Partiti e politici
Le primarie del Pd romano dopo tre anni vissuti pericolosamente
Alla fine il giorno del giudizio è arrivato. Dopo tre anni vissuti pericolosamente tra inchieste giudiziarie e commissariamenti, oggi il Pd romano si ritrova per dimenticare il passato e tentare a raddrizzare un futuro che sembrava compromesso fino a pochi mesi fa. Lo scandalo Mafia Capitale, su cui è calato un silenzio misterioso e molesto, è ancora alle porte, così come la dolorosa fine dell’esperienza di Ignazio Marino, che si è chiusa con le dimissioni in massa dei consiglieri capitolini di fronte a un notaio. Nel mezzo, c’è stato anche il commissariamento del partito e la dura analisi dell’ex ministro Fabrizio Barca, che con la sua relazione #mappailpd ha diviso i circoli fra buoni e cattivi, creando malumori e sospetti. “Il PD da sempre coinvolge, partecipa, discute in modo aperto dei propri candidati. E domani, domenica 6 marzo, chi vuole vada ai seggi”, ha scritto il premier Matteo Renzi nella sua Enews settimanale. Il #6marzo6tu recita lo slogan di queste primarie, da cui uscirà il candidato sindaco che sfiderà Virginia Raggi del M5S e Alfio Marchini. Ma il timore del flop è altissimo.
Nel 2013 Ignazio Marino vinse le primarie per le elezioni amministrative ottenendo 48.580 voti e David Sassoli, il suo maggiore rivale, 27.112. In tutto votarono circa 100 mila persone, ma sono numeri che oggi sembrano irraggiungibili. Sel, infatti, nel frattempo è uscita dalla coalizione, Ignazio Marino ha dato mandato ai suoi “fedelissimi” di non partecipare e in molti municipi dove si votò nel 2013, invece, i candidati presidenti sono già stati decisi. A Milano, solo un mese fa i votanti furono poco più di 60mila, ma a Roma, che conta più del doppio degli abitanti, la soglia del successo è fissata intorno ai 50 mila partecipanti, tanto che Roberto Giachetti, durante il confronto fra i candidati al Nazareno, ha fatto capire che si accontenterebbe di poco. “Se uscissi con un’investitura di decine di migliaia di persone, ballerei”.
Per tutti è lui il candidato favorito, anche perchè a lanciarlo è stato il premier Matteo Renzi in persona. Un’investitura, pesante, che lo convinse (o costrinse come malignano i suoi avversari) a scendere in campo. “La mattina al Gianicolo quando ho registrato il video per annunciare che mi sarei candidato – ricorda lo stesso Giachetti – c’era un freddo che tagliava la pelle e il senso di un azzardo davvero più grande di me”. A sostenerlo c’è gran parte del mondo delle correnti cittadine, più vive che mai, nonostante le nobili intenzioni di Barca. In prima fila, accanto all’ex radicale, ci sono gli uomini di Lorenza Bonaccorsi, l’area che fa riferimento al ministro Franceschini, i giovani turchi di Matteo Orfini, parte degli uomini di Nicola Zingaretti e quelli legati al deputato Pd Umberto Marroni. Per questo se non dovesse farcela, le conseguenze sarebbero disastrose all’interno del partito,”soprattutto dalle parti di Firenze”.
Il suo avversario principale è Roberto Morassut, lanciato da dietro le quinte da Valter Veltroni e Goffredo Bettini, l’artefice dell’elelezione degli ultimi tre sindaci di centrosinistra romani: Rutelli, lo stesso Veltroni e Marino. Morassut sa di non essere il favorito, ma al tempo stesso è consapevole di non partire sconfitto. L’ex assessore all’urbanistica può contare sull’apporto di parte degli uomini di Zingaretti, e sul sostegno della sinistra storica romana. Nella sua campagna elettorale, è stato l’unico a non aver paura di citare le cose postive fatte dall’ex sindaco Ignazio Marino, e questo potrebbe dare i suoi frutti, come dimostra il sostegno dell’ex assessore Estella Marino, e del deputato Marco Miccoli, uno dei “ribelli” del partito romano, che dal circolo di “Donna Olimpia” ha creato non poche grane al commissario Matteo Orfini, che “per ripicca” oggi ha fatto installare il gazebo fuori e non dentro il circolo.
A parte loro due, gli altri 4 candidati difficilmente risuciranno ad ottenere risultati rilevanti. Sarà improbabile per l’ex senatore Idv Stefano Pedica, che per tutta la campagna elettorale ha denunciato il velo di omertà degli altri candidati, se non impossibile per Chiara Ferraro, la ragazza autistica accompagnata dal padre per tutta la durata della campagna elettorale. Il generale Domenico Rossi sa benissimo che le masse di Centro Democratico difficilmente gli permetteranno di ambire a mete ambiziose, così come quelle dei Verdi per Gianfranco Mascia, che almeno è stato capace di dare visibilità ad un partito inesistente, grazie ad una campagna elettorale irriverente e originale. Il suo orso di peluche, con cui ha girato la città e i salotti televisivi, è forse la vera icona di queste primarie, in cui si è discusso poco e male dei problemi della città. Il che è tutto dire.
Nei 4 municipi dove si andrà al voto (il II, il VI, il VII e il XIII) sono soprattutto due quelli da cui potrebbero uscire delle sorprese. Nel II municipio, Francesca del Bello, sostenuta da Matteo Orfini, è favorita su Andrea Alemanni, così come Massimiliano Pasqualini nel XIII, il cui avversario è Danilo Amerina, già coordinatore delle liste civiche legate a Marino. Nel VII municipio la candidata Valeria Vitrotti, che sostiene Roberto Giachetti, può contare sul sostegno dei giovani turchi di Matteo Orfini, dell’ex consigliera comunale Erica Battaglia, e di una buona parte della realtà di centrosinistra legata all’ex X municipio, ma non del supporto degli uomini di Umberto Marroni, che invece appoggia il candidato proposto da Morassut, Massimiliano Massimiliani, ex consigliere provinciale. In VI invece, dove è favorito l’ex consigliere comunale Dario Nanni, sostenuto dalla coalizione di Giachetti, la sorpresa potrebbe essere il candidato antimafia Franco La Torre, che oltre all’appoggio di Morassut, può contare sul sostegno società civile del territorio e sull’appoggio di una parte di Sel, vicina all’ex consigliere municipale (ed ex presidente dell’ex VII municipio) Roberto Mastrantonio.
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