Roma
Leggere di Roma e dell’Angelo Mai a Göteborg
Leggo e ascolto le notizie sullo sgombero dell’Angelo Mai di Roma mentre sono a Göteborg. Qui c’è un bel sole, sono in un bar di un parco, poco distante la stazione. Mi guardo intorno: aiuole curate, strade pulite, gente serena. Sono collegato al wifi cittadino, che funziona benissimo, bevo un caffè (ne puoi prendere quanto vuoi) mentre alcuni bimbi giocano liberi. Biciclette e piste ciclabili ovunque, tante auto elettriche, mezzi pubblici che non sgarrano un minuto.
La gente parla piano, sorride educatamente. Ieri ho visitato una ex fabbrica trasformata dal Comune in un centro culturale dove ospitare, gratuitamente, giovani artisti: sale prove, caffetteria, tecnica a disposizione. Qui i giovani artisti sono seguiti, tutelati: sono un investimento di futuro e civiltà. La sera ero andato a vedere uno spettacolo allo StadsTeater. Chi vuole può cenare alla caffetteria del teatro, oppure prenotare un bicchiere e un sandwich da mangiare durante l’intervallo. Il teatro era esaurito, normalmente, semplicemente esaurito, non per un “evento”, ma perché così è la quotidianità.
Allora penso a Roma, alle strade diventate discariche a cielo aperto, agli autobus che si fanno aspettare tre quarti d’ora, alle due linee della metro sempre sovraffollate, all’unica pista skate che esiste a cinecittà, agli ingorghi perenni, alle buche voragini, alla crescente volgarità, all’aggressività di tutti contro tutti. Penso al giro di pasticche e di cocaina, ai vetri rotti della “movida” di san lorenzo, alle osterie ormai mutate in fabbriche spremituristi, ai gladiatori al Colosseo. Ci stiamo abituando a vivere nella sporcizia, nello sacco, nell’abbandono? Di chi è la colpa? Di chi è la responsabilità?
Federico Fellini guardava in direzione del centro di Roma e diceva: ecco, là c’è l’India…
Penso alla fatica che devono fare i nostri artisti, spesso tra i migliori d’Europa, mai presi sul serio dalle istituzioni, costretti a lavorare sottopagati o sfruttati o a bando. Penso a quelli che insistono e resistono, invece di mandare tutto e tutti affanculo.
Penso che ci dobbiamo “aggrappare” a spazi come l’Angelo Mai e pochi altri, perché sono isole miracolose di accessibilità e di mediazione sociale, di aggregazione (e salvazione) giovanile. E che invece vengono chiusi e sgomberati in nome di una “legalità” che fa acqua da tutte le parti, e che certo fa rima con “ottusità”.
Non ci sono speranze. Purtroppo. Ecco cosa manca ormai a Roma e forse all’Italia oggi: un minimo di speranza. No, non cambierà, cantava Battiato.
Quando mi trasferii a Roma, nel 1992, i miei amici di allora e di oggi mi portarono a cena proprio alla bocciofila che oggi è – era? – l’Angelo Mai.
Adesso, in quel parco, proprio accanto all’Angelo, c’è la scuola elementare di mio figlio. Quando chiusero il centro sociale, due anni fa, i bambini si unirono a quanti protestavano: perché anche per loro, che dopo scuola vanno a correre nel parco, l’Angelo è un punto di riferimento, dove ascoltare qualche band musicale, dove parlottare con gli attori che ci vanno a provare, dove intrufolarsi – curiosi e spaventati – nel mondo magico dell’arte.
Ma non è solo l’Angelo Mai. Si dovrebbe parlare della Casa Internazionale delle Donne, della Scuola di musica di Testaccio e di molto altro ancora. Si dovrebbe parlare di un sistema che non è.
Provare a fare teatro, arte, cultura, e dover pensare ai ricorsi al Tar, ai provvedimenti dell’Assessorato al Patrimonio, alle volubili visioni di amministrazioni indecise a tutto se non a far sgomberare gli immobili di proprietà o a chiudere i “nasoni”, le fontane di Roma.
Che fatica, che spreco. Che peccato.
La speranza vola via, in un soffio. La noia, la mortificazione, la desolazione regnano sovrane. Che città lasceremo ai nostri figli?
Ecco, qui di seguito, il comunicato diffuso dall’Angelo Mai:
Questa mattina per la terza volta in 14 anni l’Angelo Mai viene sgomberato dal Comune di Roma.
Non si tratta di una vicenda penale questa volta, di un’inventata storia criminale, ma di pura burocrazia. Ancora una volta nessuno all’Assessorato alla Cultura ne sapeva nulla.
Eppure nell’ultimo periodo sembrava che qualcosa rispetto agli spazi si muovesse. Per questo il sequestro di oggi è sorprendente oltre che gravissimo.
Nonostante l’adozione di atti amministrativi con i quali si disponeva un ripensamento dell’intera vicenda degli immobili di proprietà comunale destinati ad uso sociale, sulla base delle sentenze della corte dei conti e in attesa del nuovo regolamento, nonostante tutto questo oggi senza alcun preavviso Comune di Roma e Polizia Municipale si sono presentati per sgomberare un luogo assegnato.
Chiediamo di differire l’esecuzione del provvedimento in attesa di una pronunzia del Tar in via d’urgenza.
Chiediamo di non interrompere le nostre attività non da qui a poco ma da qui ad anni ed anni perché l’equazione tra arte e illegalità fallisce in parte e non può trovare nessuna legittimazione politica né qui né altrove. Chiediamo che una volta per tutte agli spazi culturali e sociali di questa città venga riconosciuto il diritto ad esistere e non solo a resistere.
In questa città lacerata e offesa, simbolo di un paese moribondo e suicida, l’Angelo Mai è un luogo indispensabile e irrinunciabile.
Non chiuderemo MAI, sia chiaro.
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