Roma

Dopo il pasticcio sulle torri dell’Eur, Berdini cerca un nuovo accordo con Tim

31 Agosto 2016

Hanno provato in tutti i i modi a dipingerla come la giunta del no, contraria a qualsiasi progetto urbanistico proveniente dal passato. E invece, nella Roma a 5 Stelle, dopo la parziale apertura alle Olimpiadi, il copione potrebbe ripetersi anche con le torri dell’Eur, “la piccola Beirut”,  dove sarebbe dovuto sorgere il quartiere generale della Tim, attraverso la riqualificazione di alcuni edifici, che un tempo ospitavano il ministero delle Finanze.

L’intenzione, da parte della giunta guidata da Virginia Raggi, è quella non gettare all’aria un’investimento privato da circa 120 milioni di euro, che non prevede consumo di suolo o speculazioni edilizie, ma al contrario sviluppo e occupazione. Ma, il condizionale è d’obbligo, perchè lo scorso luglio una determina degli uffici capitolini ha annullato il permesso di costruire che avrebbe permesso alla joint venture Alfiere spa (50% CDP Immobiliare S.r.l. e 50% Telecom Italia S.p.A.) di avviare la ristrutturazione degli stabili, a seguito di un’indagine della guardia di finanza, secondo cui, a fronte dei 24 milioni di euro di oneri concessori previsti, ne sarebbe stato versato da Alfiere solo uno.

Il motivo lo ha spiegato l’ex assessore all’urbanistica Giovanni Caudo in un lungo post su Facebook. “Il progetto autorizzato il 22 dicembre 2015, dopo sei mesi tra preistruttoria e istruttoria degli stessi uffici, è un progetto di Restauro e risanamento conservativo – ha scritto Caudo – che restituisce le Torri da un punto di vista formale e funzionale alla loro destinazione originale, quella pensata e progettata dall’arch. Ligini, lo stesso che progettò il Velodromo (fatto saltare in aria durante Alemanno)”.Torri Eur

In pratica, secondo l’ex assessore della giunta Marino, con il nuovo progetto non ci sarebbero state più le valorizzazioni immobiliari (e i conseguenti cambi di destinazioni d’uso) previsti nell’atto d’obbligo del 22 dicembre 2009, stipulato fra comune di Roma e Alfiere, e questo spiegherebbe la drastica riduzione degli oneri concessori, dai 24 milioni di euro previsti, quando venne presentato il primo progetto di riqualificazione realizzato da Renzo Piano, a 1. Ma la non congruenza, evidenziata dagli inquirenti, fra la convenzione del 2009, in cui si prevedevano aumenti di cubature, e il permesso rilasciato nel 2015, dove invece non ne sono previsti, avrebbe portato gli uffici capitolini ad annullare in autotutela il provvedimento.

 “Prima di concedere il permesso di costruire andava stralciata la convenzione del 2009 – spiega a Gli Stati Generali Paolo Berdini, attuale assessore capitolino all’urbanistica – Era la prima cosa che Marino avrebbe dovuto fare. Annullarla non è stata una decisione politica della giunta Raggi, ma un atto dovuto degli uffici dopo l’indagine della magistratura. Ora, il nostro obiettivo è di lavorare affinchè la città non perda questo investimento di Telecom. Non possiamo rinunciare. Dire che io sono contrario, come è stato fatto su alcuni giornali, è una cosa completamente inventata. E’ stata una vera e propria imboscata”.

Ufficialmente, per ora nessuno dei soggetti interessati si espone in pubblico. Ma, secondo le nostre fonti, i colloqui per arrivare ad un nuovo accordo sarebbero già partiti. E, nonostante i rumors che vorrebbero l’ad di Tim Flavio Cattaneo ostile per esigenze di bilancio al progetto avviato dal suo predecessore Marco Patuano, le possibilità che si giunga ad un nuovo accordo sono tutt’altro che tramontate, nonostante l’annullamento della convenzione permetta alla stessa Telecom di liberarsi dal contratto con la Cassa depositi e prestiti, che controlla la Cdp Immobiliare, senza pagare le penali previste in caso di inadempienza (circa 180 milioni di euro). Il clima, ad oggi, è di moderato ottimismo e, qualora Telecom dovesse tirarsi indietro, secondo indiscrezioni riportate da Milano Finanza, l’Inail sarebbe pronta a subentrare al suo posto.

Già nei mesi scorsi, l’Istituto nazionale per le assicurazioni sugli infortuni sul lavoro si era distinto in diverse importanti operazioni immobiliari proprio nel quartiere Eur, concludendo l’acquisto di quattro immobili facenti parte del patrimonio di Eur S.p.A. per una cifra complessiva di 297 milioni di euro (Palazzo della Scienza universale, Palazzo delle Arti e tradizioni popolari, Palazzo dell’Archivio centrale di Stato, Palazzo della Polizia scientifica). L’acquisizione,”finalizzata a garantire le riserve tecniche necessarie alla copertura degli oneri futuri sostenuti dall’Istituto”, era stata resa nota sul sito istituzionale il 22 dicembre 2015, lo stesso giorno in cui il comune di Roma rilasciava il permesso di costruire, ora annullato, per le torri dell’Eur. Una semplice casualità o forse il segno del destino per il quartiere, voluto da Benito Mussolini. Nato per celebrare le gesta di un popolo di santi, poeti e navigatori, ora rischia di diventare il simbolo anche di chi si è fatto male lavorando.

 

 

 

 

 

 

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