Governo
Le memorie di Ignazio Marino che agitano Roma e il Pd di Renzi
“Il giorno 5 novembre ti presenti in tribunale all’inizio del processo Mafia Capitale e rappresenti, come tu desideri, la città di Roma. Nelle ore successive chiedi a Valeria Baglio di riunire il consiglio comunale per comunicazioni urgenti del sindaco. Nel frattempo hai già provveduto ad acquistare un biglietto aereo per Philadelphia, vai all’aeroporto, parti, e lasci Roma. Spegni il cellulare e diventi irreperibile per otto o dieci giorni. Così per irreperibilità del sindaco il governo dovrà nominare un commissario per guidare Roma e sciogliere consiglio e giunta”.
E’ il novembre del 2015, sono gli ultimi giorni dell’era Marino e il deputato Marco Causi, assessore al bilancio, offre all’ex sindaco una strategia singolare per uscire dal pantano delle dimissioni. Scomparire negli Stati Uniti e far perdere le tracce di se, come un latitante qualsiasi. Di storie come questa, l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino ne racconta tante nel suo libro “Un Marziano a Roma”. Forse troppe per il Pd romano, che dopo averlo rimosso in maniera forzata dal Campidoglio, ora teme che le sue memorie possano compromettere la già difficile campagna elettorale di Roberto Giachetti.
L’attesa è tutta per le prossime ore, quando il libro verrà presentato, prima alla sede della Stampa Estera, poi alla libreria Feltrinelli di via Appia, e Marino scioglierà ogni riserva sul suo futuro politico. Il passato, invece, è tutto nelle 300 pagine confezionate per la Feltrinelli, in cui i meriti della sua amministrazione, durata 28 mesi, vengono messi confronto con la ombre e gli sprechi del passato, “quando i sindaci accumulavano un milione di debiti al giorno”. La narrazione è di parte, e non potrebbe essere altrimenti, anche se i fatti sono pubblici così come i protagonisti. Che sono tanti e quasi tutti di quella che, in teoria, doveva essere la sua stessa fazione. Come Matteo Orfini, Nicola Zingaretti o il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, che nel novembre 2014 voleva imporre l’ingresso in giunta di Mirko Coratti che sarebbe stato coinvolto pochi giorni dopo nell’inchiesta giudiziaria Mafia Capitale.”Servirà a stabilizzare la giunta”, diceva. L’ex sindaco ne ha per tutto il Pd romano, che gli fece anche recapitare sulla scrivania, per il ruolo di comandante della Polizia Locale, il curriculum di Luca Odevaine, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale.
A più riprese Marino attacca quei consiglieri che nel corso del suo mandato hanno costantemenente cercato di fermare ogni istanza di cambiamento secondo una logica consociativa, come Francesco D’Ausilio, lo stesso Coratti e Orlando Corsetti, ma soprattutto punta il dito su Matteo Renzi, considerato il mandante di quelle 26 coltellate (come il numero dei consiglieri comunali che si recarono dal notaio) che lo hanno trafitto per per allontanarlo dal Campidoglio. “Non tollerava la mia presenza in Campidoglio – scrive Marino nel suo libro – e sarebbe stato disposto a qualunque atto pur di liberarsi di un amministratore che egli stesso definiva onesto ma che non rispondeva a quell’omologazione che il suo stile di governo vuole introdurre sia nel Partito democratico, di cui egli . segretario nazionale, sia nelle diverse istituzioni ed enti che costituiscono la nostra Repubblica”. Il paragone con il premier in alcuni casi assume contorni irriverenti, la distanza tra i due è politica e culturale: mentre Marino si danna l’anima per mostrare al mondo le bellezze di Roma, cercando anche di attrarre i capitali dei mecenati stranieri, tra cui l’uzbeko Alisher Usmanov, il presidente del Consiglio fa oscurare le statue dei Musei Capitolini in occasione della visita del presidente iraniano Hassan Rouhani.
Nel libro non mancano riferimenti al rapporto con il costruttore Caltagirone e al caso del Villaggio Olimpico da costruire a Tor Vergata, nonostante le sue perplessità e quelle dell’assessore Giovanni Caudo. Un lungo capitolo, invece, è dedicato ai rapporti con Papa Bergoglio. Marino ricostruisce l’equivoco del settembre scorso, quando, di ritorno dagli Stati Uniti, il pontefice, rispondendo alla domanda di un giornalista, mostrò fastidio per la presenza dell’ex sindaco agli incontri di Philadelpfia. “Marino non l’ho invitato io, chiaro?”. In un incontro riservato, avvenuto lo scorso primo febbraio, tra i due ci sarebbe stata una sorta di chiarimento, rivela Marino. E il pontefice, ignaro del clamore mediatico suscitato dalle sue dichiarazioni, avrebbe detto all’ex sindaco: “Non guardo la tv”.
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