Costume
Io me ne frigo: il complotto delle scadenze tardive
Questa notte, mentre il morso della fame vi spingerà a cercare sfogo nel tradizionale spuntino delle ventitre, state attenti alla luce sinistra che si sprigiona dal vostro frigorifero: taci, il nemico ti ascolta.
Sono orecchiette alle cime di rapa o, dietro ad esse, si nascondono le antenne ostili di un circolo democratico in cerca di iscritti?
E non vi sembra strano che la poesia del Novecento taccia misteriosamente sul soggetto formaggio? Cosa si nasconde dietro quell’inutile aggettivo “mio”? Non è forse l’ennesimo tentativo di ribadire l’ispirazione neo-liberista che depaupera la nostra nazione della sovanità casearia?
Perché la scadenza del Def è sempre paurosamente vicina a quella dello yoghurt greco che si nasconde dietro il sugo pronto?
Faremo di tutto, whatever it takes, per scongiurare la muffa e non ripudiarlo nel sacchetto dell’umido?
Sveglia! Draghi è un burattino in mano alla Danone che cerca di indottrinarci pompando miliardi di fermenti lattici che poi sapete tutti dove vanno a finire.
Diffidate degli amici improvvidi che nascondono, nel cassetto del freezer, battaglioni di bastoncini Findus, armata rossa al servizio di un egualitarismo di facciata: a ciascuno secondo le sue opportunità e poi, alla prima occasione, giù a parlar male dei 5 Stelle.
E vostra madre che vi porta il quorum dei carciofi?
Con lo sguardo supplicante ve ne offre una pirofila piena: “Basta un sì” vi dice con gli occhi. Sarà un caso? Piddina venduta.
No, io dico che è il momento di svegliarci.
Dite no alla dittatura cracco-liberista dei surgelati a lunga scadenza.
Nella serenità della vostra cucina bio, a base di sale dell’himalaya, crusca e quinoa, abbandonatevi al mantra litanico:
IO ME NE FRIGO.
Perché se davvero un sindaco arriva a sospettare che i suoi avversari seminino frigoriferi rotti per le strade, siamo alla frutta.
E questo è davvero il nuovo che avanza, chiaramente marcito prima di maturare.
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