Letteratura

Storia di Antoine Boulard, l’uomo da mezzo milione di libri

30 Ottobre 2015

«Dal sublime al ridicolo non v’è che un passo; e dal bibliofilo al bibliomane non v’è che una crisi», scriveva Charles Nodier nel Bibliomane. Come una febbre leggera può acutizzarsi e portare al delirio, l’amore per i libri può trasformarsi in tormento. Silenziosamente, quella passione innocua che nasce dalla lettura, dall’odore della carta e dal frusciare della pagine sotto le dita può impossessarsi dell’animo e spingere alla frenesia. La storia della letteratura è piena di racconti di amanti delle belle lettere che si sono ammalati di libri: personaggi un po’ folli e un po’ eroi che si giocano la reputazione, sperperano patrimoni, rubano e ingannano per il piacere di possedere e sfogliare in solitudine preziosi manoscritti. Antoine Marie Henri Boulard, notaio parigino vissuto tra la seconda metà del Settecento e i primi dell’Ottocento, è stato un purosangue della bibliomania e la sua passione per i libri diventò una tragicomica ossessione. Boulard fu al tal punto rapito dal furore del collezionare libri da diventare un caso clinico e guadagnarsi un intero capitolo nella Medicina delle passioni, l’opera più importante di Jean Baptiste Felix Descuret, celebre medico  e scrittore dell’Ottocento.

Nato a Parigi nel 1758, Antoine Marie Henri Boulard fu costretto a rinunciare alle sue ambizioni letterarie per seguire le orme del padre e dedicarsi alla professione notarile. «Ben diverso dai notai del nostro tempo, Boulard non era uomo di mondo – scrive Descuret – Viveva pel suo studio, per essere la guida e l’amico dei clienti». Nel tempo libero il notaio si dedicò alla politica e diventò sindaco dell’undicesimo arrondissement parigino e deputato nell’assemblea del Corpo legislativo francese. Grazie alle sue attività e a un tenore di vita misurato, monsieur Boulard riuscì a mettere da parte una gran fortuna e nel 1808, all’età di cinquantaquattro anni, decise di cedere lo studio notarile al primo dei suoi due figli. È a questo punto che comincia la crisi di cui parla Nodier e la febbre del bibliomane attacca il mansueto Antoine.

La rivoluzione francese aveva riempito le strade di Parigi di libri confiscati all’aristocrazia e al clero e favorito la crescita di biblioteche private. Antoine Boulard ha l’opportunità di sfogliare preziosi codici medievali e raffinati libri rinascimentali. Sgrana gli occhi davanti alla bellezza dei capilettera ornati, si perde nei ghirigori dei testi e finisce per imbambolarsi sulle illustrazioni; è sbalordito dall’eleganza e dall’armonia del corsivo italiano e perde la testa per la xilografia cinquecentesca. Impara a riconoscere e apprezzare la qualità dei materiali e della legatura, il disegno dei caratteri e la loro disposizione nella pagina, il taglio della carta e il formato dei libri. Dimostra di essere un bibliofilo competente e di buon gusto e  predilige le eleganti edizioni in formato ottavo dello stampatore rinascimentale Aldo Manuzio. Ma la febbre del bibliomane è già in incubazione e presto mostrerà i suoi sintomi.

Libero da incarichi politici e professionali, monsieur Boulard è padrone del suo tempo e si butta a capofitto nella sua passione. Passa le giornate a osservare, frugare, scartabellare, misurare e comprare libri in vecchie botteghe e mercati dell’usato. «I vecchi librai assicurano di non averlo mai veduto tornare a casa senza che portasse sotto il braccio parecchi volumi», racconta Descuret. Mentre parenti e amici cominciano a dubitare della sua salute mentale, i venditori di libri, felici di averlo come cliente, gli affibbiano il nomignolo affettuoso di “père Boulard”. Quando è a casa, l’ex notaio passa il tempo a impilare libri dappertutto: in cucina, nella sala da pranzo, nei salotti, su per le scale, negli armadi, nelle camere da letto e nel granaio. Un giorno fu scoperto a rubare dei libri in casa di un suo amico notaio al quale era andato a far visita. Un altro, stanco di vedere sempre gli stessi tomi nel negozio di un suo amico libraio, comprò in blocco tutta la sua merce per buttarla nella Senna. La fronte di Boulard comincia a scottare, la febbre si sta facendo virulenta.

