Partiti e politici

Il Pd romano ancora dà le patenti di politica. Ma che davvero?

8 Giugno 2016

Per alcuni non dureranno più di un anno. “Sei mesi e poi se ne vanno a casa”. Per altri, si scanneranno da subito, già con le prime nomine nelle municipalizzate. Politici navigati, sindacalisti o vecchie volpi di partito che girano la città sempre in campagna elettorale. Tutti in maniera unanime concordano: il Movimento 5 Stelle non ce la farà a guidare Roma. Il motivo? Perchè non lo ha mai fatto. Lo stesso Roberto Giachetti più volte ha messo in guardia Virginia Raggi.“Se vinci, non sai dove mettere le mani”.

Fra le poche frecce nell’arco del Pd, quella dell’esperienza amministrativa di Roberto Giachetti, è considerata, non solo dai suoi fedelissimi, come la più efficace. Gli anni passati accanto a Francesco Rutelli, anche per il premier Matteo Renzi, costituiscono il miglior biglietto dai visita da presentare ai romani, chiamati a scegliere il prossimo 19 giugno fra lui e Virginia Raggi. Poco importa, che gli stessi romani su quella stagione, un giudizio netto lo abbiano espresso già 8 anni fa, quando Rutelli venne sonoramente sconfitto dal suo avversario Gianni Alemanno. “Quello era un altro periodo”, risponde chi oggi sostiene convintamente l’ex radicale.

Il futuro, insomma, continua a rimanere nel passato, la cui rievocazione perpetua, tuttavia, imporrebbe maggior prudenza, soprattutto dopo l’inchiesta Mafia Capitale, che ha visto il coinvolgimento diretto di persone un tempo stimatissime dalle istituzioni, come Luca Odevaine, ex vicecapo gabinetto di Walter Veltroni. Eppure per tutti, non solo nel centrosinistra,“non hanno esperienza, non possono governare Roma”, rimane l’argomento più forte per minare la credibilità elettorale del Movimento 5 Stelle, forse l’unico insieme alle Olimpiadi. L’assunto, di per sé, potrebbe anche avere un valore oggettivo. Chi mai affiderebbe le proprie cose ad una persona di cui non ha una comprovata fiducia? E poi, un conto sono gli slogan populisti, i post acchiappaclick su Facebook, un altro è la realtà dell’amministrazione.

Ma se ad affermarlo con insistenza sono i protagonisti, o le seconde linee promosse in trincea, di quei partiti che hanno governato Roma dagli anni 90 ad oggi, contribuendo in maniera significativa anche al dissesto economico della città, automaticamente, quella che in una grammatica naturale sarebbe una semplice considerazione di buon senso, soprattutto pensando alla storia personale, senza aloni, di Giachetti, nell’attuale realtà romana si trasforma in un’arma a doppio taglio, capace, a meno di sorprese, di aprire le porte del Campidoglio al Movimento 5 Stelle.

Perchè se il frutto di quella esperienza comprende anche le tasse più alte d’Italia, un sistema dei rifiuti fallimentare, le municipalizzate gestite in maniera clientelare e per questo sull’orlo del crac, i nuovi quartieri privi di servizi o quelli senza fogne da oltre 30 anni, le scuole insufficienti, le strade piene di buche o le decine di opere incompiute che hanno fagocitato centinia di milioni di euro, come la Nuvola di Fuksas o le vele di Calatrava a Tor Vergata, a quel punto, la decantata esperienza, più che un vanto da esibire, diventa quasi un affronto per un elettore indeciso, che si trova a scegliere fra le mille incognite del “nuovo” e un partito commissariato da quasi due anni, dopo un’inchiesta giudiziaria che ha scoperchiato una cupola mafiosa in seno all’amministrazione.

L’elenco degli insuccessi del passato è così tangibile nella quotidianità, che, per vincere il primo turno delle elezioni, all’“inesperta” Virginia Raggi è bastato ricordare che “gli esperti hanno mangiato la Capitale”. E non solo perchè  una “realtà mediaticamente determinata”, come afferma nella sua  tragica e veritiera analisi Luigi Di Gregorio, ha dato vita ad una malattia autodegenerativa per il sistema, che ha “ucciso la politica di professione”. A Roma sono soprattutto i partiti e i politici di professione ad aver ucciso se stessi e l’idea di politica, delegittimando il patto fiduciario con i cittadini e le istituzioni o cercando di riproporre all’infinito i fasti di una stagione di cui rimangono, a distanza di anni, ancora troppe macerie.

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