Partiti e politici
Giochiamo. Mi candido a sindaco di Roma
Facciamo un gioco. Ad aprile si vota per il Sindaco di Roma. In preda a un raptus di politik als beruf (politica come vocazione e professione), decido di candidarmi. Qualche partito mi dà credito e miracolosamente vinco.
Sono proclamato Sindaco di Roma! Evviva!
Cominciamo a lavorare. Tocca fare la Giunta. Allora, chiedo ai partiti carta bianca – altrimenti parte una gazzarra sui nomi che non finisce più– e me la danno (prima ipotesi poco probabile). Metto un grande contabile di stato al bilancio, un grande uomo di cultura alla cultura, uno strepitoso innovatore alla comunicazione e all’innovazione, ecc. ecc. Accettano tutti con grande giubilo (seconda ipotesi poco probabile). A quel punto parte la “caccia all’uomo” su tutti i 12 nomi: chi sono? Che rapporti hanno con Luigi Di Gregorio? Erano d’accordo da prima? C’è qualche parente, affine, amante già in Campidoglio o nelle municipalizzate? E Alemanno?? Chi ha parlato con Alemanno almeno 5 minuti prima di oggi?! Vai, spariamo un bel titolone “Tizio parlò con Alemanno 8 minuti nel 2011” così lo ammazziamo…
Vabbè, miracolosamente la nomina della Giunta esce indenne (terza ipotesi poco probabile), ora tocca nominare i dirigenti apicali per far “volare” la macchina: capo di gabinetto, segretario generale, direttore generale, ragioniere generale e almeno 30/40 dirigenti a capo dei Dipartimenti, dei Municipi e delle direzioni-chiave. Oltre agli amministratori delegati delle società partecipate. Scelgo di nuovo i “migliori” e accettano (quarta ipotesi poco probabile). Seconda “caccia all’uomo”: perché questi e non altri? Chi sono? Ma Tizio si è mai occupato di rifiuti? Che rapporti hanno con Luigi Di Gregorio? E Alemanno?? Ecc. ecc.
Usciamo vivi anche dalle nomine dirigenziali (quinta ipotesi poco probabile). Prima di cominciare a lavorare, abbiamo già dovuto superare 5 scogli, una volta neanche presi in considerazione dai media, oggi il loro “pane quotidiano”. Scogli diventati praticamente insormontabili.
Ora però mettiamoci al lavoro. Cominciamo a produrre quei 20 mila atti (tra delibere, ordinanze e determine dirigenziali) che Roma Capitale emana ogni anno e preghiamo che tra procedure, gare, iter formali non esca neanche un avviso di garanzia (sesta ipotesi poco probabile).
Aspetta un attimo… ma Luigi Di Gregorio è stato 5 anni dirigente in passato. Ha firmato circa 2 mila atti… caspita, un patrimonio. Spulciare tutto immediatamente! Rewind: torniamo alla campagna elettorale, così evitiamo proprio che diventi sindaco. Estirpiamo il problema alla radice…
Fine del gioco.
Morale: la spirale di delegittimazione della politica ha nell’amministrazione di Roma il suo massimo indicatore empirico. Media e magistratura sono diventati i “tritatutto”di credibilità, carriere e vite individuali, semplicemente “facendo il loro lavoro”. La chat tra Raggi, Marra e Romeo, la bufala di Alemanno che porta i soldi in Argentina o i menù di Ignazio Marino sono notizie (?) che “vendono”, suscitano curiosità e catturano la nostra attenzione sempre più scarsa; un progetto alternativo sulla Metro C non ci riesce, neanche se ce lo presenta il miglior creativo mondiale. Allo stesso modo, la notizia di un avviso di garanzia fa il “botto”, quella di un’assoluzione fa “flop” perché non ci piace, distrugge le nostre convinzioni. Ragion per cui anche gli assolti restano condannati nella nostra granitica dissonanza cognitiva.
La media logic porta inevitabilmente verso “buchi della serratura”, storie personali, relazioni, sfera privata e distrugge la sfera pubblica. Quest’ultima non esiste più, se non come “somma di sfere private”. Questa spirale ha frantumato i partiti (diventati fan club del leader pop di turno) e ha prodotto il M5S dell’onestà. Ma ora sta distruggendo anch’esso: in 7 mesi di amministrazione non si è parlato d’altro che di queste cose. La politica NON ESISTE più nell’agenda pubblica. Quelle che noi riteniamo notizie politiche sono in realtà “vicende personali”. Se ci sembra politica è solo per via dell’illusione ottica dovuta alla sparizione graduale della sfera pubblica dai mass media, sostituite dai “fatti nostri” (o meglio, loro).
Ovvio che, se il sistema produce questo, l’onestà da pre-requisito diventa requisito quasi unico. E, altrettanto ovvio, che se l’uomo (non il politico) è fallibile e corruttibile, ognuno di noi può avere nel presente, nel passato o nel futuro qualche “scheletro nell’armadio”, più o meno grave. Ma nessuno – nessuno – può essere immune da relazioni, conoscenze, errori, e avere una biografia priva di pecche o scivoloni. Quello che chiediamo, con la pancia e non con la testa, per via di “bisogni indotti” dai mass media a colpi di dis-informazione (quando non falsa, deviata su notizie non politiche), è un Sindaco di Roma sovrumano, un Dio in Terra che non esiste. Che peraltro dovrebbe circondarsi di 12 assessori sovrumani, 50 dirigenti sovrumani, una trentina di consiglieri sovrumani, ecc. ecc.
Non voglio giustificare Raggi, Marino o Alemanno – “casualmente” tutti simultaneamente indagati, per ragioni diverse. Voglio solo far presente che in questo contesto nessuno può uscire indenne. Un po’ perché si è fallibili. Un po’ perché in una macchina iper-complessa da circa 50 mila dipendenti si è ancora più fallibili. Ma soprattutto perché, se trasformiamo la politica in vicende personali e biografie individuali, essa non può che essere sempre più debole e vulnerabile. E sempre meno efficace. Perché il neoreale mediatico delle chat, degli intrighi e delle bufale (inutilmente smentibili, sempre a causa della dissonanza cognitiva) diventerà l’unico argomento di discussione nostro e di chi ci governa. E la città finirà per essere non governata. Esattamente come accade da 7 mesi. Il neoreale diventa reale e il reale (buche, traffico, rifiuti, progetti di sviluppo) sparisce dai radar.
Inutile far finta di niente e girarci intorno: questa è la (neo)realtà. E se davvero si votasse a breve, non so chi avrebbe il coraggio di candidarsi alla propria autodistruzione. Giusto un disperato che non ha nulla da perdere. Come la città che lo attende.
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