Col passare dei giorni Boulard diventa sempre meno piacevole e più misterioso. Sua moglie gli chiede di fermarsi, che bisogna anche leggerlo qualche libro prima di acquistarne altri. «Questo consiglio, buono tutt’al più per un bibliofilo – scrive Descuret – non andò punto a versi al nostro bibliomane». Antoine cominciò a uscire prima del solito per le sue perlustrazioni mattutine in cerca di libri. Le botteghe dei librai non erano ancora aperte e le bancarelle dell’usato ancora spoglie e lui era già lì che fremeva per fare nuovi acquisti. Casa Boulard era ormai invasa dai libri e l’ex notaio decise di sfrattare gli inquilini da cinque appartamenti di sua proprietà per far spazio a nuovi libri. Le sue battute di caccia ai manoscritti si fecero più impegnative: a volte dimenticava di rientrare a casa per il pranzo e capitava sempre più spesso che passasse la notte fuori. La moglie, esasperata, decise di farlo spiare da due uomini. I due scagnozzi scoprirono che, di tanto in tanto, Antoine trascorreva la notte in una delle sue case ormai sfitte, avvinghiato a un mucchio di libri. A casa Boulard furono pianti e urla: Antoine ammise di aver perso il controllo di sé e sua moglie gli strillò di non sopportarlo più. Poi si trovò una soluzione: il bibliomane giurò sulla sua «vecchia fede di notaro» di dedicarsi alla compilazione del catalogo dei suoi libri e di non acquistare più un solo libro senza il consenso della sua donna.

Fedele alla parola data, Boulard si mette all’opera e inizia la catalogazione: i libri accumulati sono migliaia e di lavoro ce n’è. Antoine esce poco e quando esce cerca evita librerie e bancarelle dell’usato. Nella Medicina delle passioni si legge che «qualche mese dopo tale animosa risoluzione, la di lui salute comincia ad alterarsi; perde a poco a poco l’appetito e le forze; dimagrisce; il suo carattere, un tempo amabile e allegro, diventa cupo e malinconico; da ultimo, roso da una febbre nervosa, è ridotto a non poter più lasciare il letto. Allora soltanto il medico che lo cura sospetta che tal febbre di consunzione possa derivare da una specie di nostalgia, dalla noia provata dall’infermo di non comprar più libri». D’accordo con il medico, la signora Boulard ecogita uno stratagemma e chiede a un venditore di libri usati di piazzarsi proprio sotto la finestra del povero malato. La voce del commerciante è un canto di sirene per Antoine e sua moglie gli concede di scendere in strada per fare qualche acquisto. Malgrado il suo stato di debolezza, Boulard si fionda per le scale e raggiunge la bancarella. Inginocchiato davanti al banchetto, il bibliomane sfoglia i libri, li chiude e li riapre solo per tenerli più a lungo tra le mani e alla fine li compra tutti. Alla febbre da astinenza che stava consumando l’ex notaio, i coniugi Boulard preferiscono quella del bibliomane.

Ritornato in forze, Antoine Marie Henri Boulard fu visto trafficare tra le librerie e le bancarelle dell’usato, carico di libri che «pareva una torre ambulante», ancora per diversi anni. Ne aveva sessantacinque quando, il 6 maggio 1825 lasciò questa vita e più di mezzo milione di libri accatastati nelle sue proprietà. La collezione Boulard fu catalogata in un registro di cinque volumi redatto dai librai Jean-Antoine Bleuet di rue Maçons Saint-André e L.F. Gaudefroy del quai des Augustins. Per la vendita fu necessario organizzare diverse aste dal 1828 al 1833. I libri di storia e di viaggi furono acquistati in blocco da Richerd Hebert, il Boulard inglese che all’epoca possedeva una delle più grandi collezioni private al mondo. La maggior parte dei libri collezionati da Antoine Boulard ritornò nelle librerie e nei mercati dell’usato della capitale francese. In una nota della Medicina delle passioni è riportato che «dopo la vendita della biblioteca di Boulard, i banchi di Parigi erano talmente ingombri, che per molti anni i libri d’occasione non si vendettero più che alla metà del loro consueto valore».

Pochi giorni dopo la morte di Antoine Boulard, in una stanza adiacente alla sua camera da letto fu ritrovata una montagna di opere «oscene e immorali». Secondo Descuret, l’uomo, che era molto religioso, le aveva comprate con l’intento bruciarle ma il suo amore per i libri lo aveva portato a rinviare di volta in volta il momento della dolorosa separazione. Come diceva Franz Werfel: «Il vero bibliomane ama, più che la forma e il contenuto di un libro, la sua esistenza. Ma non è così per ogni grande amore?».

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