare la proposta avanzata dai proprietari della Roma e dal costruttore Parnasi in ossequio alla recente normativa nazionale sugli impianti sportivi.

Con l’avvento dei Cinquestelle al Campidoglio e l’ascesa di Paolo Berdini ad assessore all’urbanistica tutto questo è stato messo in discussione. Non solo per il profilo del professore, noto esponente radicale e di una concezione benecomunista della città e della sua de-crescita, ma soprattutto per le promesse ideologiche della campagna elettorale del M5S. Non è stata infatti quella ambientale una delle prime questioni da cui si è sviluppato il disegno politico di Beppe Grillo e la Casaleggio Associati? Ogni iniziativa volta alla trasformazione urbana quindi non poteva che essere vista come le mani sulla città da parte dei malvagi palazzinari.

A Roma tutto ciò è evidentissimo, ovviamente. La Capitale è stata depredata da costruttori ed affaristi, estesa in maniera sconclusionata divorando così buona parte dell’agro romano che la circonda e che la rende però ancora oggi il comune agricolo più grande d’Europa. Il suo sviluppo urbanistico è una delle cause principali del dissesto economico e dei servizi in cui da tempo è precipitata. Ma la nuova centralità a Tor di Valle è tutto questo? L’ennesimo deja-vù speculativo? Chi conosce Roma non può che affermare il contrario. Il nuovo piano regolatore adottato sotto la Giunta Veltroni ha permesso infatti – come dimostrano i dati dopo il primo decennio di sua attuazione – la fine dello smodato consumo di suolo in cui Roma stava precipitando, insieme al resto dell’Italia, fino allo scoppio della Grande Crisi del 2008: spinte a lucrare si sono esaurite, l’intero comporto edilizio è stato falcidiato dalla recessione, facendo perdere decine di migliaia di posti di lavori e fallire centinaia di società solo nella Capitale. I temi della resilienza, del ripristino ambientale e della rigenerazione urbana hanno invece rimesso al centro la città pubblica, ovvero la capacità delle amministrazioni di potere condividere con il territorio riqualificazioni di spazi ormai degradati con cui portare o far ritornare servizi ed infrastrutture nei quartieri consolidati. Il progetto dello Stadio della Roma risponde appieno a tali caratteristiche.

 

 

Per questo fa molta paura e porta dietro di sé un grande dibattito. Diventerebbe infatti il nuovo benchmark con cui dovranno fare i conti le future trasformazioni urbane, in cui l’interesse pubblico sarà definitivamente centrale. Ecco perché un professore ideologico e un movimento algoritmico basato su slogan vanno in crisi. Saltano le loro coordinate. Non bastano più frasi ad effetto come no alla colata di cemento per trovare una soluzione. La profondità del progetto condiviso dalla precedente giunta Marino può essere affrontata solo con competenze. Un piccolo particolare che manca chiaramente a Raggi e co., già terremotati per più infime faccende e debolezze. Di cui l’ormai ex-assessore all’urbanistica è stato anche tra i principali protagonisti. Dimostrazione, in definitiva, di quale basso livello ormai abbia raggiunto l’inadeguatezza storica, politica e culturale di certa sinistra, che ha tentato di salire (e forse egemonizzare?) sull’ultimo treno di chance elettoralistica che passava, di nome M5S. Quale triste catarsi intellettuale può essere per un difensore della città dalle grinfie degli speculatori doversi aggrappare al PRG di Veltroni dopo avergli sputato addosso negli anni il più infimo veleno? O farsi dare del chiacchierone incompetente da un esercito di ex-nullafacenti come il M5S romano? In questi sette mesi di governo cosa ha fatto per la città infatti l’assessore Berdini? Come ha provato ad affrontare la desolazione in cui lui stesso, pur denunciandolo, ha tralasciato le periferie? Perché poi la Magliana, Decima e Torrino – quartieri su cui insisterà il progetto Tor di Valle – non sono periferie della città? I loro abitanti non se lo meritano un parco pubblico da 33 ettari circa, secondo solo alla centralissima Villa Borghese? Non meritano un adeguamento trasportistico e viario dell’intero quadrante meridionale di Roma? Non meritano la messa in sicurezza del fosso del Vallerano, con cui azzerare i rischi idrogeologici (che riguardano tra l’altro questo fosso e non il fiume Tevere) per le abitazioni in cui da anni vivono? Tutto ciò sarebbe speculazione? Il privato dovrebbe pagare interamente tutte queste opere infrastrutturali senza aver corrisposto un bussiness plan adeguato a finanziare la pubblica utilità richiesta? E se saltasse il progetto, queste aspettative di riqualificazione chi le dovrebbe realizzare, il Comune? Con quali soldi?

Non vogliono essere domande retoriche, ma un tentativo di chiarire come sia irrimediabilmente squarciato il velo ideologico con cui una parte della sinistra a Roma – ed in Italia – tenta ancora di giustificare una sua presenza ed una sua radicalità. Dimostrando invece di essere solo utili idioti del ritorno al potere delle più volgari e voraci destre. La prossima puntata della soap opera Virginia Raggi story verrà qui a dimostrarcelo lapalissianamente.

 

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