Partiti e politici

C’era una volta il centrodestra

14 Marzo 2016

Lo spettacolo messo in piedi per la candidatura a Sindaco di Roma ha superato ormai ogni immaginazione. Nessun futurologo del centrodestra avrebbe mai potuto immaginare uno scenario del genere. Ricapitoliamo brevemente la trama del (ir)reality show che i nostri eroi sono riusciti a mettere in campo:

  • Fino a qualche settimana fa, Berlusconi era pronto ad appoggiare Marchini. Salvini nicchiava e Meloni era contro. Berlusconi, come è noto, vive di sondaggi e aveva “fiutato” che con un candidato civico, trasversale e “media-genico” le possibilità di vincere erano elevate.
  • Giorgia Meloni, irremovibile su Marchini e messa alle corde, dopo settimane di tentennamenti, ha dovuto fare un nome alternativo. Prima ha lanciato nel mucchio Rampelli come “candidato di bandiera”, poi ha sfoderato il “nome invincibile” (parole sue): Rita Dalla Chiesa. Candidatura bruciata in tempo di record da un “moto ondoso in aumento” sul web.
  • A quel punto Berlusconi si è reimpossessato del pallone e ha (apparentemente) convinto tutti su Guido Bertolaso. Che è una scelta sub-ottimale, una second best option: con Marchini in campo, il leader di Forza Italia sa che ci sarà in ogni caso una quota di voti “moderati” preclusa all’ex capo della Protezione Civile. Ma per il resto, l’identikit del candidato è compatibile coi sondaggi: tecnico, trasversale (pure troppo), esperto in gestione delle crisi. E Roma è una crisi a cielo aperto…
  • Le prime uscite di Bertolaso, però, hanno messo in fibrillazione la “base” di Salvini e di Meloni. E, dunque, si è riaperto il “balletto”. Salvini ha chiesto di consultare i romani. Dalla consultazione è emersa la preferenza per Marchini. Tutto da rifare.
  • A quel punto, anche Berlusconi ha voluto consultare i romani, ma a modo suo. Un plebiscito per Bertolaso, senza altri candidati, senza registrazione dei votanti (un giornalista del Tempo ha votato 22 volte) e senza controlli incrociati sui dati. Risultato, scontato: 45 mila votanti e 97% di preferenze per Bertolaso. Talmente scontato che l’avevo previsto una settimana fa sul mio profilo Facebook. Bisognava dare l’impressione che ci fossero almeno tanti votanti quanto quelli delle primarie del PD e che l’opzione Bertolaso fosse “blindata” dal voto popolare. E sottolineo “dare l’impressione”…
  • Mentre si aggirava per i gazebo, intanto, Silvio lanciava fendenti sia contro Salvini (“la Lega a Roma ha l’1,4%”) sia contro Meloni (“se vogliono candidare un politico gli rido in faccia”), convinto così di tenere a bada i partner della coalizione.
  • E invece…ieri in serata arriva il colpo di scena: Meloni pronta a candidarsi e Salvini pronto ad appoggiarla. Il resto è ancora da scrivere. Ma è scontato che Berlusconi non tornerà indietro.

A questo punto, uno dovrebbe domandare ai “tre tenori” un po’ di cose, tipo:

  • A Salvini: “quando avete scelto Bertolaso, stavi giocando con l’iPad?”
  • A Meloni: “ti hanno chiesto dall’inizio di candidarti, perché scegliere esattamente il momento più inutile e controproducente per farlo? Ossia dopo l’incoronazione plebiscitaria di un candidato da te appoggiato e difeso fino all’ultimo?”

Ma ce ne sarebbero tante altre, ovviamente, tra le quali resta la madre di tutte le domande, ossia: perché non c’è stata da subito la convergenza su Marchini che avrebbe evitato questo spettacolo indecente e avrebbe potuto garantire una vittoria insperata quanto – a questo punto – immeritata.

Il risultato, oggi, è che la coalizione è più presunta che reale. La vittoria a Roma diventa a tutti gli effetti un miraggio, tanto più se alla fine saranno in campo Marchini, Storace, Bertolaso, Pivetti e Meloni. E si apre evidentemente una prateria per il M5S che potrebbe vincere senza muovere un dito, senza esporsi minimamente, per semplice abbandono degli avversari.

Roma per il centrodestra potrebbe diventare solo un modo per contarsi, triste epilogo di un’elezione molto importante. E, dopo questo circo, i risultati potrebbero essere davvero impietosi.

Tuttavia, ci sono alcune “ciambelle di salvataggio” per provare a salvare la faccia, ossia:

  • Il disinteresse quasi totale dei cittadini per la politica (in molti potrebbero non aver assistito a questo scempio)
  • L’oblio immediato di qualunque cosa (i pochi che hanno assistito dopo qualche giorno non se lo ricorderanno più)
  • Il tasso di astensionismo che si preannuncia elevatissimo (che incrementa “immeritatamente” le percentuali dei voti validi)

Solo queste tre variabili possono “salvare il salvabile” per il centrodestra a Roma. Se ci fosse un’opinione pubblica informata, con memoria solida e pronta a recarsi alle urne in massa, i nostri “eroi” non prenderebbero un voto. E, aggiungo, giustamente.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.