Roma
Crolla Marino, e crolla l’illusione che basti l’onestà per salvarci
Il sindaco di Roma si è dimesso. Anzi, no.
A dispetto delle notizie circolate negli ultimi due giorni, attualmente Ignazio Marino è ancora il Sindaco di Roma. Il primo cittadino capitolino formalizzerà le sue dimissioni soltanto lunedì 12 ottobre nelle mani della presidente dell’Assemblea romana, Valeria Baglio.
Anche questo atto, in realtà, non sarà necessariamente la fine della sua parabola politica nella capitale. Marino, infatti, potrebbe decidere di ritirare le dimissioni fino al primo novembre, come previsto dalla legge: “Le dimissioni possono essere ritirate entro 20 giorni” ha spiegato lo stesso Marino nella sua lettera ai romani. “Non è un’astuzia la mia, ma un modo per vedere se è possibile ricostruire le condizioni politiche necessarie alla mia permanenza”.
Il sospetto, nel Pd, è che il primo cittadino voglia fare “un sondaggio” utile magari a studiare le condizioni per farsi promotore di una nuova giunta con ancora se stesso al comando. L’altro sospetto, che sembra preoccupare ancora di più gli uomini di Renzi, è che il “quasi ex” primo cittadino stia invece già ragionando in vista delle prossime elezioni, con l’idea di ripresentarsi attraverso una lista civica indipendente, e quindi in grado di rendere ancora più difficile la strada del centrosinistra alle urne (che visto lo stato attuale delle cose, sembra già in salita di suo).
Ovviamente, tutto il Pd si è schierato in maniera compatta per bocciare qualunque ipotesi di un Marino-bis.
L’assessore capitolino alla Legalità Alfonso Sabella ha commentato: “Marino è abbastanza intelligente da sapere che venti giorni non cambiano nulla”, posizione confermata dall’ex vicesindaco Causi: “Le condizioni che hanno determinato questo atto di sfiducia non credo possano cambiare in venti giorni”.
Il più categorico è stato il commissario del Pd Matteo Orfini che, in un’intervista a “Repubblica”, ha dichiarato: “Tra venti giorni ci sarà il commissario. Neanche prendo in considerazione altre ipotesi”.
Eppure, nonostante tutto, la possibilità che tra Roma e Marino la storia possa proseguire in qualche modo e per qualche tempo non è così campata in aria come alcuni politici (e giornali al seguito) vorrebbero farci credere.
I numeri di consenso popolare del Sindaco sono sicuramente calati rispetto al momento dell’elezione, ma allo stesso tempo sono ancora tutti da verificare. Ad oggi non si registrano sondaggi in tal senso a Roma, ma la petizione lanciata da alcuni cittadini illustri per farlo restare al suo posto ha raggiunto l’obiettivo di quindicimila firme in pochissime ore, e anche sui social network l’aria che si respira sembra molto diversa da quella che si legge sui giornali.
E allora, non giriamoci intorno: è stata la politica ad essersi liberata di Ignazio Marino, non certo il presunto sentimento popolare ostile. E le affermazioni di Matteo Orfini “tra Roma e Marino non c’è più feeling” non si reggono su alcun dato oggettivo e sembrano volte più ad influenzare la realtà che a spiegarla.
Lo stesso dicasi per la campagna mediatica contro il sindaco che ormai va avanti da mesi. Una vera e propria macchina del fango che, purtroppo non è la prima volta che accade, si sta dimostrando più forte di qualsiasi legittimazione popolare arrivata con democratiche elezioni. Ed è per questo motivo, e non certo per qualche scontrino “dubbio”, che Marino difficilmente potrà portare a termine il suo regolare mandato.
Ora, però, sorgono ben altri problemi per la città. Perché quando gli elettori di Roma torneranno a votare, dovesse succedere tra poche settimane o tra alcuni mesi, c’è da scommettere che essi sceglieranno un sindaco fuori dai giochi, nuovo, inesperto, molto anti-politica, molto onesto – anzi, lo sceglieranno forse proprio per questo. Un Cinque Stelle, con buona probabilità, o comunque qualcuno espressione della società civile, che sia fuori dai giochi della politica, gli stessi giochi che hanno fatto fuori, abbastanza meschinamente, il chirurgo.
E allora c’è il serio rischio che, cambiando tutto, non si cambi niente. Perché l’elezione di Ignazio Marino due anni e mezzo fa, come tutti ricorderemo, fu esattamente il risultato della ricerca di un candidato che fosse soltanto e semplicemente “onesto”, “fuori dalle logiche della politica”, laddove per amministrare una normale città – e quindi figuriamoci Roma – servono anche moltissime altre qualità, e ben più rare da trovare: esperienza, talento amministrativo, capacità di negoziato e compromesso nella gestione dei problemi, grande abilità nel comunicare e nel sapere vendere la propria immagine e il proprio operato.
Insomma, vogliamo dirlo in una parola? Serve proprio capacità politica.
Ora, Marino, ha ampiamente dimostrato di non possedere questa qualità. Semplicemente perché un cittadino onesto, espressione della società civile, sia pure con un ottimo curriculum e dotato delle migliori intenzioni del mondo, questa capacità non può averla.
Essa non è innata, e non si acquisisce né sui libri, né all’Università e neppure nei lavori più rispettabili e prestigiosi del mondo. La capacità politica si acquisisce solo e soltanto avendo a che fare, tutti i giorni e per anni, con la politica stessa, con le sue logiche spietate, i suoi ritmi forsennati, i suoi garbugli, i suoi scambi di favori, persino il suo malaffare.
E se l’esperienza di Marino a Roma dovesse davvero concludersi qui, allora ha reso manifesta una volta per tutte una verità di cui è ormai giunto il momento di prendere atto, e che tutti se ne facciano una ragione: di onestà, in politica, non si vive.
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