Partiti e politici
La destra punta a perdere Roma? Probabile, ma non è un’impresa semplice
A Roma, fino a poche settimane fa, la destra aveva praticamente la vittoria in tasca. Oltre al “vento nero” che soffia da tempo dentro e fuori i confini del Paese, nella Capitale lo schieramento che dal 2008 al 2013 “deliziò” i cittadini romani con la disastrosa amministrazione guidata da Gianni Alemanno, poteva infatti contare sulla debolezza dei competitor e sulla frammentazione del loro stanco bacino elettorale. Con Roberto Gualtieri e Carlo Calenda a farsi la guerra a suon di polemiche da Asilo Mariuccia e Virginia Raggi impegnata nell’ardua impresa di non uscire di scena con una percentuale troppo umiliante per lei e per i suoi cari, ai nostri maccheronici sovranisti sarebbe bastato davvero poco per riprendersi lo scranno più ambito dell’Aula Giulio Cesare e ripetere quei coloriti festeggiamenti su piazza del Campidoglio con gli avanzi di galera a fare il saluto romano.
Invece no. Già dalle prime battute della campagna elettorale, l’ex tribuno di Radio Radio aveva mostrato tutti i suoi limiti, somigliando più a un centurione abusivo di quelli che si incontrano intorno al Colosseo che a un vero candidato sindaco. E dire che il suo nome era stato imposto da una furiosa Giorgia Meloni dopo una lunga e difficile trattativa con gli alleati. La leader di Fratelli d’Italia è forse l’unica che in cuor suo ci crede davvero: un’eventuale debacle nella Capitale potrebbe indebolirla nella corsa a Palazzo Chigi e calmierare le sue velleità di capo della coalizione. E non è un caso che Matteo Salvini sembri decisamente poco interessato alla sfida: per ora il capo del Carroccio si limita poche uscite e a far girare il suo faccione da food blogger sul retro degli autobus ATAC per promuovere la lista della Lega. L’impressione è che l’ingovernabile Roma, come da antica tradizione padana, possa essere sacrificata sull’altare di un consenso nazionale (che rischierebbe di essere scalfito da un sindaco impopolare) e per regolare i conti con l’alleata.
E mentre Pippo Franco ci fa scappare la pipì andando in giro a dire che potrebbe diventare il prossimo assessore alla Cultura della Capitale d’Italia (poltrona in verità già promessa a Vittorio Sgarbi…), non si placano le polemiche sul “camerata” Francesco Cuomo, tatuatore ed ex ultras della Curva Nord oggi candidato con Fratelli d’Italia. Cuomo è già noto per aver disegnato un bel faccione di Benito Mussolini sulla schiena dell’ex allenatore ed ex attaccante della Lazio, Paolo Di Canio e per non essersi accorto di avere sull’avambraccio un tatuaggio che ritrae Il Werwolf, simbolo della resistenza nazista. So’ sviste…
C’è poi Francesca Benevento, ex consigliera del Municipio XII eletta alle passate elezioni nelle liste del Movimento 5 Stelle, successivamente migrata nel gruppo misto. L’ex grillina è candidata, insieme al celebre attore che sogna di fare l’assessore, nella lista che porta il nome del “cavallo vincente” messo in campo (o messo in mezzo, fate voi…) da Giorgia Meloni, ma fino a pochi giorni fa nessuno si era accorto delle sue uscite social, un misto di analfabetismo funzionale “no-vax”, complottismo e antisemitismo. Il post più contestato alla Benevento è stato quello quello contro il ministro della Salute, Roberto Speranza, definito “il ministro ebreo ashkenazita formato dalla McKinsey, che riceve ordini dall’élite finanziaria ebraica”. Andando a scorrere la delirante timeline, troviamo poi tutto il classico repertorio del disagio social di questi mesi, dalla pandemia che sarebbe stata “pianificata per decenni” e gestita “con frodi di massa, corruzione globale, censura senza precedenti ed estrema corruzione nei media e nei governi”, al temutissimo 5G, che servirebbe a “decimare la popolazione”. Ovviamente, per la candidata, il vaccino contro il Covid è “illegale” e tutte le altre cure sarebbero state “insabbiate” dagli immancabili poteri forti.
Decisamente spiazzato, il povero Michetti ha dovuto scaricare la scomoda complottista: «Noi abbiamo 2.500 candidati – ha detto in conferenza stampa – se dovessimo fare un excursus di tutto quello che hanno dichiarato negli ultimi 10 anni sui social… abbiamo chiesto i carichi pendenti, il casellario giudiziario. Abbiamo preso le distanze in maniera ferma e decisa nel momento in cui abbiamo saputo. Prenderemo provvedimenti di conseguenza. Quali? Valuteremo, tra l’altro non siamo ancora riusciti a rintracciarla». Insomma, appena Francesca Benevento si degnerà di accendere il telefono (che probabilmente ha spento per paura di essere uccisa dalle onde del 5G), le verrà chiesto di ritirarsi, sperando che accetti di sottomettersi a quello che potrebbe considerare un complotto del nuovo ordine mondiale ordito contro di lei.
Veniamo ai numeri. È verosimile una sconfitta della destra a Roma? Sulla carta è più che un’ipotesi. Secondo l’ultimo sondaggio realizzato da Opinio per la Rai, Enrico Michetti al momento è l’unico ad essere sicuro del ballottaggio, posizionandosi su una forbice che oscillerebbe tra il 29% e il 33% e staccando di diversi punti Roberto Gualtieri (22% – 26%). A seguire ci sarebbero Virginia Raggi (19% – 23%) e Carlo Calenda (15% – 19%). Da chi e con che percentuale arriverà terzo, si potrà capire di più sull’esito della sfida, perché l’elettorato residuo della sindaca uscente difficilmente tornerebbe a votare al secondo turno per uno degli altri tre, mentre quello del leader di Azione potrebbe essere più propenso a votare il candidato quarta scelta del Pd. Se Michetti riuscirà a distanziare il secondo con più di dieci punti, potrebbe riuscire a portare a casa il risultato; sotto quella soglia, la sua corsa si complicherebbe non poco e forse qualcuno a destra inizierebbe a stappare bottiglie di Champagne e a organizzare discutibili feste in maschera come negli anni d’oro. Nel frattempo, il telefono di Francesca Benevento è ancora spento…
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