Roma
Due diligence sul debito, l’affondo di Tronca sul voto di Roma
A pochi giorni dalle elezioni del nuovo sindaco di Roma, l’ultimo atto della gestione commissariale del prefetto Francesco Paolo Tronca è una due diligence sul debito della Capitale. L’incarico di esaminare le disastrate finanze del Campidoglio è stato affidato alla segreteria tecnica di Tronca, formata dal consigliere della Corte d’Appello di Milano Carla Raineri e dal dirigente della Consob Marcello Minenna. Un debito stratificatosi sin dai tempi di Rutelli e Veltroni, fino a raggiungere la cifra monstre di 12,8 miliardi di euro alle soglie dell’era Alemanno, per poi lievitare nel 2010 a 22,5 miliardi, anche per via dei poco affidabili calcoli contenuti nei vari piani di rientro.
A quel punto, la scelta di creare una gestione commissariale per il debito del Comune di Roma accumulato sino all’aprile 2008 ha avuto un solo fine: dare mano libera a Gianni Alemanno, neoletto sindaco di Roma, sgravandolo dal pesante fardello dei debiti contratti dai suoi predecessori.
Con l’arrivo di Alemanno, quindi, Roma ha due bilanci. Quello del neo-costituito ente Roma Capitale e quello della gestione commissariale (la bad bank del Comune di Roma) che finirà, nonostante varie querelle giudiziarie, nelle mani di Massimo Varazzani per oltre 4 anni.
Varazzani effettua una gestione sostanzialmente finanziaria del debito. Sconta i contributi straordinari previsti (senza termine finale) per ben 500 milioni di euro all’anno (300 a carico dello Stato e 200 reperiti con addizionale Irpef e diritti aeroportuali) e per far ciò brucia sul campo alcuni miliardi in oneri finanziari. Con la liquidità acquisita soddisfa quasi esclusivamente le banche e, alla fine, per l’obbligazione emessa dal comune di Roma per 1,4 miliardi di euro nessuno sta accantonando le somme per il suo rimborso a scadenza nel 2048. Ma in fondo la strategia è sempre la stessa: rinviare i problemi sperando che sia qualcun altro ad occuparsene.
Nel settembre 2015 la palla passa alla Scozzese, che sembra volersi “smarcare” dalla gestione Varazzani. Ma la signora, di provenienza Anci e molto vicina al ministro Graziano Del Rio) non è affatto estranea ai problemi finanziari della capitale, dato che è stata assessore al bilancio dal giugno 2014. Quindi la Scozzese ha convissuto con Varazzani per oltre un anno e stupisce la relazione che ha depositato in sede di audizione il 5 aprile 2016 in cui, dimenticando ruoli e funzioni da lei ricoperti, critica il compagno di banco della gestione commissariale. Nella relazione sostiene candidamente che “attualmente per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune di Roma non è individuato il soggetto creditore”. Incredibilmente, dunque, dal 2008 ad oggi, e nonostante lei sia stata assessore al bilancio, non c’è ancora una ricognizione puntuale della massa passiva.
Per la cosiddetta massa attiva, invece, la signora confessa che “oltre il 77% delle posizioni si riferisce a creditori non identificati analiticamente”.
Scozzese e Varazzani non sono solo accomunati dal fatto di essere stati insieme al Campidoglio, ma anche dall’insolito destino di nomine annullate dal TAR e poi riconfermate dal Governo con escamotages tipici dei boiardi di Stato che vivono a Palazzo Chigi.
In quell’anno di assessorato la Scozzese non si è certo distinta, se non per essere una degli assessori che ha contribuito, con le sue dimissioni, alla caduta della giunta Marino gesto evidentemente compiuto nella consapevolezza di non rimanere senza poltrona posto che per lei in tempo reale si è materializzata quella di successore a Varazzani.
Una decisione, in verità, l’ha presa. Quella di liquidare la compagnia di assicurazioni di Roma AdiR, una delle poche società partecipate che fa utili e che assicura dagli incidenti la Capitale e i suoi mezzi pubblici. AdiR veniva, peraltro, liquidata senza che venisse fatto un bando di gara per il suo rimpiazzo. Circostanza che avrebbe creato delle urgenze per il Campidoglio e, presumibilmente, determinato affidamenti diretti a compagnie amiche del PD.
Certo è che con questa liquidazione la Scozzese avrebbe messo le mani sugli oltre 200 milioni di euro di riserve della società. Quindi ancora una volta nel più puro stile Varazzani. Operazioni finanziarie funzionali a battere cassa ed a rinviare la soluzione dei problemi del debito di Roma ai posteri.
Peccato che Tronca, appena arrivato, abbia revocato la liquidazione e nominato un nuovo consiglio di amministrazione, praticamente a costo zero.
Ma della Scozzese stupisce soprattutto il fatto che in un anno di assessorato non si sia accorta di quello che Varazzani stava facendo. Anche se la gestione commissariale passava quotidianamente attraverso gli uffici della ragioneria del Campidoglio.
Ma ciò che stupisce di più è che la Scozzese, pienamente consapevole del fatto che il debito finanziario ha tassi completamente fuori mercato, ben sopra il 5% ( lo afferma lei stessa nella relazione), nulla dice su come intende affrontare la questione della sostenibilità di questo debito. Le soluzioni, mentre si continuano a pagare oneri finanziari esattamente come ai tempi di Varazzani alle banche, sono ignote. Anzi, pare che la Scozzese, complice Palazzo Chigi, abbia secretato tutto.
Per come sono messe le cose, non si pecca certo di malizia a sospettare che la soluzione del problema del debito finirà per dipendere dall’esito delle elezioni. Se il nuovo sindaco non sarà gradito a Palazzo Chigi affogherà nel mare di un debito irredimibile. Diversamente, pagherà Pantalone. Altrimenti perché secretare?
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