Città
Povera Milano che non regge più neppure la farfallina di Belen
Milano che non regge due tette peraltro reggipettate di Belen e la di lei inguinale farfallina, e così come le gemelle Kessler scosciate più di mezzo secolo fa le copre (di ridicolo), è qualcosa da rovesciarsi per l’insuperabile comicità, ma ci pone nell’angoscioso interrogativo di come sia finita la nostra amatissima capitale. L’idea che vagonate di automobilisti si potessero schiantare contro pali e alberi cittadini di Buenos Aires nel pieno delle feste natalizie sol perché, alzando la testolina svagata e trovandosi sprofondati in una quarta misura, vi era forse il caso che si risvegliasse d’un colpo ciò che la poco aurea mediocritas familiare aveva silenziato da tempo, questa idea, si diceva, poteva venire solo al solerte Comando dei Vigili Urbani in tenuta da Totò e Peppino.
Non abbiamo cuore di immaginare la riunione in cui si è sancita ufficialmente la necessità di mettere i bragoni al Giudizio Universale, dove l’universalità di Belen è nota a grandi e piccini, ma temiamo che questa interpretazione moraleggiante dei nostri cinque sensi, privandoci del fondamentale – la vista – abbia davvero poco a che fare con lo sviluppo di una società neppure troppo avanti, neppure incline a chissà quale modernità, neppure pericolosamente piegata a costumi avventati, ma semplicemente nel suo tempo e forse anche un passo indietro al tempo che scorre in una qualunque capitale europea.
Perché qui a Milano tra pochi mesi dovrebbe passare un evento mondiale di una certa rilevanza, l’Expo 2015, e se passa il concetto che il popolo che ospita un siffatto e planetario consesso in realtà non sarebbe in grado di reggere nemmeno un cartellone pubblicitario di queste proporzioni (così scandaloso?), perché si creerebbe un pandemonio stradale, allora sarà il caso di rivedere non solo le nostre aspirazioni socio-economiche, ma anche quel punto di vista collettivo su come dovremmo considerare l’immagine femminile. Sarebbe stato allora sì rivoluzionario, se il Comando dei nostri amatissimi vigili avesse sancito, al termine di una riunione che aveva stremato i migliori cervelli, l’inopportunità di quella immagine perché offendeva o metteva a rischio o non era rispettosa dell’integrità femminile, prendendo spunto e riportando alla luce l’antica polemica su come i mezzi di informazione e la nostra pubblicità interpretano il ruolo della donna.
E invece no, i solerti interpreti di una nuova morale cittadina (i ghisa!) mettono – al solito – in carico alla debolezza maschile la valutazione dell’episodio, come se di fronte a cotanta provocazione (di cartone) il nostro equilibrio fosse seriamente in pericolo, come se di fronte all’inanimata provocazione di Belen noi passassimo davvero alle vie di fatto, lasciando le mani dal volante per metterle chissà dove e sfracellarci felicemente in una vetrina di intimo (naturalmente).
C’è un senso di pena in tutto questo che supera della grossa il comico che pure la questione portava abbondantemente con sé, e sarebbe davvero bello, ma davvero bello, se adesso ci schiantassimo ancora e magari di più solo per la bellezza travolgente del volto di quella modella che adesso, completamente vestita, sostituisce la nudità di Belen. Questo sì sarebbe un gesto d’amore.
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