Governo

Il grande rifiuto di Virginia Raggi: no alle Olimpiadi del mattone

21 Settembre 2016

Lo aveva chiesto Beppe Grillo e così è stato. Dopo settimane di silenzi, Virginia Raggi ha annunciato il suo no alle Olimpiadi del 2024. “E’ da irresponsabili dire si a questa candidatura. Ci viene chiesto di assumere altri debiti, noi non ce la sentiamo di ipotecare il futuro dei romani. Stiamo ancora pagando i debiti per gli esprori di Roma 1960. Non abbiamo nulla contro le Olimpiadi e contro lo sport ma non vogliamo che lo sport venga usato come pretesto per una nuova colata di cemento in città. Diciamo No alle Olimpiadi del mattone”.

Si sono rivelate inutili, quindi, le aperture delle ultime settimane del presidente del Coni Giovanni Malagò, pronto ad assecondare (almeno a parole) ogni desiderata del Campidoglio pur di non perdere la sua creatura olimpica. E riciclando su twitter lo slogan #PrimaiRomani, la Raggi ha deciso di tenere fede alle promesse elettorali “non abbiamo cambiato idea, l’abbiamo rafforzata”, nonostante anche nella sua giunta non mancassero giudizi contrastanti. L’assessore al’urbanistica Paolo Berdini, non propriamente un amico dei “palazzinari”, intuendo le difficoltà e le paure di Malagò, aveva tentato di riaprire un tavolo di trattativa, almeno pubblico, per non perdere quei 5 miliardi di investimenti. Tuttavia si è trovato isolato, soprattutto dopo l’addio dell’ex assessore al bilancio Marcello Minenna, anche lui favorevole ad una trattativa.

E’ cosi che si è arrivati al grande rifiuto di oggi. Una decisione irrevocabile, quanto scontata, su cui molto ha influito la situazione interna del Movimento 5 Stelle. Dopo le polemiche interne e le critiche sollevate contro la sindaca per i casi Muraro e Raineri, la rinuncia alle Olimpiadi, infatti, era diventata la condizione necessaria posta da Beppe Grillo a Virginia Raggi per proseguire la sua esperienza amministrativa con il logo 5 stelle.

Le ragioni del no, ovviamente, non mancano se si pensa al caso Atene o, guardando in casa nostra, alle Olimpiadi del 1960, “dove il debito di un miliardo pesa sulla gestione commissariale”, ai mondiali calcio di Italia 90, “il cui mutuo è stato finito di pagare nel 2015”, o a quelli di nuoto del 2009, in cui costi per la collettività ancora non si sono esauriti (le vele di Calatrava a Tor Vergata, ad esempio, necessitano di centinaia di milioni di euro per essere completate). Tuttavia, oltre ad un ragionevole buon senso, lo stesso che spinse Mario Monti nel 2012 a cassare la candidatura olimpica di Roma per il 2020, non può che prevalere ormai un senso di impotenza. Quello dei cittadini di fronte alle istituzioni che non si assumono più nemmeno la responsabilità di garantire loro stesse.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.