Partiti e politici

Il primo anno di Virginia. In numeri

19 Giugno 2017

Esattamente un anno fa, Virginia Raggi vinceva il ballottaggio e diventava Sindaco di Roma. 

A un anno di distanza, proviamo a fare un’analisi quali-quantitativa dell’operato della sua amministrazione. Come spesso avviene nelle scienze sociali, uno dei metodi più utili è quello della comparazione. Cercheremo cioè di valutare la sua “produttività” in rapporto a quanto fatto dalle amministrazioni precedenti nel loro primo anno di mandato. La fonte dei dati è il portale di Roma Capitale. L’orizzonte temporale dell’analisi arriva fino alla prima giunta Veltroni, insediatasi 16 anni fa. Gli atti presi in considerazione sono quelli approvati dalle strutture centrali, ossia, Sindaco, Giunta e Assemblea capitolina.

Dal grafico si evince che la “produttività” dell’amministrazione di Virginia Raggi supera, di poco (5 atti) quella di Ignazio Marino, mentre è ben lontana dalle amministrazioni precedenti (218 atti meno della giunta Alemanno, addirittura 794 meno della squadra del primo Veltroni). Sul perché ci sia questo trend in calo possono esserci diverse letture, alcune più “di parte” (la solita “colpa delle amministrazioni precedenti”), altre più neutrali e sistemiche: a Roma, come in tutto l’Occidente, la politica di professione se la passa male, i partiti di massa non esistono più, e di conseguenza la politica diventa più “improvvisata” e necessariamente meno produttiva. A ciò andrebbe aggiunto l’aspetto più profondo legato alla “tirannia dell’istante”, per cui viene meno la capacità programmatoria (perché non serve) e si predilige la fast politics, ossia la capacità di dare risposte – più a parole che con fatti e atti – alle emergenze in tempo reale.

Non entro nel merito di questa discussione complessa. La cosa interessante da notare, stando ai dati, è che il “sorpasso” di Raggi su Marino avviene solo grazie a un elevato numero di delibere dell’Assemblea capitolina. Se infatti ci limitassimo a paragonare ordinanze del Sindaco e delibere di Giunta, Raggi sarebbe nettamente indietro. Mi sono chiesto allora come mai l’Assemblea capitolina abbia sprintato al punto da surclassare anche i numeri del primo anno di Alemanno. E sono “sceso” nel qualitativo, ossia sono andato a verificare l’argomento delle delibere.

Dalla verifica emerge che, su 181 delibere totali dell’amministrazione in carica, 33 riguardano lavori o interventi di somma urgenza e 96 sono relative al riconoscimento di debiti fuori bilancio. Pertanto, si tratta di 129 delibere su 181 (oltre il 70%). Per intenderci, nel primo anno di Marino le delibere di quel tipo furono 4 su 56 (il 7%) e nel primo anno di Alemanno addirittura 4 su 111 (il 3,6%). Svelato l’arcano, dunque: non esiste una contraddizione tra la bassa produttività e capacità programmatoria di Sindaco e Giunta rispetto all’altissima capacità dell’Assemblea. 7 volte su 10, l’Assemblea ha deliberato sul passato o su un presente “emergenziale”.

Un altro aspetto da considerare, nel primo anno di mandato, è quanto hanno inciso gli atti relativi ad assunzioni, comandi o distacchi sul totale delle delibere di Giunta e delle ordinanze del Sindaco, che conferiscono gli incarichi. In pratica, ho cercato di capire se il totale di Virginia Raggi sia più basso perché, semplicemente, ha fatto meno assunzioni o è intervenuta meno sul personale, concentrandosi dunque su altro.

In questo caso, l’amministrazione Raggi si colloca pienamente in linea con quella di Marino, mentre quella di Alemanno è intervenuta maggiormente sul personale nel suo primo anno. Tuttavia, ciò non basta a modificare la “graduatoria”, nel senso che, anche dopo aver “fatto la tara” di tali atti, la giunta Raggi resta indietro di 50 delibere di Giunta rispetto a Marino e di quasi 150 rispetto ad Alemanno.

Complessivamente, emerge un quadro in linea col “tendenziale” direbbero gli economisti. Sembra, cioè, che le amministrazioni di Roma siano, col passare del tempo, sempre meno produttive. Questo dato, se letto con l’aggravarsi e lo stabilizzarsi di problemi enormi e complessi che attanagliano la città, non può che essere preoccupante.

Al di là dei numeri, la preoccupazione maggiore infatti è “qualitativa”. Nel primo anno di Alemanno (senza andare troppo indietro nel tempo) fu varata la legge sul commissariamento del debito, si avviò l’iter per la riforma di Roma Capitale, si iniziò a lavorare alla candidatura olimpica Roma 2020 e cominciò un lungo lavoro di ascolto e di confronto con la Commissione per il Futuro di Roma Capitale (Commissione Marzano) che portò al primo – e unico – Piano Strategico di Sviluppo di Roma.

Voglio dire che, solo 8 anni fa, ancora si governava Roma pensando al futuro. Oggi si fa fatica a governarla pensando al presente, se non quello fatto di “istinti e istanti” che dominano lo sterile delirio quotidiano dell’emozione pubblica.  

Questa è la preoccupazione più grande: quella di essere come i criceti nella ruota. 

 

 

 

 

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