Roma
I funerali di Vittorio Casamonica nella Roma di Mafiacapitale
Sei cavalli neri che trascinano una carrozza, una Rolls Royce per trasportare la bara mentre da un elicottero scendono petali sulle note di “2001 Odissea nello spazio”. Le immagini del funerale di Vittorio Casamonica di questa mattina alla parrocchia Don Bosco lasciano poco spazio all’immaginazione e restituiscono invece il racconto fedele di una città parallela a quella raccontata ogni giorno sugli organi di informazione, una metropoli dove il controllo territoriale dei clan non ha più bisogno di nascondersi nell’ombra ma può essere mostrato pubblicamente senza pudore e con ostentazione. Perché Vittorio Casamonica, per chi ha partecipato alle sue esequie, non era semplicemente un uomo di 65 anni che ha perso la vita, ma un “Re di Roma”, che meritava saluti solenni: “Hai conquistato Roma, ora conquista il paradiso”.
Dagli anni 70 ad oggi, da Enrico Nicoletti, il “Cassiere della Banda della Magliana”, fino a Mafia Capitale”. Ricostruire la storia della famiglia Casamonica non è un’impresa semplice. Quello che è certo è che la famiglia di origine sinti, non è un mistero, ne ha fatta di strada, tanto da “colonizzare” la parte sud- est della città, quel lembo di terra che si estende fra la via Tuscolana e la via Casilina fino ai castelli romani, abbracciando interi quartieri, come Tor Vergata, Porta Furba o Romanina, fino alla Borghesiana. La passione per i cavalli è rimasta intatta come alle origini, ma gli affari si sono differenziati sempre di più nel tempo, passando dal recupero crediti all’usura, fino al traffico di droga, senza trascurare il business della vita notturna.
Neanche i maxi sequestri o gli arresti che periodicamente vedono coinvolti gli appartententi al clan sono riusciti a scalfire il peso criminale della famiglia. Al contrario, il prestigio pare rimanere intatto. “Roma non può essere sfregiata da chi la vorrebbe far diventare un set del Padrino” ha detto il presidente del Pd Matteo Orfini, commentando il funerale. Di certo appare incomprensibile come sia stato reso possibile un evento del genere, come denuncia anche la deputata di Sel Celeste Costantino, che immediatamente ha rivolto un’interrogazione al ministro Alfano, chiedendo una presa di distanza anche alla Chiesa. Solo tre anni fa, nel settembre 2012, quando ancora la parola mafia a Roma era un tabù, il questore di Roma Fulvio della Rocca vietò a Tor Bella Monaca il corteo con la carrozza per i funerali di Antonio Moccia, il figlio del boss di Afragola Vincenzo Moccia. Nel frattempo sono passati tre anni e la parola mafia, grazie alle indagini di Pignatone, è diventata di uso quotidiano nella città. A quanto pare non abbastanza per evitare i funerali del “Re di Roma”.
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