Roma
Arriva la controscuola romana?
Non è una foto studiata, o posata: semmai lo è quanto possono esserlo i “selfie” fatti a tavola. Eppure quell’immagine, apparsa in un profilo facebook, mi ha molto sorpreso e fatto pensare. Ha un gusto un po’ antico, come quelle immagini che ritraevano le “scuole” o i “movimenti” artistici d’inizi Novecento. Ma mi ha stupito sopratutto perché è stato come trovare un fiore sbocciato in una crepa dell’asfalto, come sorprendersi per un raggio di sole in mezzo ai grattacieli.
Di fatto, quella foto – informale e allegra, direi quasi spensierata – ritrae un pezzo cospicuo di una nuova scena teatrale romana. Una scena nata nonostante tutto l’asfalto, reale e metaforico, di questa città. Forse non c’è da stupirsene: i protagonisti sono già attivi e conosciuti da tempo, però vederli assieme fa sperare. Il merito va innanzi tutto ai bravi Maura Teofili e Francesco Montagna, anime dello spazio Carrozzerie Not, diventato una vera fucina aperta ai talenti in crescita. Da qui sono passati tutti. Con le “carrozzerie”, sono anche altri i luoghi attivi e vivaci: dai più noti, come Angelo Mai, FortePrenestino, teatro Argot, fino al Teatro dei Conciatori, Brancaccino o teatro LoSpazio (ce n’erano altri, a partire dal famoso Rialto o Orologio, ma sono stati sgomberati o chiusi…). Poi c’è il Piccolo Eliseo, o – last but not least – ovviamente il Teatro India, ritrovato luogo della creatività contemporanea, la sede naturale e istituzionale del teatro romano, che ha anche reso omaggio, recentemente, ai romanissimi Timpano/Frosini e Lucia Calamaro.
Ma è merito della Fondazione Romaeuropa, ossia del Romaeuropa Festival, da sempre attento alle realtà in crescita, se quella “nuova scena romana” trova una luce maggiore. Nell’ambito della prossima edizione della manifestazione diretta da Fabrizio Grifasi e presieduta da Monique Veaute, infatti, c’è spazio per quel manipolo di artisti immortalati in foto.
“Anni luce – osservatorio dei futuri possibili”, è dunque il progetto curato da Maura Teofili nell’ambito del Romaeuropa Festival e ospita (in ordine di apparizione) Azzurra de Gregorio, Industria Indipendente, Giuliano Scarpinato, Dante Antonelli con il suo Collettivo Schlab. Gli addetti ai lavori li conoscono e li apprezzano da qualche tempo. Ma la scelta – lo spaccato artistico e generazionale – è significativo.
Da tempo infatti – riassumo malamente e certo in modo non esaustivo – la scena romana evidentemente languiva, faticava. Sono emigrati, più per per forza che per scelta, i protagonisti che hanno iniziato negli anni Novanta: per citarne solo alcuni basti pensare a Roberto Latini, Werner Waas, Ilaria Drago, e poi a Massimiliano Civica, Pierpaolo Sepe, Fabrizio Arcuri, (che si divide produttivamente tra Udine e Roma), a quel gigante che è Daria Deflorian, in compagnia con Antonio Tagliarini, che sono ormai più all’estero che non in città, al duo Ricci/Forte o ancora al geniale Andrea Cosentino che trova pochi sbocchi in città, mentre resistono asserragliati nel fortino dei teatri di cintura Ascanio Celestini e Veronica Cruciani. Meriterebbero molto di più da Roma. E come loro anche altri, molti altri artisti attivi nella capitale, che sicuramente vorrei citare qui per come e quanto cercano di tenere alta la bandiera del teatro romano, giovani e meno giovani che siano.
Stanchi e sfranti, come tutti, a inseguire il bando del giorno.
Però non voglio fare un articolo sul teatro a Roma, ci tornerò sul tema: voglio invece tenermi a quei volti, sorridenti, vitali, immortalati della foto.
Difficile accostare percorsi e stili tanto diversi: ognuno fa storia per sé – vi è, forse, come unico possibile filo conduttore la sistematica attenzione alla drammaturgia scenica e contemporanea, così come una cura per l’interpretazione attorale. E uno sguardo costante sul presente e l’attualità. Ma sono categorie troppo ampie, addirittura generiche queste. Al di là delle questioni estetiche, però, quei 4 gruppi stanno simbolicamente a rappresentare qualcosa. Il teatro in città ancora esiste. Buffo, no?
Sembra un paradosso, visto quanto e come le ultime amministrazioni si sono sforzate per far piazza pulita di ogni fermento creativo.
Allora – mentre sul Palatino si assiste attoniti all’obbrobrio ipercommerciale del palcone montato in onore a un musical su Nerone, affidato a Premi Oscar per acchiappare più turisti possibile (sarà imperdibile! Son et lumière!) – là, nel quartiere Pigneto, un manipolo di teatranti si gioca la pelle pensando al teatro. Non male come scelta punk. Che fine faranno? Adesso non importa rispondere: forse è meglio parlare di un nuovo inizio.
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