Roma
Altro che banlieue. Dietro la rivolta di Tor Sapienza c’è la fasciomafia romana
“La rabbia delle periferie” era stata la definizione più utilizzata per i tumulti di metà novembre a Tor Sapienza. Opinionisti e sociologi si erano sforzati di dare un senso a un evento così nuovo per il contesto italiano, e così simile invece ai riot che tante volte in passato hanno infiammato i quartieri più marginali di Parigi.
Da destra si era parlato della spontanea e naturale rabbia degli ultimi, incapaci di tollerare oltre un’immigrazione senza regole in un contesto già di per sé depauperato e disperato.
Da sinistra era arrivata la semplice condanna per ogni rigurgito razzista. O, in alcuni casi, l’invito a capire anche le ragioni di chi protestava, e farsene in qualche modo interpreti, per non lasciarli nelle mani di chi, da destra, poteva facilmente strumentalizzarli ai propri fini politici.
Ora, a distanza di un mese esatto, pare emergere una verità nuova.
Tutta da accertare, certo, ma che se confermata riporterebbe i fatti di Tor Sapienza in una luce molto più italiana e mafiosa.
La racconta oggi su Repubblica Gabriella Errico, presidente della cooperativa sociale Un Sorriso, a cui era affidata la custodia dei 45 minori nella struttura di Tor Sapienza devastata nella notte tra il 12 e il 13 novembre. A raccoglierne la testimonianza è Carlo Bonini in un articolo titolato “L’ombra di Buzzi sui tumulti di Tor Sapienza”.
Proprio nelle ore dell’assedio Errico riceve un attestato di “solidarietà” da Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno e braccio destro dell’ex terrorista nero Massimo Carminati oggi in carcere per mafia. “Non ti preoccupare, ora faccio un paio di chiamate e sistemo tutto”, le dice al telefono, lasciandola senza parole.
“Che c’entra Buzzi con i fascisti?”, si chiede la presidente della cooperativa.
Fatto sta che gli scontri all’improvviso si fermano, mentre i minori vengono trasferiti in una struttura all’Infernetto gestita dalla Domus Caritatis, di cui è responsabile Tiziano Zuccolo, camerlengo dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone della diocesi di Roma.
Pochi giorni dopo – si legge su Repubblica – Errico viene avvicinata da un amico.
“Mi disse che Buzzi andava dicendo che ora ‘mi aveva in pancia’. Mi infuriai. E per un attimo pensai che a Tor Sapienza solo la mia cooperativa era stata assediata. Come mai le strutture nell’orbita di Tiziano Zuccolo, grande amico di Buzzi, che pure ospitavano migranti adulti, non erano state sfiorate dalla rivolta?”
Insomma, dando credito al racconto di Errico si capisce come gli scontri avvenuti nel quartiere romano potrebbero essere letti nell’ambito del contesto mafioso delineato dall’inchiesta “mafia capitale” e precisamente riconducibili al redditizio business degli appalti per i “richiedenti asilo” e l’accoglienza ai senza dimora.
Accanto alla gestione impropria dei flussi migratori, mirata a favorire le cooperative di Salvatore Buzzi, emergerebbe anche un sistema di “minacce, aggressioni e avvertimenti mafiosi” diretti a colpire i potenziali nemici. E magari anche di rivolte organizzate o strumentalizzate ad hoc, come quella di metà novembre a Tor Sapienza.
Tutto da dimostrare certo. E, in quel caso, tutto molto italiano. Altro che banlieue.
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