Partiti e politici
Le bugie hanno le gambe…rotte
Una delle caratteristiche principali della nostra epoca è che la verità ha lasciato il posto alla credibilità. In altri termini, non siamo più portati a valutare un’affermazione in base al criterio “vero-falso”, bensì in base al suo essere più o meno verosimile e soprattutto in base all’autorevolezza (credibilità) della fonte. Per questo, oggi, chi “mente sapendo di mentire” sa che ogni volta che lo fa rischia di minare la propria credibilità, l’unico valore che conta nella società dell’immagine e della comunicazione. Se comunico qualcosa di strabiliante (e magari di vero), ma non sono credibile, difficilmente avrò successo. Ad esempio, se oggi la Volkswagen annunciasse il prossimo avvento delle auto alimentate ad acqua (idrogeno), staremmo tutti lì a spernacchiare e a dire che l’acqua sarebbe senz’altro “manomessa”.
E’ il derivato della individualizzazione e della personalizzazione postmoderna. Oggi conta solo l’individuo, sempre più protagonista nel palcoscenico quotidiano, il performing self. E conta a tal punto che ogni affermazione è valutata, appunto, sulla base di chi la emette: “se l’ha detto Tizio, sarà vero”. O quantomeno credibile (se Tizio ha una reputation elevata). Se invece l’ha detto Caio – e Caio è ormai considerato meno di niente – beh..anche se avesse ragione, sarebbe semplicemente ignorato. E’ l’argomentum ad hominem, in logica: valutare un’asserzione non sulla base della sua logicità o verosimiglianza, ma in base a chi la formula. Un errore grave, per dirla tutta. Ma tant’è, lo commettiamo tutti i giorni.
Dunque, mala tempora currunt per i bugiardi cronici. Devono essere talmente bravi da schivare ogni tipo di smentita ed eventualmente calcolare al meglio da chi farsi smentire. Se chi mi smentisce è più credibile di me, è la fine. Nello stesso tempo devono mentire più di prima perché devono colpire l’immaginazione del cittadino-consumatore. E per farlo, nel mare di informazioni che ci arrivano ogni giorno, sono costretti a stupirci, a esagerare, a “spararla grossa”. Una vita da cani…
A tale proposito, è molto interessante il caso di Ignazio Marino. Proprio per la scelta dei potenziali “smentitori” delle sue bugie. Ne prenderò ad esempio due, recenti e molto importanti per il loro peso specifico.
La prima riguarda la vicenda “mafia capitale”. Come è noto, il Sindaco di Roma cerca di accreditarsi come il principale argine al malaffare, al punto che è arrivato a sostenere che lui ha stanato la mafia “con l’aiuto di Pignatone”, testuale. Per sostenere questa tesi – alquanto ardita considerato che le cooperative di Buzzi hanno avuto affidamenti da Roma Capitale fino al giorno prima degli arresti ed altre cooperative coinvolte sono state finanziate anche dopo gli arresti – Marino ha scelto di raccontare un aneddoto emblematico che recita più o meno così: “quando mi sono insediato, ho incontrato Panzironi (ex Ad dell’AMA, oggi agli arresti) e gli ho detto: non ho bisogno di lei, mi serve un esperto di rifiuti e l’ho messo alla porta”. Dunque: “sono arrivato io e ho iniziato a fare pulizia tra i (presunti) corrotti e mafiosi”. La verità è che Panzironi si dimise dal vertice di AMA nel 2011, un anno e mezzo prima che Marino diventasse Sindaco e quell’incontro non c’è mai stato. Per quelle affermazioni, il Sindaco è stato querelato da Panzironi, ma è ovvio che la credibilità di un indagato per mafia, oggi agli arresti, non è in grado di scardinare quella di Ignazio Marino. Dunque, bugia colossale, ma utile tatticamente e a basso rischio, nel senso che quando arriva la smentita non può farmi male più di tanto agli occhi dell’opinione pubblica.
La seconda vicenda, invece, è su tutti i quotidiani di oggi e riguarda l’ultimo viaggio di Marino negli USA. Le vacanze estive del Sindaco, tra USA e Caraibi, sono state al centro del dibattito pubblico data la sua assenza in momenti molto “caldi” della capitale – dal funerale dei Casamonica al Consiglio dei ministri su “mafia capitale”. Per questa ragione, il ritorno pressoché immediato negli USA aveva bisogno di un’argomentazione forte. Tradotto: “mi dicono che sto sempre in giro, mi hanno rotto le scatole perché ero negli USA anziché a Roma quando succedeva di tutto. Ora come glielo dico che sono di nuovo in partenza per Philadelphia?” Gli serviva una scusa, o una balla, forte. E forte è stata: “mi ha invitato il Papa” (!), frase non pronunciata pubblicamente, ma ampiamente circolata e mai smentita – prima d’oggi, troppo tardi – dal Sindaco. Chi conosce o frequenta certi ambienti non ha creduto minimamente a questa ipotesi, ma la maggior parte dei cittadini il Papa (e pure il Sindaco) lo vede in televisione. Magari “ce’ casca”, come dicono a Roma. Il problema – e il rischio – a questo punto è: se il Papa mi smentisce, la mia credibilità subisce un colpo da K.O. per il semplice fatto che la sua credibilità è N volte superiore alla mia. E la smentita è arrivata. Devastante.
Morale della favola: tutti mentiamo privatamente (e quello non conta) e pubblicamente. In Politica soprattutto, come in ogni “mercato”, mentire è fondamentale per essere percepiti e competitivi. Se non la sparo grossa, non esisto. Con un unico, grande accorgimento: occhio alla credibilità di chi ci può smentire. Se, ad esempio, è il Papa…ecco, inventiamocene un’altra prima che sia troppo tardi.
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