Roma

Alfio Marchini, il candidato sindaco campione di assenze in consiglio comunale

3 Maggio 2016

Alfio Marchini, candidato nato civico e poi prematuramente cresciuto berlusconiano d’adozione dopo il ritiro di Guido Bertolaso, è forse il personaggio più surreale di queste amministrative romane. La frase più ricorrente che si può ascoltare alla fermata dell’autobus, quando la signora di mezz’età guarda il suo manifesto sul retro della palina, è assai emblematica: «però è un bell’uomo». In quel “però” della signora di mezz’età ci sono tutti i limiti del bell’uomo e le sue tante – forse troppe – contraddizioni.

Alfio, milionario annoiato nel popolarissimo fake “Arfio Marchini” che spopola sui social assai più dell’originale, che promette di voler combattere l’abusivismo ma nel recente passato è stato  il primo a far affiggere i suoi manifesti su plance non autorizzate, che si vanta del nonno partigiano e comunista ma che oggi è sostenuto da quello che lui stesso ha definito “un fascista vero, de core” come Francesco Storace, nonché da una lista di Forza Italia con a capo la nipote del duce, sembra esattamente il contrario di ciò che promette.

Il suo programma è presentato come una sorta di “agenda del fare”, ed è diviso in 101 punti dove si indicano quelle che saranno le priorità della sua teorica azione da sindaco, ma anche qui la tanta operosità promessa si scontra con degli inesorabili numeri, quelli delle sue presenze nell’ultima consiliatura, numeri che – anche in questo caso – contraddicono le promesse del bell’Alfio, che dal suo esordio in aula Giulio Cesare ha collezionato appena 95 presenze totali, e ha partecipato ad appena 80 votazioni (1,37% del totale). C’è da dire che nell’ultima concitata fase della consiliatura di Ignazio Marino, si era “autosospeso” dal consiglio comunale come atto di protesta contro l’ex sindaco, un gesto del tutto simbolico visto che la media delle sue fugaci apparizioni è rimasta pressoché invariata.

Berlusconi si è affidato a Marchini per salvare la sua leadership nel campo del centrodestra, prendendo atto dell’inconsistenza della candidatura di Bertolaso e sfidando l’asse Meloni – Salvini che nella Capitale voleva trasformare le comunali in una metaforica “marcia su Roma”. Lui ha apprezzato, ha incassato poche ore dopo l’appoggio dell’estrema destra di Storace e ha così contraddetto persino lo slogan della sua campagna elettorale, quello che sotto una sua foto sorridente recitava: “liberi dai partiti”. Però è un bell’uomo.

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