Roma
Atac. Nuovo sciopero indetto per il 27 luglio: una vergogna senza fine
Al peggio non c’è mai fine, e ormai nessuno lo sa meglio dei pendolari romani.
Dopo le due settimane più buie della storia recente del trasporto pubblico capitolino, la speranza che si potesse tirare un sospiro di sollievo era palpabile. L’accordo tra Atac e le principali sigle sindacali firmato sabato 18 luglio, fortemente voluto dal sindaco Ignazio Marino, aveva suscitato in tutti i cittadini la speranza che le cose potessero finalmente risolversi, dopo tre settimane di disagi intollerabili per i viaggiatori.
Dopo tre giorni dalla firma, tuttavia, possiamo dire che la realtà ha largamente deluso le aspettative. Pur essendo leggermente diminuiti i ritardi, infatti, il servizio è ancora lontano dalla normalità (basti pensare che sulla Roma-Lido la frequenza continua ad aggirarsi attorno ai 30 minuti su entrambe le direzioni, e che ieri i ritardi della linea B hanno sfiorato il quarto d’ora).
Qualcuno, evidentemente, sta ancora scioperando. Ma per capire bene in che modo, va fatta una precisazione.
Lo sciopero bianco dei macchinisti Atac passa attraverso un espediente che viene messo in atto durante le procedure standard da effettuare ad inizio corsa, quando, se vengono ravvisati problemi, il treno deve tornare in deposito e subire le necessarie riparazioni. Fino a qui, tutto normale.
Il problema è che a partire dal 1 luglio i convogli “scartati per malfunzionamento” sono aumentati di oltre il 250% rispetto a quelli mandati in rimessa nel mese di giugno. Bisogna sapere, infatti, che secondo la normativa vigente, per dichiarare un mezzo “guasto” e rimandarlo in deposito, basta una spia spenta in cabina o la suoneria di un allarme troppo bassa.
Ora, i convogli di cui dispone l’Atac sono, in molti casi, degli anni ’90, e chiunque vi abbia viaggiato sa che trovarvi un qualsiasi difetto non è un’impresa difficile. Normalmente, quindi, sta all’intelligenza e alla competenza del macchinista valutare se il malfunzionamento è marginale e ininfluente o se compromette davvero la sicurezza dei passeggeri.
Per questo motivo, visto il limitato numero di treni che ancora oggi sono in servizio sulle linee della metro romana (si salva dai disagi solo la metro C, che infatti è provvista di un sofisticato sistema “driveless”) c’è il forte sospetto che questa “protesta del cavillo”, come è stata giustamente ribattezzata, stia tutt’oggi proseguendo, anche se in forma ridotta.
E d’altronde, basta ascoltare le dichiarazioni degli esponenti di alcune sigle sindacali per rendersi conto che sono in molti a non essere soddisfatti dell’accordo che è stato trovato.
“Quello firmato con l’Atac è un accordo peggiorativo che andrà ad incidere pesantemente sugli stipendi di tutti” ha detto Claudio de Francesco, segretario regionale Faisa Confail Lazio. “Vista l’esultanza dei direttori, dirigenti, del presidente ed in ultimo del sindaco Marino, gli diciamo che prima di esultare si ricordassero che i disagi sono creati dai manager per la mancata manutenzione dei mezzi, per la mancanza di aria condizionata, etc… Quindi questa volta la Confail ha indetto un referendum, così saranno i lavoratori a scegliere per il loro futuro. Ride bene chi ride ultimo.”
Dichiarazioni pesanti, ulteriormente rincarate da quelle di Micaela Quintavalle, presidente del sindacato CambiaMenti, intervenuta ieri ai microfoni di Radio Cusano Campus. “L’accordo trovato tra Atac e sindacati non risolve il problema e mortifica i lavoratori. È vergognoso. Stiamo valutando l’ipotesi di denunciare il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che aizza la rabbia della gente contro di noi”.
In realtà, ad aizzare la rabbia contro la categoria sono soprattutto le notizie emerse dalle indagini dell’Atac sugli eventi delle ultime settimane.
Infatti, man mano che gli accertamenti dell’azienda vanno avanti, prendono forma particolari sconcertanti, e che lasciano sempre meno spazio alla comprensione della protesta (sulle cui dubbie motivazioni avevo già scritto qualche giorno fa sempre su Gli Stati Generali).
Fermo restando la mediocre qualità generale dei convogli, molti dei guasti segnalati dai macchinisti per rimandare i treni in deposito e rallentare le corse non solo sarebbero risultati inconsistenti, ma in alcuni casi sarebbero addirittura stati causati dai dipendenti stessi. Insomma, dei veri e propri “atti di sabotaggio”, con l’obiettivo di aumentare il più possibile i tempi di attesa dei convogli, e con assoluto disinteresse per gli utenti in estrema sofferenza sulle banchine delle stazioni.
Per questo motivo, che se venisse confermato sarebbe di gravità assoluta, sembrano essere in arrivo pesanti provvedimenti disciplinari per circa una dozzina di lavoratori.
Nonostante queste indiscrezioni, tuttavia, da parte dei macchinisti (e dei loro portavoce) non sembra emergere nessuna forma di autocritica. E, purtroppo, nemmeno la volontà di far rientrare, fosse anche solo temporaneamente, una protesta che dura da tre lunghissime settimane e che ormai ha raggiunto livelli di disagio insopportabili per gli utenti. Anzi, ad inasprire ulteriormente la situazione è giunta ieri, come un fulmine in un cielo già tempestoso, la notizia di un nuovo sciopero dei trasporti indetto per lunedì 27 luglio dalle sigle sindacali Ugl e Orsa.
La notizia di questa ennesima agitazione lascia francamente sconcertati e costernati, e ai cittadini sempre più schiumanti rabbia non resta che domandarsi come mai si continua a permettere a poche decine di persone di tenere in scacco una intera città, tra l’altro in uno dei periodi di massima affluenza turistica. Tanto per fare due conti, siamo in presenza del quinto sciopero “regolare” in quattro mesi, a cui va aggiunto quello irregolare che ha funestato le ultime settimane.
A voler trovare un elemento di speranza, si può notare che stavolta i pendolari romani sembrano essere un po’ meno soli. Alla notizia dell’agitazione del 27, infatti, è immediatamente insorto il garante per gli scioperi Roberto Alesse, che ha invitato il prefetto “a precettare macchinisti ed autisti di bus che rifiuteranno di entrare in servizio, come previsto dall’articolo 8 della legge 146 del 1990”. Visti gli eventi delle ultime settimane, infatti, secondo l’Authority è a rischio «il diritto di libera circolazione dei romani, già recentemente vessato oltre ogni limite. La misura è colma. È il momento della linea dura.»
Ebbene, comunque la si pensi sulla protesta, Alesse dice una cosa sacrosanta: nella capitale la misura è davvero colma.
La città boccheggia tra caldo, disagi e disservizi, e la sensazione è che il punto di ebollizione sia sempre più vicino. Una soluzione deve essere trovata a qualsiasi costo, per il bene dei romani e anche per la stessa sicurezza dei macchinisti, verso cui montano ogni giorno di più sentimenti di ostilità da parte degli utenti, e che rischiano davvero di avere gravi conseguenze.
Insomma, non c’è più tempo da perdere.
Perché Roma sarà pure la città eterna, ma la pazienza dei suoi abitanti non lo è.
Devi fare login per commentare
Accedi