Roma

Da ex Cathedra a ex Cabina

29 Settembre 2015

Va bene, quando uno nasce gesuita non è che possa togliersi la tonaca se si infila la tiara, e se serve dare copertura aerea a Palazzo Chigi sull’affidamento di appalti e coordinamento del Giubileo al Prefetto di Roma in luogo del sindaco, allora il bombardamento del Campidoglio dai 33mila piedi di un volo intercontinentale ha una sua motivazione. Ma posto che Marino non mi suscita né simpatia né antipatia e mi pare semplicemente un marziano non abilissimo atterrato nel posto sbagliato, e posta la qualità dei suoi predecessori, siamo sicuri che quanto abbiamo visto e ascoltato rientri nei ruoli e nelle regole?

E se è vero che il Presidente del consiglio ha ricevuto un sms da un suo collaboratore che con un definitivo “game over” seppelliva l’esperienza amministrativa del marziano, non è che quel “game over” significhi anche implicitamente la fine di un certo modo di intendere i rapporti tra le due sponde del Tevere?

Ancora, la pancia politica romana dove il decadimento ha fatto sparire forchette e cucchiai, diplomazie e astuzie, lasciando spazio alla rudezza del solo coltello, questa pancia politica non si rende conto che quella dichiarazione più in quota che dall’alto segna l’ennesima erosione del ruolo della politica, cioè della giustificazione ultima della sopravvivenza di quella pancia?

La crisi della chiesa come struttura burocratica è cosa nota. Nel mondo ci sono cristiani, o professantisi tali, che della esistenza del Papa poco o nulla sanno. Non sono bastati i viaggi e i bagni di folla di Wojtyła o tantomeno la sottigliezza culturale di Ratzinger a invertire tra i giovani non l’accantonamento del senso religioso ma semplicemente l’oblio per la gerarchia e nel sacro collegio devono essersene resi conto se hanno scelto come capo l’ultimo gesuita rimasto, un ordine che delle cose terrene ha teoria e pratica secolare.

Ma l’avere consapevolezza delle cose terrene non significa in nessun modo occuparsi di questioni amministrative perché porta ad un ridimensionamento del ruolo che non può non lasciare stupefatti e laicamente contrariati. Formalmente il Papa ha parlato alla assemblea dell’Onu non come un capo spirituale ma perché la Città del Vaticano è uno stato sovrano ammesso come osservatore: espediente perfetto che però non può portare i palazzi apostolici ad occuparsi dei problemi della metropolitana romana, salvo che per assolvere i suoi utenti fermi sulle banchine dall’aver invocato il nome di Dio invano.

Soprattutto, se è vera la giustificazione riportata all’inizio di questo articolo, i cattolici farebbero bene a preoccuparsi ma i laici devono tornare ad interrogarsi, perché gli uni devono rivendicare l’amore per il vescovo di Roma come autorità spirituale e gli altri non possono non chiedersi se ci sia un nuovo cappellano di Palazzo Chigi.

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